You're Everything I Want.

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Congedai il mio amico, con il quale stavo parlando, per cercare una persona. Non lo vedevo da un mese ed ero molto preoccupato, per tutto il tempo in cui era mancato non si era fatto sentire e a scuola non aveva nemmeno avvisato della sua assenza. Oramai era una routine cercarlo ma mattina, anche se stavo perdendo le speranze. Quando ad un certo punto notai un ragazzo castano accompagnato dal prof di italiano entrare a scuola. Camminava lentamente e a testa bassa, ma assomigliava così dannatamente a lui che cominciai a sperarci. La campana suonò e gli alunni dell'intera scuola entrarono nell'istituto. Salii le scale salutando qualche vecchio compagno delle medie che aveva seguito il mio stesso indirizzo liceale e giunsi nella mia classe. All'interno di essa regnava la solita confusione, ma l'occhio mi cadde sul banco di Giorgio, vuoto come al solito. Sospirai, era ovvio che non sarebbe tornato, perché ci avevo sperato? Sentii gli occhi lucidi perciò andai nel mio posto per non far vedere alla mia classe che ero sulla soglia di piangere.

Dopo un paio di minuti la confusione generale la porta si aprì ed il professore si sistemò dietro alla cattedra, quindi davanti a noi ragazzi. Poco dopo iniziò a parlare:

<Ragazzi, sono sicuro che vi ricordiate del vostro compagno Giorgio, e del fatto che è mancato per un mese...>

Continuarono tutti a farsi i fatti propri tranne io, che sgranai i miei occhietti marroncini colmi di lacrime.

<Giorgio è mancato perché suo padre è deceduto ed ebbe un enorme impatto psicologico s di lui, perciò adesso è costretta a frequentare alcuni psicologi e psichiatri. Solo oggi ha avuto la possibilità di tornare a scuola.>

A questo punto era inutile trattenersi, così le mie guance si bagnarono e scoppiai in un pianto silenzioso per circa trenta secondi, poi la porta si aprì mostrando un ragazzo vestito con una felpa nera col cappuccio, che teneva lo sguardo basso per evitare che qualcuno vedesse il suo volto, probabilmente.

<Giorgio tira su il cappuccio e mostrati ai tuoi compagni!>

Esclamò il prof con un finto sorriso. Quel ragazzo, oramai si era capito fosse Giorgio si abbassò il cappuccio, inutile dire che ricominciai per la millesima volta ad avere gli occhi lucidi. Era magrissimo, gli occhi erano colorati di un leggero rosso, segno che aveva pianto per tanto tempo e recentemente. I capelli erano scompigliati ed un sorriso malinconico regnava sul sui volto. La cosa più visibile erano però le occhiaie ed il fatto che quasi tremava. Borbottò un flebile "ciao" e si sedette accanto a me, l'unico posto libero.

<GIORGIO!>

Lo chiamai a bassa voce, per evitare che il professore ci sentisse, visto che aveva iniziato a spiegare. Si girò lentamente verso di me e mi sorrise.

<Ciao Alex...>

Mi aspettavo che si girasse di nuovo, ma restò a guardarmi.

<Come va...?>

Sinceramente non mi aspettavo volesse fare conversazione con me, ma quella era una delle poche possibilità che avevo per parlare con lui, allora colsi la palla al balzo.

<A me tutto bene, t-...>

Che minchia di problemi ho per chiedergli "come va"? Era ovvio che andasse male, quindi bloccai la frase a metà e guardai altrove. Portò una sua mano sulla mia spalla.

<Ehi, è tutto ok... Davvero...>

Tornai a guardarlo in viso, e girandomi notai che il prof ci aveva visti, ma ci aveva anche ignorati. Probabilmente era felice di vedere Giorgio che sorrideva.

<Ti va di uscire dopo scuola...?>

Annuii, mi mancava troppo stare insieme a lui. 

Il resto delle ore passarono in fretta, la maggior parte parlando con Giorgio. A fine giornata ero riuscito a renderlo leggermente più felice, ma ovviamente non potevo con una semplice giornata di scuola alzare di tanto il suo umore. Ci incontrammo al parco dietro alla pizzeria, appena finimmo di pranzare. Giorgio si era cambiato, adesso indossava una giacca grande almeno due volte quanto lui e sotto una maglia nera. Lo guardavo dall'altra parte della strada che camminava, non riuscivo a distogliere lo sguardo: nonostante avesse l'aria da ragazzo depresso aveva ancora quella parte di dolcezza nel come si muoveva. Ad un certo punto mi notò e mi corse in contro, rischiando di farsi investire. 

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