Capitolo 14

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Domenica.

15.30
“Tra mezz'ora dobbiamo essere al centro commerciale, io sono un po’ tesa, e ho paura.” Camminavo avanti e indietro per tutto il corridoio di casa sua.
“Calmati dai, vedrai che non è nessuno.” Cercava di tranquillizzarmi, ma invano.
“E se fosse una delle tante innamorate di te?” Lo guardai camminando, era poggiato allo stipite della porta e mi guardava muovermi come una pallina.
“Ma non dire cazzate.” Protestò.
Non feci in tempo a girare per rifare tutto il corridoio, che me lo trovai davanti e sbattei contro il suo petto, come la prima volta che lo vidi. “Togliti.” Parlottai.
“Sta tranquilla.” Mi abbracciò a sé baciandomi la testa, a volte sapeva essere proprio come doveva essere al momento giusto, e suona abbastanza male dirlo.
“Va bene..credo che dovremmo andare..” Sussurrai sul suo petto.
“Si, vieni cucciola.” Mi prese la mano, afferrò le chiavi dell’auto e ci avviammo.
 

***

 
Eravamo in auto, ad aspettare qualche cenno, non sapevano niente di lei, dovevamo solo attendere.
Il silenzio venne interrotto dal suono del telefono di Zayn che cominciò a squillare, lo guardai mentre lo prese dalla tasca dei jeans, e guardò lo schermo in assoluto silenzio.
“Beh?” Domandai ansiosa.
“Sconosciuto.” Mi guardò un attimo, come per chiedere il permesso.
“Rispondi.” Accennai.
“Pronto?” Rispose con un tono strano.
Lo vidi guardarsi intorno e poi riattaccò. “Ha detto di andare all’entrata, vieni.” Uscì e mi venne ad aprire la portiera.
Uscii stranita. “Ti ha detto chi è?” Lo guardai incamminandomi.
Eravamo nello stesso posto in cui ci eravamo conosciuti, arrossii leggermente al pensiero e abbassai la testa nascondendo il sorriso da bambina che aveva preso piega sul mio viso, e lui lo notò.
“No, cos’è questo sorriso?” Domandò prendendomi la mano e sorridendo anche lui.
Lo guardai ancora un po’ rossa e col sorriso. “Beh..è qua che ti ho conosciuto, anche se eri un bastardo.”
Rise piano. “Si, ma almeno mi hai conosciuto, ed io ho conosciuto te, ringraziamo i centri commerciali di tutto questo mondo perché fanno incontrare le persone!” Esclamò.
Mi misi a ridere e gli strinsi la mano camminando. “Sei davvero scemo!”
“Già, ma tu mi ami, quindi ti piace.” Rise e mi baciò piano mentre camminavamo.
Ricambiai piano e mi fermai essendo arrivati all’entrata. “Come facciamo a riconoscerla?” Chiesi ingenua.
Lui spostò il viso dal mio e si guardò intorno, lo vidi bloccarsi, sbarrando di poco gli occhi e deglutendo, fece un passo indietro stringendomi di più la mano. “No..” Sussurrò.
“Cosa? Che ti prende?” Guardai nella sua stessa direzione e vidi una ragazza alta, pelle cappuccino, come la sua, capelli mori e lunghi, e occhi identici ai suoi, assottigliai gli occhi e li sbarrai subito capendo chi fosse. Sua sorella.
“Andiamocene.” Si voltò e mi tirò con sé.
Lei rimaneva immobile lì, forse non ci aveva nemmeno visti.
“No, Zayn, è tua sorella.” Impuntai i piedi.
Si voltò verso di me, arrivando a forse neanche un centimetro dalle mie labbra, con lo sguardo fisso nel mio. “Lei, non, è, nessuno.” Sussurrò ringhiando.
Un brivido si fece libero per tutta la mia schiena, e dischiusi le labbra rimanendo un attimo incantata. “Devi parlarle.” Sussurrai.
“Vuoi che ci parli? Bene, andiamo.” Sembrava arrabbiato, si staccò da me e camminò a passo svelto verso di lei, tirandomi.
Lo seguii in silenzio, se avessi detto qualcosa avrei di certo peggiorato la situazione, quindi meglio che stavo zitta.
Si voltò verso di noi, e ci squadrò appena ci fermammo davanti a lei. “Vedo che hai portato anche un’amichetta.” Serrò la mascella guardandomi negli occhi.
“Io non so che cosa gli hai fatto, ma se lo scopro ti sbrano.” Pensai respirando profondamente.
“Senti, dimmi solo che vuoi.” Disse Zayn irritato.
Spostò lo sguardo da me e guardò lui negli occhi. “Sono due anni che non ti vedo, tu non hai idea di come sia diventata la nostra famiglia senza di te.” Pronunciò.
“Perfetta? Si, lo so.” Era irritato, ed era come se le parole che diceva non le pensava neanche. Ascoltavo attentamente il tutto.
“No, lo vuoi sapere?” Domandò l’innominata.
“Non m’importa, non mi avete mai calcolato in quella cazzo di casa, vi rendevate conto che esistevo solo quando combinavo qualche casino o mi scopavo qualcuna a casa, solo perché urlava, allora vaffanculo, perché ora io dovrei fregarmene di voi? Eh? Non ne ho motivo.” Alzò il tono.
Gli accarezzai il dorso della mano quasi per calmarlo, e lui la strinse ancora di più, era teso come una corda di violino, gli sudavano le mani, e tremava leggermente, era come se stesse per cadere a pezzi.
 

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