Gian, quel pomeriggio, tornò a casa per
prendere altri vestiti, e l'essenziale, mentre io
lo aspettavo impaziente.
Pensavo cosa portasse il gesto che avevo
compiuto. Voglio dire, si, Gian mi fa provare
emozioni che non avevo mai provato
nemmeno con la mia ex, ma non, non mi
piaceva. No. Massimo mi eccitava, nulla di
più. Non so perché allora lo avevo fatto, ma
sinceramente non ne ero pentito, affatto.
Pur di rivedere la sua espressione in quel
momento, lo avrei rifatto ancora e ancora, e
ancora.
«Perché sorridi?» Entrò Gian felice.
«Ah, pensavo a quando uscirò da qui.» mentii.
Si sedette di fianco a me.
«Beh,Diè, tra poco arriva la cena, mangia così
ingrassi e puoi uscire tranquillo.»
«Per te è facile Gi- a proposito, tu non vai a
scuola?» mi sorrise contagiando anche me.
«Oh, che carino, ti preoccupi per me e la mia
istruzione? Comunque no, mi sono ritirato
quattro mesi fa, quando non sono riuscito più
a conciliare il lavoro e lo studio. Il problema
fu che in quel momento, aiutavo Marta:
una ragazza leucemica dai capelli biondii e la
pelle abbronzata, di cui mi ero innamorato. Era
splendida: il suo sorriso era mille volte meglio
di qualsiasi altra donna. E le sue labbra,
Cristo, le sue labbra erano così morbide e
saporite. La sua dolcezza era cosi, dolce. Non
ci sono altre parole per descriverla, se non
dolce.» il suo sorrise si spense lentamente.
«C-cosa è successo, Gian?»
«E morta due mesi fa. La leucemia l'ha
consumata. È per lei che mi vesto da
orsacchiotto. Prima venivo come mi trovavo.
Entravo con i miei vestiti largo e il mio slang
fresh. Lei mi ha cambiato in meglio.»
Ci guardammo negli occhi, vidi il suo bisogno
di affetto nelle pupille scure. Strinsi a me quel
pupazzetto, che era Gian.
«Ti manca?» non lo so, ero un misto tra invidia
e gelosia, il tono che usai. Gelosia, perché
Gian è mio, e invidia, perché beh, volevo che
il piccolo pensasse solo a me.
«Si, abbastanza, ma, ora ho te. E, cazzo,
non potrei avere cliente migliore.» mi fece
l'occhiolino stile prostituta per farmi ridere, e
ci riuscì.
«Diego, ma sono diventato il tuo pupazzo? »
«Perché?» beh, per me lo era.
«Mi stritoli, mi baci, mi accarezzi e altro,
quando cazzo ti pare.» risi leggermente e lui
capì.
«Quindi ho ragione.»
«Vabbé, se la mettiamo cosi, sono la tua
zoccola e tu il mio pappone.» mi guardò
scioccato , scuotendo la testa.
«Riflettici: ti pago; ti faccio eccitare quando
vuoi; ti faccio un pompino e, starai con me
per altro tempo, succederanno altre cose,
sicuramente. »
«Hai visto Two Broke Girl? Quella serie TV
ti rende volgare, non dovresti vederla.» mi
consigliò e io mi chiesi se quando io sarei
uscito, non lo avrei più visto.
«Gian, ma io e te, ci vedremmo più? »
«Certo, ci verremmo a trovare spesso e
faremmo tanto sesso.» disse esitando.
Solitamente, quando era volgare, era per due
motivi: era ansioso, preoccupato o felice. In
questo caso sembrava un misto tra i primi
due.
