Capitolo 9

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Mi svegliai di soprassalto. Ero incredibilmente sudata e respiravo affannosamente.

Indosso avevo gli abiti delle sera prima e le lenzuola erano sporche di terra. Come avevo fatto a tornare a casa?

Mi guardai intorno, quasi spaesata nella mia stessa stanza.

Guardai lo schermo del mio cellulare. Erano le tre e un quarto di notte.

Fuori incombeva una bufera per le strade di Phoenix. Come quasi tutte le sere del resto.

"Beth sei sveglia."

mi girai di scatto.

"Chi é?"

chiesi iniziando a respirare affannosamente.

"Sono tua madre tesoro"

mia madre sbucó dal buio e mi accarezzó i capelli.

"Oh.. Scusa."

sospirai.

"Mi hai fatto spaventare ieri sera. Sei tornata molto tardi. Menomale che con te c'era quel Nathan Clint, L'investigatore."

spalancai gli occhi. Allora non mi ero sognata niente.

Il cimitero, la nebbia, il corvo, la lapide.

Avevo vissuto tutto davvero.

Mia madre uscì dalla stanza dopo avermi stampato un bacio sulla fronte ed io tornai a dormire.

***

La mattina dopo mi svegliai, ancora sudicia.

Erano le 12:30, avevo dormito fin troppo.

Mi feci una doccia veloce e scesi in cucina per mangiare qualcosa, ancora in accappatoio.

I miei genitoti erano seduti attorno al grande tavolo di vetro, Mose compresa.

"Beth, siediti un attimo per favore."

Ubbidii.

"Dimmi papà"

chiesi seria.

"Annica.. Bhe vedi.."

si massaggió la fonte nervosamente.

"Continua."

"Ha tentanto il suicidio gettandosi da un albero con un cappio al collo. Ma non é riuscita nel suo intento."

mi finsi sorpresa, dal momento che lo sapevo già.

"Hanno portato subito Annica in commissariato, e poi all'ospedale, dove ha parlato con uno psicologo per più di due ore."

fece una breve pausa, e poi continuó.

"É stata trasferita alla casa di cura adiacente all'ospedale. Ma dicono che presto andrà in una più specializzata in Arizona, ai confini credo."

Rimasi in silenzio per un po'.

"Non tornerà più a casa vero?"

chiesi.

"No.. Non più. Dice di vedere figure. Persone morte. Che la spingono al suicidio. Dice che hanno fatto lo stesso a Cla.."

farfuglió mia madre ma mio padre la interruppe. Ed io sobbalzai.

"Quella donna é uscita fuori di testa."

mormorò.

"Ti ricordi del gemello di Clark?"

domandó, ed io annuii.

"É solo. La cameriera ha lasciato la casa.

A quanto pare noi siamo gli unici con cui Annica aveva stretti rapporti. Credo che sia nostro dovere aiutare il povero ragazzo.

Ci trasferiremo alla Villa dei Nevel."

disse. Io lo guardai stranita.

"Ma papà noi non possiamo. Potrebbe venire lui a stare da noi."

urlai alzandomi. Mia madre mi afferró un polso costringendomi a stare seduta.

"Quel ragazzo é disabile. Toglierlo così in fretta dalla casa in cui é cresciuto sarebbe uno shock per lui. Resteremo lì fino a quando non si sentirà pronto. Poi torneremo a casa. Te lo prometto principessa"

si alzó e mi schioccó un bacio sulla testa.

"Partiamo dopo pranzo, o perlomeno il prima pssibile."

disse mia madre accarezzandomi i capelli.

Uno dopo l'altro, si alzarono tutti. Fino a quando non rimasi solo io in cucina. Immersa nei miei pensieri.

Avrei dovuto lasciare la casa in cui sono nata e cresciuta per andare a vivere a casa del mio migliore amico, senza il mio migliore amico.

Mi alzai dopo un po', e lentamente salii le scale fino alla porta di camera mia.

Entrai e presi due valigie dall'armadio, riempiendole di roba.

Indossai una tuta e raccolsi i capelli in una cipolla.

Mi guardai allo specchio. Avevo gli occhi gonfi. Non mi ero resa conto delle lacrime che scendevano lente e calde sul mio volto.

The Curse - La Maledizione della VillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora