Benzodiazepine

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Dovevo capire che cazzo stava succedendo,
seriamente. E qualsiasi cosa fosse, perché non
me ne parlassero.
Li seguì, fino all'ascensore e non potendo
entrare, mi diressi verso la sicurezza, di corsa.
Ovviamente era vuota e riuscì a fare quella
cosa tipo da Hacker/Loacker.
In pratica, grazie alla mia patente europea
sul computer, mi connessi solo su quella
telecamera e ascoltai il discorso:
«Gian, smettila di comportarti così con lui. È
un ragazzo troppo bravo, e non mi va che tu
ne abusi.»
«Io non l'ho abusato! Tutto consenziente! »
«Non in quel senso. Stai abusando dei soldi dei
genitori.»
«Non è vero, ne ho parlato con lui prima di
andarmene, ok? »
«Oh, Gian, lo sapevi benissimo che se avesse
potuto, Diego ti avrebbe pagato anche un
mese di ferie. E poi cos'è sta storia dei baci? Ti
rendi conto che sei fidanzato?»
«Come lo sa?»
«Ti ho visto ieri scopare con lei. A me stava
benissimo che stessi con lui,ero felice,
ma cazzo, non puoi scopare chiunque.».
«lo non mi porto a letto chiunque, ok?»
«Tu lo sai vero che lui ha problemi a gestire la
rabbia?»
L'ascensore arrivò al piano terra, Gian uscì
e il dottore lo salutò salendo di nuovo al
secondo piano, come previsto.
Respirai piano, con la faccia tra le mani. In
quel quattro per quattro, di stanza, mi sentivo
soffocare.
Inspirai piano, lasciando l'aria entrare nei
polmoni.
Avvertì le mura avvicinarsi sempre di più, al
mio corpo fremente.
Mi strofinai gli occhi iniziando a fare avanti
e indietro per lo stanzino. Lasciai cadere le
braccia lungo il corpo.
Sotto il mio sguardo, capitò la sedia girevole
su cui ero seduto prima.
La calciai tirando un urlo:
«E così, sono solo un pupazzino?» la sedia
cadde poco lontano da me.
Urlavo mentre la presi a calci fino a
spaccarne lo schienale:
«Ti fotti un'altra, eh?» questa volta beccai il
muro e facendomi male, aumentò la mia ira;
«Credi di potermi prendere per il culo? Eh,
stronzo?»
«Oh,Marta,Marta! Prendilo nel culo.»
sbattei i pugni sul tavolo, iniziando a sudare.
«Ti fotto anche con un dito, cazzo!» mi iniziò
a tremare anche la mano e il battito era
irregolare.
Insipirai piano e cercai di calmarmi, ma
avvertivo un senso di estraneazione al tutto
vicino a me.
Tirai un urlo, più forte degli altri, non riuscivo
a tenere il mio corpo sotto controllo.
Il tremore si diffuse dalla mano, a tutto il mio
corpo.
Sentii le mie guance inumidirsi, e delle calde
gocce cadere sul mio pantalone largo.
La porta di fianco a me, si spalancò e da li
entrarono un dottore e mia mamma.
«Signora chiami il dottore! Ora!»
urlò a mia mamma spaventandola. Lui invece
appariva calmo e mi guardava negli occhi.
Non riuscivo a sostenere il contatto visivo,
difatti chiusi gli occhi.
«Figlio di puttana.» sussurrai.
Il medico mi diede un paio di schiaffetti per
farmi riprendere. Ma il non aver mangiato
prima, ora aggravava sul mio corpo scarico da
energie. Entrarono, forse ore, forse secondi,
dopo anche il mio medico e Gian. Il primo si
avvicinò a me con un barattolino in mano, il
secondo mi guardava pietrificato. Il dottore
mi aprì la bocca e mi fece ingerire delle pillole.
Per quanto potessi, lessi velocemente la scritta
sull'etichetta: Benzodiazepine.

Teddy Bear ||gianego|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora