Aprì gli occhi di scatto, un suono fastidioso usciva ripetutamente dal suo telefono.
Con un gesto scocciato spense la sveglia.
Il vuoto del soffitto bianco attirò la sua attenzione per una decina di minuti, poi decise di alzarsi e andare a fare colazione.
La vista quotidiana di una bottiglia vuota sul tavolo non la sorprese.
Prendendola in mano la percorse un brivido, poté sentire la paura della madre, che non riusciva a ignorare.
Buttò la bottiglia, lasciando con essa un briciolo di speranza.
Gemitaiz le urlava il Buongiorno, non poteva ignorarlo.
Versò il caffè nella tazza, e sentì un rumore provenire dalla camera da letto a fianco.
Questa volta la corda stringeva la zampa dei corvi al fondo di bottiglia su quel tavolo tondo.
Un rumore assordante ruppe la corda, e Mad le diede la forza di scappare in bagno.
Alzò il volume, ma fu come stringere il cappio che ancora la teneva sui fili dei tralicci la notte.
Sentì l'acqua scorrere, e un bicchiere riempirsi, poi la bustina aprirsi e il cucchiaino girare impacciato.
Ora la musica risuonava tra le pareti del bagno, sovrastava il rumore dell'acqua.
Guardò il soffitto, le gocce cadevano bollenti sul viso, scivolando sulle spalle appesantite dalle catene.
La pelle d'oca le provocò un leggero brivido.
Ebbe paura.
Si sentì più libera nel vetro di quella doccia che davanti ad una distesa di stelle su uno sfondo nero, apparentemente infinitamente grande, ma più oppressivo di una cinta su un paio di jeans nuovi.
Decise che non avrebbe passato la domenica senza fare niente.
Uscì dalla doccia avvolgendosi nel morbido panno di quell'accappatoio blu.
Chiudendo gli occhi, le sembrò di stare nel mare, ma un sussulto la fece tornare alla realtà .
Era terrorizzata, ma non lo fece.
Non pianse.
Aveva più paura di farsi sentire.
Responsabilità e doveri pesavano più dello zaino di scuola sulle giovani spalle di Emily.
Guardò l'orologio, le 8:05.
Si vestì velocemente e uscì di casa.
Marra e Guè la accompagnarono fino al supermercato.
Pensava che avrebbe voluto avere una macchina, ma avrebbe risparmiato i suoi soldi per altro.
"Vivi e muori,
Nella city
C'è uno schema
Che ti butta giù"
E si sentiva come in un film old style.
La luce le strinse i polsi, le cadde una cuffietta, i battiti accelerarono, sentiva le gambe rigide, il terrore nel suo sguardo.
Vide un corvo sbattere contro un albero, un cucciolo alle prese con le sue prime volte.
Cadde per terra, ma trovò la forza per rialzarsi e riprovare a volare.
Non aveva paura, sapeva che era ciò per cui era al mondo, e doveva solo limitare i tentativi.
Si rialzò, e stavolta volò fino al nido.
Non era felice, ma aveva più paura, perché ora sapeva a cosa sarebbe andato incontro se fosse ricaduto, ed era terrorizzato al solo pensiero di guardare di nuovo giù, ignaro del fatto che se fosse successo, sarebbe stato ormai in grado di spiccare il volo al primo tentativo.
Non sapeva perché lo avesse fatto, non se lo chiedeva mai.
Tornò a casa.
Sul tavolo una bottiglia appena aperta, e vicino una scatola di antidolorifici.
Sistemò la spesa, e uscì dalla cucina.
Solo lì provava qualcosa di diverso, come di disprezzo.
Il dolore di vedere tutti i giorni ciò che non si vuole diventare, la paura di esserlo già diventata.
Spesso per paura di imitare un comportamento che non ci piace di una persona si tende a fare l'opposto di tutto quello che quella persona fa, senza accorgersene.
Ci si uccide da soli.
Mentre stendeva i panni cercava di eliminare tutti i pensieri.Ora era Tiziano Ferro a parlarle. La capiva a fondo, e sapeva meglio di chiunque altro cosa volesse sentirsi dire, ciò che un corvo non avrebbe potuto capire mai.
Un vuoto la lacerava da dentro, una mancanza, un bisogno fortissimo di qualcosa che non esiste.
Non sentì i piedi, non sentì niente, solo l'impatto della spalla sinistra contro il pavimento, e tutto ciò che riuscì ad esprimere il suo dolore fu una lacrima nera, che portò via con sé l'ultimo briciolo di speranza, miscelato perfettamente con una ingente somma di mascara del giorno precedente.
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Se respirassimo l'elio
Genel KurguNon sempre una giornata solare e un dolce abbraccio significano felicità. Siamo abituati a riconoscere negli stereotipi il nostro più grande desiderio; ma se un giorno, per caso, vi dicessi che ho paura di essere libera? Magari non è sempre tutto co...