CAPITOLO 4

282 12 0
                                    

Quando Alec finì di parlare, le lacrime gli facevano ancora luccicare le guance rosse, un po' per il pianto, un po' per l'imbarazzo di aver pianto. Magnus, senza dire niente, lo abbracciò, accarezzandogli la schiena con dei piccoli cerchi della mano.

"Alexander..."

"È colpa mia. È colpa mia se Jace è stato ferito e ora rischia di morire" disse lui tra un singhiozzo e l'altro.

"No, non è colpa tua."

"Si, invece. Io l'ho lasciato solo, io l'ho perso di vista e io non ho sentito che stava male. Sono il suo parabatai, e ho il dovere di capire quando lui sta male o quando è ferito. Perciò si, Magnus, è colpa mia. Se io fossi stato più attento a quello che succedeva, ora Jace non sarebbe su quel maledetto letto a combattere tra la vita e la morte. Puoi dire quello che vuoi su quanto io non sia responsabile di quanto è successo, ma lo sono e non puoi fare o dire nulla per cambiare la situazione."

"Ascolta. So come ti senti. Sei arrabbiato e spaventato, anzi terrorizzato, da quello che può succedere. E probabilmente sei ancora sconvolto per gli ultimi avvenimenti. Hai sofferto molto nelle ultime due settimane e lo capisco. Hai tutto il diritto di stare male e di infuriarti con chiunque abbia ferito Jace. Ma devi capire che non è assolutamente colpa tua."

"Ma siamo collegati..." ribatté Alec, cercando di convincere Magnus del suo punto di vista.

"E allora? Si, va bene, sei il suo parabatai, ma non devi colpevolizzarti di nulla. Non puoi stare sempre a preoccuparti di tutti e tutto. Capito?" Magnus parlava lentamente, scandendo bene le parole e guardando Alec negli occhi.

"Non sai nulla di me né della mia vita, come fai a dirlo?"

"Perché una persona che si sente in colpa anche se non lo è, significa che è una persona che tende a preoccuparsi per ogni cosa. Adesso dimmi, hai capito che non è colpa tua? Altrimenti dovrò stare qui a spiegartelo finché non ti entrerà in testa" aggiunse, indicando con il dito indice la fronte di Alec.

"Si." La voce di Alec era un sussurro, ma bastò a far spuntare un sorriso sulle labbra di Magnus.

"Bene."

Non sapeva perché, ma Alec, dopo il discorso di Magnus, cominciava a rilassarsi veramente, sebbene sentisse ancora un peso sul cuore che non lo tranquillizzasse completamente. Un mix di sollievo e preoccupazione per quello che lo aspettava gli riempiva il cuore.

Ciò nonostante, dopo quanto successo nell'ultima mezz'ora, si sentiva legato a Magnus in un modo che non sapeva descrivere. E, senza pensarci, lo baciò.

Sebbene all'inizio Magnus sembrasse sconvolto e spiazzato, dopo pochi secondi si riprese e ricambiò il bacio. Alec, invece, non sapeva bene cosa provasse. Era il suo primo bacio ed era indeciso su come comportarsi. Tuttavia, si godette il momento, fino a quando, preso dalla paura, resosi conto di ciò che aveva appena fatto, si staccò.

Magnus lo guardò con sguardo interrogativo, ancora incredulo per quanto successo.

"Scusa...non volevo...io...ehm...non sono in me. Mi dispiace. Devo andare" disse Alec alzandosi e dirigendosi velocemente verso la porta. L'aprì e scomparve prima che Magnus potesse dire qualcosa.


Appena uscito dal palazzo dove abitava Magnus, Alec spiegò le ali e cominciò a volare sempre più in alto, fino a poter vedere anche i grattacieli più imponenti di New York. La città si stendeva per chilometri e chilometri illuminata dal sole, il quale splendeva nel cielo cosparso da qualche nuvoletta bianca, che rendevano il tutto pari a un dipinto. L'Hudson e l'East River erano due nastri lucenti che arrivavano fino all'Atlantico.

Alec respirò cercando di scacciare le lacrime che ancora spuntavano dai suoi occhi azzurri come l'oceano. Dopo essersi calmato ripensò al bacio. Gli era piaciuto, doveva ammetterlo, ma sentiva che c'era qualcosa di sbagliato in quello che aveva fatto. Quando le loro labbra si erano incontrate aveva sentito nel petto uno strano calore mai provato prima. Era come se il cuore potesse scoppiargli da un momento all'altro, troppo colmo di un sentimento difficile da identificare per essere contenuto. Era affetto? Felicità? O qualcosa di più grande, come l'amore? Ma non poteva esserlo, conosceva Magnus a malapena, non poteva provare nei suoi confronti qualcosa di così intenso. Mezz'ora di carezze, parole dolce e abbracci non bastano per innamorarsi di qualcuno. Bisogna conoscerlo, capire se si è affini e se si hanno interessi in comune.

Alec faceva fatica a capire e più si sforzava di giungere a una spiegazione logica, più sentiva che si allontanava da essa. Era frustrante continuare a scervellarsi senza trovare la risposta.

Quando decise che sicuramene non sarebbe arrivato a una conclusione stando lì (anche se adorava sorvolare la Grande Mela), cominciò a planare diretto a Central Park. Nel parco era sempre gremito di gente, ma Alec dopo centinaia di ispezioni per trovare un luogo adatto all'atterraggio ne aveva scovato uno non molto frequentato. E comunque si ricordava sempre di attivare la runa dell'invisibilità quando volava, cosi da non essere visto almeno dai mondani. Per quanto riguardava il mondo invisibile, doveva solo sperare. 

There is always a first time [Malec]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora