Arrivò in anticipo in aula, era quasi vuota, quindi poteva scegliere il posto che preferiva. Non troppo avanti per non sembrare una secchiona, né troppo in fondo per non sembrare troppo disinteressata. Un posto centrale sarebbe andato benissimo. La sua speranza era quella di passare inosservata, almeno per quella mattina. Il primo giorno in quell'università le aveva riservato delle sorprese, e sperava che il secondo scivolasse via nell'apatia, anche se sentiva ancora le mani esperte della fisioterapista sulla sua gamba. Scosse la testa, ricordando lo strano incontro del giorno precedente.
Era entrata in segreteria per ritirare il suo orario di studi, con il solito anticipo. La gamba le mandava delle fitte atroci, il trasloco da New York era stato abbastanza faticoso, e in quei giorni aveva affaticato troppo il suo ginocchio, non più abituato. Si poggiò alla stampella attendendo il suo turno per sbrigare le ultime cose prima delle lezioni; anche se detestava quel pezzo di metallo, quel giorno ne aveva decisamente bisogno.
Una voce maschile alle sue spalle attirò la sua attenzione.
"Susan, è arrivata la studentessa di cui ti avevo parlato?"
"Non ancora signor Cabello." Rispose la segretaria a qualche metro di distanza da lei.
Quindi quell'uomo era il rettore dell'Università di Boston. Lo osservò attentamente. Era molto giovane per ricoprire quel ruolo, avrà avuto al massimo quarantacinque-cinquant'anni, un fisico asciutto e una postura decisa che metteva soggezione nel suo abito non troppo elegante. Aveva folti capelli marroni, un sorriso caldo e due occhi marroni che fissavano intensamente proprio lei. Aspetta. Perché la stava fissando?
"Oh, io invece credo proprio di si. Lauren Jauregui, vero?" Le chiese avvicinandosi, mentre le tendeva la mano. Lauren spostò il peso sull'altra gamba per lasciare un attimo la stampella e stringere la mano al rettore, ancora stupita dalla situazione. "Alejandro Cabello, piacere."
"S-si, piacere mio, rettore."
"La prego, mi segua nel mio ufficio." Disse l'uomo volgendole le spalle. Lauren lanciò uno sguardo titubante alla segretaria e agli altri studenti che la stavano fissando, la donna le fece spallucce e chiese chi era il prossimo della fila. Si decise a seguire il rettore, che l'accolse nel suo ufficio pregandola di accomodarsi.
Lauren lo fece, guardandosi intorno. Era un ambiente molto caldo, che trasmetteva serenità. La scrivania, molto ordinata, era illuminata dalla tiepida luce del sole che entrava dall'enorme vetrata alle sue spalle. Su di essa c'era solo un fascicolo, una lampada, un portapenne, un computer nell'angolo e una cornice, ma da dov'era non riusciva a vedere la foto che conteneva. Le pareti erano coperte da enormi librerie zeppe di libri, e sulle poche parti libere torreggiavano vari attestati. Il pavimento di parquet rendeva il tutto ancora più caldo.
Spostò lo sguardo sul rettore, che intanto si era accomodato dietro la scrivania e la squadrava interessato. La situazione la stava mettendo leggermente a disagio. Finalmente l'uomo parlò.
"Quando ho letto il suo nome tra le pratiche dei cambi tra università, sono rimasto molto sorpreso. All'inizio credevo che si trattasse di un caso di omonimia, anche se il suo nome non è molto comune. Ma appena l'ho vista, l'ho riconosciuta immediatamente." Lauren lo fissò incuriosita, alzando un sopracciglio come da abitudine. Dove poteva averla vista il rettore dell'università dove si era appena iscritta? Attese che continuasse, non sapendo cosa dire. "Non succede tutti i giorni di prendere tanti goal da un'altra squadra, e tutti segnati dalla stessa ragazza." Spiegò finalmente l'uomo.
"Oh." Rifletté Lauren. "Quindi lei segue il calcio femminile?"
"Adoro tutti gli sport, e si, seguo anche il calcio femminile. E lo seguirò con particolare attenzione soprattutto quest'anno, dal momento che potrò vedere mia figlia in qualità di capitano e al suo fianco una delle giocatrici più talentuose del campionato."
"Sua figlia è il capitano?" Chiese quasi beffarda Lauren.
"Si, lo è. E non creda che lo sia diventata perché sono il rettore. È davvero una brava calciatrice, la sorprenderà."
"La prendo in parola." Rispose, ma il suo tono era abbastanza scettico. "Ma come può vedere non sono in grado di giocare, al momento."
"No, ma le fornirò tutto l'aiuto necessario per rientrare in forma e riprendere a giocare."
"Non so se voglio riprendere a giocare in questo momento, anche se il calcio è una delle mie più grandi passioni. Quindi la ringrazio signor rettore, lo terrò in considerazione se mai deciderò di riprendere le scarpette in mano. Per ora restano appese al chiodo." Fece per alzarsi quando un gesto del rettore la fece sedere nuovamente.
"Mi dispiace doverla mettere su questo piano, signorina Jauregui, ma le devo comunicare che la sua iscrizione qui è valida solo se farà parte della squadra."
"Cosa?" Lo guardò infuriata Lauren, alzando la voce. "Lei non può farlo, è un'università pubblica e ho vinto una borsa di studio che mi permette di studiare qui!" Strinse tra le mani i braccioli della sedia per cercare di contenere la rabbia.
"Mi dispiace doverle comunicare che si, ha vinto la borsa di studio, ma i fondi non coprono tutta la sua iscrizione, ma solo il cinquanta per cento, come dovrebbero averle già comunicato. Mi sono permesso però di coprire la parte mancante con i fondi delle borse di studio per gli sportivi, visto che c'erano ancora dei fondi disponibili. Converrà con me che è la scelta migliore sia per l'università che per lei, a meno che non riesca a pagare metà della retta universitaria in anticipo." Espose incrociando le dita sulla scrivania, certo di aver vinto e aver ottenuto ciò che voleva.
Lauren abbassò lo sguardo. Non poteva pagare la metà della retta, era troppo per le sue finanze. Quell'uomo l'aveva appena messa con le spalle al muro. Restò in silenzio, cercando un'altra soluzione.
"Lauren... posso chiamarla così, vero?" Lei accennò un si con la testa, ancora infuriata per parlare. "Sappiamo benissimo che lei ama giocare, e io la voglio nella mia squadra. È quello che manca alla squadra, con lei potremo puntare molto in alto."
"Non so se l'ha notato ma al momento io sono... rotta!" Sbottò. Era esattamente così che si sentiva, sia dentro che fuori. Si passò una mano tra i capelli per cercare di diminuire il nervosismo.
"So che l'operazione è andata bene e il recupero è iniziato. Il talento che ha è enorme, e non lascerò che quest'opportunità ci sfugga. Oggi pomeriggio la accompagnerò personalmente dall'allenatrice, e le presenterò una bravissima fisioterapista che sono sicuro sarà in grado di rimetterla in forma al più presto. Siamo d'accordo? Farà parte delle Fifth Harmony." Sorrise il rettore, soddisfatto.
"Come se avessi altra scelta." Mormorò Lauren, dopo aver sospirato rassegnata. L'aveva incastrata. Sarebbe tornata su quel campo tanto amato. E tanto odiato. Volente o nolente.
"Sembra che seguiamo lo stesso corso." Una voce la fece risvegliare dai suoi pensieri. Di nuovo il capitano. "È libero?" Indicò il posto al suo fianco, e Lauren annuì, ricordandosi che la ragazza che le stava parlando era la figlia del rettore. Quell'uomo aveva giocato sporco per averla in squadra, ricordò. Non poteva fidarsi della ragazza che si stava sedendo accanto a lei, in fin dei conti buon sangue non mente.
La osservò, riscontrando lo stesso sguardo del rettore, lo stesso sorriso, lo stesso fisico asciutto, anche se lei aveva una corporatura minuta.
Rivolse un cenno di saluto al portiere, che come al solito era accanto alla mora. Sembravano molto legate, probabilmente erano molto amiche. Spostò lo sguardo sulla donna che stava entrando in aula, pronta a seguire la lezione. Aprì il block notes pronta per prendere appunti, la mano andò alla penna e iniziò a giocarci nell'attesa, leggermente innervosita dalla presenza delle ragazze alla sua destra.
STAI LEGGENDO
Gioco di squadra - Camren
FanfictionLa stagione calcistica delle Fifth Harmony cambia radicalmente con l'ingresso in squadra di una nuova calciatrice.