capitolo 8

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Martedì.

12.34                                                           Stavo ai piedi del suo letto, aspettando qualche cenno, il suo cuore non si era rifermato, per fortuna, dormiva, dormiva e basta, respirava a fatica tramite quella schifosa mascherina, avrei voluto essere io al posto suo, non meritava quello.

“Ragazzo, dovresti mangiare qualcosa.” Mi disse dolcemente l’infermiera che le cambiava le flebo.

“Mangerò più tardi.” Le accennai un sorriso, molto falso.

“Non preoccuparti, a lei ci penso io.”

“Lo so, ma voglio starle vicino.” La guardai mettere il sacchetto di flebo nuovo.

“Le sei stato vicino tutta la notte, vai a mangiare e dopo torni, lei sarà qua ad aspettarti, e magari anche sveglia.” Oh quanto avrei voluto che accadesse sul serio.

Sospirai. “E va bene..torno tra mezz’ora.” La informai uscendo dalla stanza.

Non avevo conosciuto il padre di Brooklyn, mi ero svegliato a notte fonda, non riuscivo a dormire col pensiero di lei in quello stato, così tornai in camera sua e stetti con lei tutto il tempo.

La madre e la sorella di Brook se n’erano andate, a causa del lavoro, Judy non era venuta a trovarla, ma non credevo sapesse cos’era successo.

Scesi le scale dell’ospedale, arrivai in strada, le persone erano tutte sprizzanti di gioia, poi c’ero io, solo e triste, uno strazio, mentre cercavo un posto in cui prendermi qualcosa da mangiare, mi fermai davanti ad un fioraio, ad ammirare i bellissimi fiori che teneva esposti.

“Salve!” Esclamò il signore che lavorava lì, vedendomi.

“Giorno.” Accennai un'altra volta quel sorriso falsissimo. Guardai un secondo le bellissime rose rosse esposte accanto a quelle bianche.

“Ne vuole un paio per la sua ragazza? Un bel giovanotto come lei non può certamente essere non accompagnato da una bellissima fanciulla.” Mi sfoggiò un mega sorriso.

“Ehm..la mia ragazza..” Mi si bloccò la voce. Si, ormai la classificavo come tale.

“Si?” Mi guardò strano.

“E’ in coma..” Spostai lo sguardo al marciapiede su cui mi trovavo.

“Oh..mi dispiace, spero si riprenda, beh senti, le farebbe sicuramente piacere trovarsi un tuo pensiero vicino se si svegliasse, no?”

“Si ma, cosa intende?”

“Ti preparo un oasis, di solito si portano quelle in ospedale, vieni.” Entrò dentro.

Lo seguii stranito. “Non ho soldi..” Profelai per non costringerlo, in un certo senso, non avevo mai portato nessun tipo di fiore a nessuna donna, era una cosa alquanto strana per me.

“Non si preoccupi, non ce n’è bisogno.” Afferrò dei fiori e un vaso, ed iniziò a comporre.

“Grazie..” Mi guardai intorno, c’erano più fiori dentro che fuori.

“Di nulla, allora, come si chiama la ragazza?” Chiedeva continuando a preparare.

“Brooklyn..lei è molto bella..è una ragazza stupenda..”

“Sei molto innamorato di lei, vero?” Mi guardò sott’occhi.

Non sapevo che rispondere. “Credo di..si..”

“Dev’essere molto fortunata allora, vedrai che tornerà a guardarti.”

“Sono più fortunato io..ad averla conosciuta..” Pensavo fissando i fiori.

“Già..coi suoi occhi blu..” Pensai ad alta voce.

“Occhi blu, anche mia moglie aveva gli occhi di quel colore, li ho sempre amati, li sogno sempre quando mi addormento guardando la sua fotografia che ho sul comodino.”

“Cos’è successo a sua moglie..?” chiesi senza pensarci “ehm..mi scusi..non volevo..” mi corressi velocemente.

“Oh non preoccuparti, è normale un po’ di curiosità. Aveva un tumore, e non sono riusciti a curarlo in tempo, ma è così e non posso farci niente, lei vive nei miei pensieri, giorno per giorno.”

“Come fa a dire così? Insomma, non le manca neanche un po’? Non crede che sarebbe molto meglio se fosse ancora viva? E non nei suoi pensieri.” Domandai in tono forse abbastanza arrogante.

“Non ho detto questo, certo che mi manca, solo che bisogna, come dire, farci l’abitudine, sono cose che capitano, è certo, all’inizio è ovvio starci male, ma bisogna andare avanti, perché lei vorrebbe così, vorrebbe vederti felice, anche senza che sia accanto a te, figliolo, sono sicuro che anche la tua ragazza vorrebbe così, io ormai sono vecchio per rifarmi una vita con un’altra donna, anche perché ho sempre amato e amo solo lei, ma tu sei giovane, e dovresti provarci in caso le cose non vadano come speriamo, anche se la ami più di chiunque altra.” Disse finendo la composizione.

Le sue parole mi fecero pensare, forse aveva ragione, se lei non ce l’avesse fatta, avrei dovuto andare avanti. “Beh grazie per la lezione, e per i fiori, mi dispiace molto per lei, per sua moglie.” Pronunciai prendendo il vaso che mi stava porgendo.

“Di niente ragazzo, e sta tranquillo, anche lei ci sta guardando adesso, vai dalla tua Brooklyn.” Mi sorrise.

“Va bene..” feci per uscire “solo un’ultima cosa..”

“Prego..”

“Come si chiamava?”

Sorrise di nuovo. “Rose.”

Sorrisi dolcemente, per la prima volta veramente. Rose, come le rose che c’erano là fuori. Uscii col vaso in mano, tutti mi guardavano, mi fermai a comprare un panino, e tornai verso l’ospedale.

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