Le piccole scarpe da ginnastica facevano a gara a chi arrivasse prima.
L'asfalto bagnato gli remava contro.
Non voleva lasciarli andare.
Nella testa della ragazza tutto era sovrastato dalla musica.
Grandi nuvole si abbassavano sempre di più, come a volerla schiacciare a terra.
Correva.
Una terribile inquietudine la tormentava.
Instabilità perenne.
Le cuffiette giacevano in bilico nelle orecchie.
Lacrime nere le rigavano il collo.
Ora il seno.
Scappava.
Da una gabbia enorme.
Più correva più lei la raggiungeva.
La paura le bloccava il respiro.
Non si fermò.
Doveva uscirne.
Doveva esserci un modo.
Si fermò.
E guardò il cielo.
Le gocce cadevano forti sui suoi occhi chiusi.
La leggera canottiera, appesantita da tutta l'acqua di cui si era impregnata, aderiva perfettamente al suo corpo.
Quel piccolo giro-vita esaltava ancor più il seno, ma tutto ciò non le creava altro che disagio.
L'aria calda dei giorni precedenti le aveva ristretto i polmoni notevolmente.
"Mi hanno tolto tutto certi manigoldi."
Urlava Gem nelle cuffiette, più forte di qualsiasi clacson in quella strada trafficata di Miami.
Molto più forte di qualsiasi palloncino, che tende a volare per l'elio che lo occupa interamente.
Poi però, avvicinatosi al calore delle lampadine in alto, scoppia.
Crudele.
I palloncini, quelli ad elio, nascono per morire.
Come tutti d'altronde.
Esattamente come urlava ora Lana dritta nelle sue orecchie.
"We were born to die."
Era persa in un mondo che non riconosceva più.
Tutto ciò che vedeva intorno a lei le appariva estraneo e ostile.
La musica.
Lei non mentiva mai.
Era la sua unica via di scampo.
Ma avrebbe potuto?
Rifugiarsi completamente in un mondo immaginario?
O meglio, avrebbe dovuto?
Forse lo aveva sempre fatto.
Forse, non esisteva una vera distinzione tra un mondo vero e uno fittizio.
Forse, le sue gambe avevano solo bisogno di nuove strade sulle quali correre.
Dove avrebbero volato i suoi pensieri, ora che tutti i voli erano stati cancellati?
Ora che tutti gli aeroporti erano stati chiusi?
Guardò meglio.
Erano chiusi da una catena.
Una catena grandissima, sì, ma una catena.
Emily aprì gli occhi.
Doveva trovare la chiave per quel lucchetto.
Avrebbe potuto però provare a rompere la catena?
Avrebbe potuto.
Ma per ottenere cosa?
Un'entrata di soppiatto?
Una sua visita del tutto inaspettata e indesiderata?
E per fare cosa?
Passare il tempo a scappare dalle guardie di sicurezza e nascondersi nei sottoscala?
I suoi pensieri entrarono in ansia.
Poi si fermarono.
Come potevano, se solo lei era riuscita a chiudere quel lucchetto enorme?
Era stata proprio lei a constatarlo.
È tutto proporzionale.
L'ultima goccia cadde sul naso di Emily, e il respiro della ragazza smise di giungere regolarmente ai suoi polmoni.
Un coraggioso raggio di Sole spaccava le nuvole e si intrufolava riportando la luce.
Primavera.
Quanto Emily la odiasse non poteva essere spiegato a parole.
Forse anche perché nemmeno lei ne conosceva bene il motivo.
Quel raggio le dava la caccia.
Le entrava nel petto e iniziava a incidere lentamente.
Che faceva?
Perché con lei?
La musica saltò per un secondo.
Scarsa connessione?
E perché?
Perché non incolpare il Sole?
Non era quello che facevano sempre tutti?
Dare la colpa a qualcun altro senza palesi motivi?
Quel secondo fu sufficiente.
Tutti i pensieri conversero in una pagina di quaderno sul quale, a caratteri cubitali, c'era, disegnata ad alta voce, la soluzione ai suoi problemi.
Un briciolo di speranza fu ritrovato nel suo stomaco, ma gli enzimi decisero di risparmiarlo.
Prese il telefono.
"Florida Kilos" le trasmise le giuste emozioni.
Quelle necessarie per farlo.
"Ti va di uscire stasera?"
Il dito, tremante, esitò molto, ma finalmente toccò il tasto "invia".
I curiosi pensieri della ragazza sapevano ora dove viaggiare.
Volavano alti sulle strade di Miami, scrutavano attentamente le persone che passeggiavano alte e spensierate per le strade.
Emily non capiva come fosse possibile.
In che modo riusciva la gente ad essere spensierata?
La testa della ragazza era sempre affollata da qualcosa. Che fosse ansia, paura o quel sentirsi fuori luogo che caratterizzava la sua vita per la minor parte del tempo da quando aveva deciso che non avrebbe fatto contento nessuno continuando a vivere come lei non voleva, costringendosi a ritrovarsi in mezzo a folle di gente, o in file interminabili.
In quel momento, una su tutte stava avendo la meglio, soprattutto sulla spensieratezza.
STAI LEGGENDO
Se respirassimo l'elio
General FictionNon sempre una giornata solare e un dolce abbraccio significano felicità. Siamo abituati a riconoscere negli stereotipi il nostro più grande desiderio; ma se un giorno, per caso, vi dicessi che ho paura di essere libera? Magari non è sempre tutto co...