Capitolo 4

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Uscii di corsa dalla scuola e mi infilai in macchina. accesi l'aria condizionata e sbottonai la camicia bianca sudata fino a metà. scivolai lungo il sedile e mi coprii gli occhi con le mani.

l'avevo sentito. era lui. ne ero certa.

era impossibile confondere la possente voce di Clark con quella stridula e acuta di Meggie McBerrie.

presi una salvietta umidificata dalla borsa e la passai sul viso per rinfrescarmi.

Sentii bussare alla portiera della macchina e sussultai.

"Signorina Forrowel, sono Nathan Clint"

riconobbi quel nome. Ether aveva detto a mio padre che era l'investigatore che si stava occupando del caso "Nevel"

aprii la portiera e uscii.

"Oh.."

lo vidi arrossire e girarsi dal lato opposto.

"Signorina la camicia"

abbassai lo sguardo e arrossii inevitabilmente abbottonandomi la camicia fino al culmine del soffocamento.

"Mi scusi."

si girò e mi porse la mano che strinsi gentilmente.

"Volevo farle alcune domande"

lo guardai con la fronte aggrottata.

"ma io credevo che il caso ormai fosse chiuso"

"Se lei è consenziente vorrei farle alcune domande."

"certo.."

mi porse il braccio e lo afferrai lentamente.

arrivammo allo Starbucks di fianco la mia scuola, Il college La Rovere. entrammo e ci accomodammo ad un tavolino fuori.

"Allora Signorina Forrowel"

lo interruppi

"Mi chiami pure Elizabeth"

"Elizabeth.. Da quanto tempo conosceva Clark?"

"su per giù 15 anni"

"Aveva riscontrato qualche tipo di problema negli ultimi anni... mesi.."

lo guardai con il sopracciglio alzato e le mani intrecciate nervosamente.

"no."

"non avrebbe potuto dirtelo magari esplicitamente. avevi notato qualche suo strano comportamento?"

silenzio.

"no.. era normale.

lo vidi appoggiarsi allo schienale della sedia e mettersi un mano in fronte.

"Elizabeth. ne sei sicura?"

vidi il suo volto preoccupato.

"Ma il caso é risolto. avete detto che si tratta di suicidio. non capisco questo interrogatorio a cosa serva."

mi afferrò per un polso.

"Elizabeth. il caso non é chiuso."

ero confusa.

"Ma io credevo che.."

"No. Per la polizia, per i miei superiori, si tratta di suicidio. E lo era anche per me."

tornò ad appoggiarsi alla sedia.

"Ma vedi, abbiamo interrogato molte persone, ragazzi del college, che conoscevano Clark, e tutti hanno affermato la stessa cosa: Clark era stabile, non aveva problemi, era sereno. E se tu, che lo conosci da 15 anni, confermi le loro parole, non so più cosa pensare."

lo ascoltai in silenzio. le sopracciglia alzate.

"Nathan, Clark non aveva motivo di suicidarsi."

annuì, e mi morsicai il labbro.

"Grazie per il tempo concesso. Ora devo lasciarla signorina Forrowel."

si alzò in piedi e mi sorrise, poi si affrettò ad uscire.

appoggiai i gomiti al tavolo.

Non potevo dirgli di aver sentito Clark. Poteva essere stata un'allucinazione, una persona sotto shock era in grado di confondere due voci completamente diverse fra loro. in questo caso la voce di Clark e Meggie McBerrie.

Ero immersa nei miei pensieri, poi una voce mi riportó sulla terra.

"Signorina, Signorina si sente bene?"

alzai la testa, era la cameriera dello Starbucks.

"Cosa?"

scossi leggermente il capo.

"Signorina, le stavo chiedendo se volesse ordinare, ma se vuole torno più tardi."

"Oh no... mi porti un frappè, grazie."

"Subito"

seguì con la coda dell'occhio la cameriera allontanarsi, per poi tornare col frappè.

"ecco a lei"

pagai e mi alzai dalla sedia. Feci per andarmene ma la cameriera mi bloccò.

"Signorina, al suo amico deve essere caduta questa"

mi porse una scheda, una tessera, doveva essere la carta d'identità di Nathan.

"Grazie"

le sorrisi e uscii dal bar, rigirando la carta tra le dita.

The Curse - La Maledizione della VillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora