Beck uscì dalla sua roulotte velocemente e, dopo aver chiuso la porta, si diresse verso la sua auto.
Sperava, con tutto sé stesso, che lei stesse bene.
Aveva paura però, paura che quell'uomo non lo avrebbe fatto entrare e che, presentandosi a casa della ragazza, avrebbe potuto peggiorare la situazione di Jade.
Il ragazzo arrivò in pochi minuti davanti alla porta della casa di Jade e, preoccupato, suonò al capanello. L'uomo, ancora con la coscia di pollo tra le mani, che non aveva finito perché aveva dovuto posarla sul divano per andare a picchiare sua figlia, aprì la porta e lo guardò con aria interrogativa.
- Chi sei? E cosa vuoi?- fece lui, guardandolo con uno sguardo di disprezzo.
In quegli occhi vedeva cattiveria, crudeltà, cosa che negli occhi di Jade non aveva mai visto, perché lui sapeva, la ragazza si voleva dimostrare dura, ma in realtà non lo era.
- Umh... io sono un amico di sua figlia. Sono qui perché... ehm... io e Jade dobbiamo finire un progetto di scienze entro domani. Posso entrare? - disse Beck cercando di dimostrare sicurezza nelle parole che diceva, anche se dentro aveva un vuoto che poteva essere colmato solo vedendo Jade viva.
- Ehm... Va bene... Solo che oggi Jade è inciampata ed è caduta a terra. Ha molti lividi addosso e le è uscito anche sangue dalla bocca dal forte impatto con la terra. Non ti scandalizzare, ragazzo.- disse sicuro di sé l'uomo, credendo che il ragazzo davanti a lui non sapesse nulla di quello che aveva fatto a sua figlia. Beck annuì e poco dopo sorrise amaramente. Quanto era falso quel mostro che Jade doveva chiamare padre. Non si meritava tutto questo, una ragazza come lei.
- Jade è in camera sua.- disse il padre della ragazza, indicando il corridoio, dipinto con un bianco d'ospedale, che portava nella sua stanza.
- Okay.- rispose solamente Beck, dirigendosi a passo svelto dalla ragazza. Appena mise piede nella stanza, Jade si girò bruscamente, probabilmente credendo fosse il padre, per poi rilassarsi non appena vide che, per fortuna, era entrato il suo salvatore.
- Jade, stai bene?- disse lui, dirigendosi verso la ragazza, la quale era ancora accasciata a terra.
- Si, ora si. Grazie di essere venuto, ma come sei riuscito ad entrare?- chiese lei, quasi stupita. Anzi, molto stupita.
- Gli ho detto che avevamo un progetto da finire. Comunque, sicura di stare bene?- le chiese lui, preoccupato. Non erano più fidanzati, ma in alcun caso si volevano bene e un ragazzo come lui non l'avrebbe mai lasciata sola in un momento del genere.
- Sono stata meglio.- disse lei ironica, mentre un sorrisetto le comparve sul viso, forse divertita.
- Immagino.- disse lui, scuotendo il capo e passandosi una mano tra i capelli.
- Ora torna pure a casa se vuoi, tanto credo si sia calmato e io sto meglio. Scusa se ti ho disturbato, ma ho avuto paura di morire.- disse lei, mettendosi a fatica in piedi per poi sedersi sul suo letto.
- Si, cioè, più tardi dovrei andare da Tori, se vuoi venire ti accompagno...- disse lui sedendosi accanto alla ragazza, aspettando la sua risposta e un po sperando che lei accettasse, per paura che quell'uomo le facesse ancora del male.
- Mh... Va bene.- rispose lei, con tono neutro, privo di emozioni. Lui sospirò di sollievo, felice che almeno per quella sera sarebbe stata tranquilla, senza dover piangere o chiedere aiuto ad altri.
I due riuscirono, inventandosi un numero infinito di scuse, a convincere il padre di Jade a lasciarla andare a casa di Tori. Dapprima l'uomo aveva rifiutato categoricamente, ma forse aveva capito che un po di libertà doveva pur lasciarla ad una ragazza quasi maggiorenne.
- Vai. - rispose lui, acconsentendo.
I due ragazzi uscirono dalla casa, nella quale non erano mai successe cose belle per Jade. Beh, apparte la nascita di sua sorella, prima che la madre morisse. Giulia, di soli 5 anni, era una bambina innocente, dolce e gentile, l'esatto contrario di lei. Jade sentiva il dovere di farle da mamma, di trattarla come meritava di essere trattata e, perlomeno, di non farla assistere alle scene raccapriccianti tra lei e suo padre. A volte era gelosa della felicità e serenità di quella bambina e dell'infanzia piacevole che stava vivendo, ma poi si rendeva conto che era meglio se lei rimanesse così, felice ed ingenua, perché non sarebbe mai stata forte come Jade a sopportare tutto quello che la ragazza invece doveva accettare.
Salirono in macchina, la quale era parcheggiata proprio dietro il giardino di casa West.
All'interno dell'auto, sui sedili e nell'aria stessa, sentiva un qualcosa di familiare, che le faceva venire una certa malinconia. All'inizio non capiva, poi ricordò. Ogni mattina Beck la accompagnava a scuola e questo le invocò una tristezza interiore, quelle che non possono essere curate guardando un film comico o divertendosi, quella tristezza che ti penetra nell'anima e ti divora lentamente dentro, mentre tu soffri, soffri in silenzio perché non vuoi che la tua tristezza venga trasmessa ad altri.
- E tu come stai?- disse lei, d'un tratto, rompendo il silenzio che si era creato all'interno della macchina.
Beck la guardò con aria interrogativa.
- Bene, ma perché me lo chiedi?- fece lui, girando la chiave della macchina per farla partire.
- Beh, tu mi hai chiesto più volte come stavo. Hai avuto una risposta. Io non te l'ho chiesto e se ci pensi sono mesi che non... parliamo... e magari in questi mesi ti è successo qualcosa...- disse lei, cercando di trovare le parole giuste, pur mantenendo ancora le distanze e gli spazi che due amici hanno e che, non essendo più fidanzati, doveva mantenere.
- Ah, no no. Tutto bene, grazie.- disse lui, spingendo finalmente il pedale dell'acceleratore e la macchina iniziò a viaggiare sulla strada che avrebbe portato in casa Vega.