24. ʜᴏ ʟᴀꜱᴄɪᴀᴛᴏ ᴀɴᴅᴀʀᴇ, ᴘᴀʀᴛᴇ ᴜɴᴏ

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Ho pianto scrivendo il capitolo, dico solo questo.

"Stai pensando a qualcosa o sei solo stanca?"

Ero sdraiata per terra, la testa appoggiata sulle gambe di Newt. Una sua mano stava giocando con la fine dei miei capelli mentre l'altra era appoggiata sopra la mia nel mio grembo.

Sospirai. "Entrambe le cose."

"Stai pensando a quello che è successo con Elion?"

"Anche a una cosa che mi ha detto Jeff." Girai il capo quanto bastava perché lo potessi guardare in faccia. "Ha detto che Elion continuava a parlare di me nel sonno. Alby pensa che si stia ricordando di me, che ci conoscessimo prima di essere mandati qui."

Newt prese un momento o due per pensare. "Non mi sorprende."

Feci una smorfia. "Come?"

"È tutto il giorno che ci penso. Io non credo che- che stesse parlando di un oggetto. Credo che stesse parlando di una persona."

"Di chi-" poi si accese una lampadina. "Me? Credi che stesse parlando di me?"

Il suo silenzio mi rispose.

Era possibile. Tutti i pezzi si incastravano perfettamente. Se quello che avevo sognato era vero, con l'aiuto di mio fratello mi ero mandata da sola nel labirinto per poter stare con qualcuno. Non ci avevo dato molto peso prima, ero più concentrata sul maledire me stessa per averlo fatto.

E forse, forse quel qualcuno era davvero Elion.

Ma per qualche motivo mi rifiutavo di crederci.

"Be'." dissi dopo un po'. "Allora Elion dovrebbe mettersi in testa una cosa. Io non appartengo a nessuno, quindi non sono, né sono mai stata, sua."

"Bene così." disse molto piano Newt.

Alzai leggermente la testa per prendere un sorso della ricetta di Gally, ma lui mi fermò con la mano.

"Vacci piano. Non sei costretta a finire una bottiglia ogni volta lo sai?"

"Direi che mi aiuta a dimenticare questa situazione del caspio, ma sarebbe abbastanza ironico." ridacchiai chiudendo la bottiglia.

Newt fece un piccolo sorrisetto.

"Cosa?"

"Hai detto caspio. Stai diventando una vera raduraia, Fagio."

"É colpa tua, tu continui a dirlo. Magari prima o poi prenderò anche il tuo accento. Bene così, Fagio." dissi le ultime parole cercando di imitarlo.

Rise. "Era terribile non farlo mai più."

Non potevo dargli torto.

"Sarebbe bello però." dissi tutto a un tratto.

"Cosa? Avere il mio accento?"

"No, potersi dimenticare di questo posto. Quando saremo grandi, quando avremo trovato una via di uscita, quando ci saremo lasciati la Radura alle spalle da un pezzo. Non voglio ricordarmi la paura che ho provato nella Scatola."

Mi girai dall'altro lato perché avevo paura di poter piangere e non volevo che mi vedesse. A quanto pare era la mia prima risposta emotiva in questi giorni.

"Se mai riusciremo a uscire intendo. Potremmo passare il resto della nostra vita tra queste dannate mura. "

Newt smise di giocare con i miei capelli.

"Lia," disse dolcemente "non so se usciremo da questo posto."

"Incoraggiante."

"Fammi finire. Non so se usciremo da questo posto, ma è proprio questo il punto. Non lo so. Non ne possiamo essere sicuri. Quindi non voglio che anche tu perda la speranza di uscire da qui."

Sbattei le palpebre più volte per mandare via le lacrime e potermi girare a guardarlo. "Anche tu? Che cosa vuoi dire?"

I suoi occhi erano pieni di una tristezza che non mi sarei mai potuto immaginare. "Ti ho mai detto che prima ero un velocista?"

Scossi la testa. "No, non mi pare."

"So che hai notato che zoppico, è impossibile non vederlo." distolse lo sguardo dal mio, guardando in alto, verso il cielo ormai scuro.

"Ero arrivato da un paio di mesi. Quel giorno era il mio turno di rimanere nella Radura, mentre gli altri velocisti erano nel labirinto. Non sapevo cosa fare e in qualche modo sono finito vicino alle Faccemorte. Ero così arrabbiato, mi sentivo così inutile. Tutti quei ragazzi morti, magari avrei potuto salvarli."

Trattenni il respiro.

"Sono rimasto lì per un po' a ripetere nella mia testa i nomi di tutti quelli che avevamo perso. Poi qualcosa mi ha detto che dovevo smetterla, che stare seduto lì non sarebbe servito a nulla. Ed eccola lì, una dannata Scacertola. I Creatori mi stavano analizzando anche in quel momento, e mi ha fatto infuriare."

La mano di Newt sopra la mia tremó leggermente, quindi la strinsi saldamente e mi misi a sedere. Si rifiutò di incrociare il mio sguardo.

"Non mi ricordo molto di quello che è successo dopo. Mi ricordo di essere entrato nel labirinto, ho camminato per un po', non so per quanto, finché non sono arrivato a uno o due chilometri dalla porta dalla quale ero entrato. Mi ricordo di essermi arrampicato sull'edera usando tutta la forza che avevo in corpo, finché non mi sono fermato perché le mie mani avevano iniziato a sanguinare troppo."

Newt si rifiutava ancora di guardarmi, quindi misi una mano sotto il suo mento e lo girai verso di me.

I suoi occhi erano lucidi, ma nessuna lacrima gli rigava il viso.

"E poi ho lasciato andare."

Nevermore -NewtDove le storie prendono vita. Scoprilo ora