Capitolo 26

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Erano morti. Tutti morti.

Continuavo a guardare il muro imbrattato di sangue, del loro sangue. I corpi mutilati di Mose, Josh, e Venice, aggrovigliati in un ammasso di bile e sangue. Svuotati dalle membra interne, e gli occhi candidi, come i suoi. Continuava a guardarmi, soddisfatta, nell'angolo più buio della stanza. L'odore di sangue marcio mi fece vomitare, sul pavimento, e mi accasciai a terra.

Ero un'assassina.

Ma dovevo salvarli, dovevo salvarli, dovevo salvarli. Lei non li avrebbe più toccati. Non gli avrebbe fatto del male, non più.

Ridacchiai nell'ombra, era quasi l'alba. Dovevo salvarli tutti.

Afferrai l'ascia, il manico era scivoloso, per poco non mi tranciai una mano. Le voci nella mia testa continuavano a cantare per me. Sentivo le loro urla, nella mia testa. Nelle mie orecchie. Scesi le scale.

-Lo so che siete qui-

Sussurrai. Li avrei salvati, tutti.

Qualcosa si mosse, e mi girai di scatto.

-Uscite fuori, sono io. Non voglio farvi del male-

Strinsi l'ascia con entrambe le mani. Non mi sarebbero scappati, dovevo salvarli. Un altro rumore mi fece girare su me stessa. Avanzai, verso il bagno. Sospirai, e ridacchiai. Sarebbe finito tutto, a breve. Afferrai il pomello, e girai. La porta si aprì. I miei genitori, Nathan, e Janette, si strinsero al centro della stanza. La mamma piangeva, cercava di coprirsi la bocca. Non avrebbe più pianto. Feci un passo in avanti, e loro si allontanarono.

-Non dovete avere paura. Io sono qui per salvarvi-

Avanzai, fino a fargli toccare il muro

-Elizabeth, fermati, lo sai che non é il modo giusto-

Disegnai un ampio sorriso sul mio volto, e feci passare la lingua sulla punta delle labbra, sporche di sangue.

-Oh, Nathan-

Con un passo veloce, mi avvicinai al suo volto, lo presi fra le mani. Aveva paura.

-Io posso salvarvi. Lei lo ha detto-

Scoppiai a ridere, e tornai indietro. Mi chiusi la porta alle spalle, continuandoli a fissare.

Dovevo salvarli. Dovevo salvarli. Dovevo salvarli. Dovevo salvarli.

Con cautela, mi avvicinai. Non capivo perché erano così terrorizzati. Io potevo salvarli. E lo feci. Uno ad uno, affondai l'ascia lungo le loro gole, fino a tranciare la giugulare, gli aprii i corpi, fino ad affondare le mani nei loro cuori. Mi accasciai a terra, nel lago di sangue che copriva metà stanza. Iniziai a ridere convulsamente. Lei era ancora lì, nell'angolo della stanza. Potevo sentire i suoi passi avvicinarsi.

Oltrepassai il corridoio a passi pesanti, facendo strisciare la lama a terra. Mi sentivo sola. Le voci nella mia testa urlavano. Feci cadere l'ascia a terra, il rumore riempì la stanza, e mi afferrai le tempie.

Canta con noi

Dicevano. Risi di nuovo, la voce stanca e affannata

Canta

Continuai a camminare, fino ad entrare nella stanza enorme, alla fine della rampa di scale. Il sole stava sorgendo.

-Nella vecchia casetta, Giù nella cantina

Dimora il piccolo corpo, di una bambina

Se dormire tu vorrai

nella cantina non andarci mai-

Avanzai, entrai nella stanza, e la porta si chiuse in un boato. Seduta su una sedia a dondolo, nel centro della stanza, una donna vestita di nero e dal volto coperto accarezzava una bambina.

-Cattivo bambino, hai disubidito

ora salgo le scale, per vedere se hai capito.

La La La

Sto sotto il tuo lettino

Non scender giù, piccolo bambino.

La mamma vuole che tu dorma

o ti punirà.

Se non lo farai lei ti ucciderà-

La sedia si fermó. E ci fu un urlo. Sangue inizió a scendere copiosamente dal soffitto, fino a coprire l'intera stanza. Io rimanevo ancora lì. Immobile.

Ad un tratto, le voci nella mia testa si fermarono. E la casa ricadde nel silenzio. Guardai fuori dalla finestra: il cielo aveva assunto diversi colori, e la luce disegnó un lungo arco nella stanza. Avanzai, fino a salire sul cornicione. Mi voltai, e lei era ancora lì. Mi guardava, col volto soddisfatto e gli occhi candidi. Sorrisi anche io.

-Buttati-

Mi disse.

Li avevo salvati. Loro erano liberi, adesso. Avevo fatto tutto questo solo per loro. E per Clark. Ora ero felice. Dovevo solo salvare me stessa.

E così feci. Il mio corpo si gettò. Ed io con lui. Sentii la sua risata confusa. Poi un tonfo. Poi il nulla.

Ora lei non ci avrebbe fatto più del male. Non più.

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10 Maggio 2015.

La mattina dopo, la polizia entró nella villa Nevel. Ció che videro fu orribile. I corpi di Arnold Nevel e del parroco Marvin Krakovia furono ritrovati mutilati violentemente nel salotto. Uccisi nello stesso modo, al piano superiore, altre sette persone, tra cui i coniugi Forrowel, la domestica, due investigatori dell'occulto, e gli investigatori del dipartimento di Phoenix Nathan Clint e Janette Rosvald. Fuori dalle mura della casa, sotto la finestra della stanza che portava alla cantina, fu ritrovato il corpo di Elizabeth Forrowel. Uno strano simbolo venne trovato sul muro sottostante il cornicione della finestra. La polizia afferma che per dipingerlo sia stato usato del sangue. 

- Fine -

The Curse - La Maledizione della VillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora