CAPITOLO 17

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Vedendo Jace disteso sul letto, ancora privo di conoscenza, Alec faticava a trattenere le lacrime, perciò decise di fare l'unica cosa che il suo istinto di autoconservazione gli diceva di fare: scappare. Si girò verso la porta dell'infermeria, ignorando la madre e la sorella che lo chiamavano. Probabilmente di sarebbe fermato solo se lo avesse chiamato Magnus, ma ciò non accadde, perciò continuò per la sua strada.

Il suo unico obbiettivo era uscire dall'Istituto, ormai trasformatosi in una prigione. Una volta fuori c'era solo un modo per dimenticare e lasciarsi tutto alle spalle.

Si concentrò fino a quando le sue ali spuntarono dalla schiena. Sbatté le ali e si librò in cielo. Volò sopra New York, osservando le luci delle finestre e dei grattacieli, che illuminavano a giorno la città, sebbene fossero passate le otto. Il fiume Hudson scintillava sotto la luce della luna piena. Volare durante il plenilunio era diventato ormai uno dei suoi passatempi preferiti (secondo solo all'arco). Solo quando fu in alto, a un palmo dalle nuvole sparse qua e là, si abbandonò ai pensieri e permise alle lacrime di uscire.

Non poteva essere! Jace... il fiore che non funzionava...il demone...non poteva essere. I suoi pensieri erano confusi e non seguivano un ordine logico. Non avrebbe retto la morte di Jace. Perché il fiore non aveva funzionato? Perché Jace era ancora steso mezzo morto su quel maledetto letto, a soffrire giorno dopo giorno, con convulsione che si presentavano ormai ogni dieci minuti? Come avrebbe sopportato di vivere senza Jace? Una parte di lui se ne sarebbe andata per sempre assieme a lui. Cosa poteva fare? Aveva provato di tutto e il fiore era l'ultima possibilità.

Con questo pensiero in testa giunse sopra Central Park, planò e cominciò a camminare per schiarirsi le idee. Rifletté, cercando disperatamente di afferrare una soluzione per salvare Jace, soluzione che però continuava a sfuggirgli. Ormai era buio e il parco era deserto e Alec, sebbene fosse uno Shadowhunter, sentì un fremito di paura corrergli lungo la schiena. Continuò a camminare e a pensare, ma senza trovare una soluzione.

Senza accorgersene era giunto nel posto dove era stato con Magnus dopo l'appuntamento. Sembravano passati secoli da quel momento, quando ancora nutriva speranze per Jace, quando ancora non sapeva quanto profondi fossero i suoi sentimenti per lo stregone. Si sedette accanto ai tronchi in posizione fetale sia per proteggersi dal freddo pungente che gli entrava dal collo del maglione sia per sentirsi al sicuro. Erano anni che non si sentiva così indifeso, così vulnerabile. Non aveva problemi a combattere contro i demoni, ma questo – Jace e Magnus – non riusciva ad affrontarlo.

Ripensò alle ultime settimane e a tutta la sua vita. Risentì la felicità di quando aveva conosciuto Jace dieci anni prima, di tutte le volte che avevano combattuto e si erano allenati assieme e al dolore provato quando aveva visto il suo corpo esanime ai piedi della fontana. Ripensò al primo incontro con Magnus nel suo appartamento, a quanto era in imbarazzo a parlare con lui e a quanto ora era diventata una cosa normalissima. Infine si rivide in Amazzonia, mentre confidava a Magnus i timori causati dalle ali e gli spiegava i problemi di insonnia.

Ripercorrendo tutte le tappe del suo rapporto con Jace e di quello con Magnus, i ricordi si accavallavano soffocandolo, passando dal parabatai allo stregone in continuazione. Si sentì oppresso sotto tutto il peso di quei ricordi, alcuni dolorosi, altri felici. Il film che gli scorreva davanti cominciò a sfocarsi e lui si sentì affogare, o forse erano solo le lacrime che gli annebbiavano la vista e che gli scorrevano copiose sulle guance.

D'improvviso sentì un rumore: scricchiolii di rametti e di foglie secche. D'istinto controllò che il glamour fosse attivato e si tirò ancora più le gambe al petto, cercando di proteggersi. Ancora rumori. Alec cominciò ad essere veramente spaventato. Sembrava che la persona stesse cercando qualcosa – o qualcuno -, procedeva lentamente senza avere una meta precisa. Alec abbassò la testa e chiuse gli occhi, pregando di trovarsi in un sogno. Per un attimo si vergognò di essere così indifeso, ma non riusciva a smettere di piangere e di tremare. Calò il silenzio e Alec pensò se ne fosse andato. Ma poi uno scricchiolio e un altro. Poi un sospiro e una voce che Alec conosceva bene.

There is always a first time [Malec]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora