Capitolo 12

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"Tesoro va tutto bene?"

mia madre spuntò preoccupata dalla porta. Portava un vassoio con una tazza fumante e qualcosa incartato.

"Sì. Sì era solo un incubo."

le dissi, quasi sicuramente a me stessa, abbassando lo sguardo.

Avevo deciso di non dirle nulla del sangue, e nascosi il pezzo di vetro sotto le coperte.

Lei mi sorrise ed entró titubante.

"Ti ho portato del The caldo e un cornetto. Dal momento che oggi resti a casa."

disse, e prima di uscire di diede un bacio sulla fronte.

Restai a contemplare se mangiare o no quel cornetto alla nocciola per un po'. Ma non avevo fame. Quell'incubo mi aveva mandato in tilt.

Posai il vassoio sul comodino e nascosi il pezzo di vetro sotto il materasso.

Uscii ed attraversai il corridoio lentamente, picchiettando le dita sull'inferriata delle scale, e sbirciai attraverso la porta socchiusa nella camera di Arnold, dove lui dormiva beatamente.

Scesi in cucina, e vidi solo Mose.

"Mose, dove sono i miei genitori?"

le chiesi.

"Sono a lavoro. Li conosci i tuoi. Neanche una bufera puó impedirgli di lavorare!"

esclamó. feci una smorfia e lei si girò.

"Elizabeth, io sto andando a fare un po' di compere per la dispenza. Non credo che torneró prima di pranzo"

disse.

"ma io come faccio con Arnold?"

"Non preoccuparti. Tua madre ha chiamato la vicina"

sospirai. Almeno non sarei rimasta sola.

"Arriverà a momenti. Fai attenzione"

la seguii fino all'ingresso, dove si infilò il cappotto ed uscì di casa, lasciandomi un bacio sulla fronte.

sbuffai e ne approfittai per legare i capelli ed indossare un paio di leggins ed una felpa, aspettando la "baby sitter" che non tardó ad arrivare.

***

aprii la porta alla seconda manciata di "drin drin"

Davanti ai miei occhi trovai una signora sui settanta, con un enorme cappello glicine in testa ed un cappotto color porpora che le arrivava fino al ginocchio. Sembrava una donna per bene e composta, ma mai dire mai. Basti pensare ad Annica.

"Salve. Lei é?"

chiese

"Elizabeth Forrowel. Signora"

dissi, invitandola ad entrare.

"Piacere, gioventù. Io sono Mrs. Von Peters, la vicina"

Entrò nel salotto, dove inizió a guardarsi intorno posandosi le mani sul petto.

"Vado a svegliare Arnold"

disse.

***

Erano le 12:30. Mose non era ancora tornata, come previsto.

Eravamo in salotto, la signora Von Peters e Arnold stavano facendo una sottospecie di lezione di spagnolo, e con mio grande stupore lui se la stava cavando abbastanza bene.

"Allora, avete fame?"

disse Von Peters alzandosi e dirigendosi in cucina, seguita da me.

"Elizabeth, se a te va bene cucino il pollo fritto. É il piatto preferito di Arnold da sempre"

disse, mettendo la padella sul fuoco.

"Oh. Certo"

la guardai prendere il pollo dal congelatore e versare un litro di olio nella pentola calda.

"Mrs. Von Peters. Le dispiace se le chiedo un favore?"

chiesi.

"Certo che no. Dimmi pure cara"

esitai un po' prima di risponderle.

"Lei conosce bene questa casa?"

spense improvvisamente il fuoco e, un po' titubante, si giró verso di me.

"La conosco da mezzo secolo, tesoro mio."

disse nervosamente. Era a disagio. E mi sentivo un po' in colpa. Ma dovevo avere risposte.

"Potrebbe raccontarmi la storia di questa casa?"

__

Marlene's POV

era da anni che avevo evitato quella domanda. Ed ora, non avevo altra scelta.

Mi sedetti di fronte alla ragazza, che continuava a guardarmi ammiccando inquietudine. E faceva bene. Quello che le stavo per raccontare avrebbe mandato in subuglio il mondo intero.

"Sei sicura?"

chiesi. E lei annuì.

"Bene. Tutto inizió nel 1894. La casa venne fatta costruire dal Barone di Villa Franca, Aristol Loovgrod. I lavori durarono vent'anni, ma il barone non soggiornó mai in questa casa."

dissi.

"Perché?"

"Durante il trasloco, la carrozza di Loovgrod caddé in un fossato. Né i resti di lui né quelli della famiglia vennero più ritrovati."

sospirai.

"Negli anni seguenti, la villa rimase disabitata. Fino al 1920. Quando Peter Foster e sua moglie Teddea la comprarono all'asta.
Restarono in quella casa vent'anni. Fino a quando Peter morì.
Teddea, subito dopo la morte del marito, inizió a praticare stregoneria. Adoratrice del diavolo.
Il giorno in cui la vennero a prendere per giustiziarla, Teddea annegó la figlia nella vasca. Poi si tolse la vita gettandosi dalla finestra. Quando gli uomini del paese vennero con armi e forconi, trovarono il cadavere di Teddea in una posizione innaturale, e con il suo sangue, sotto la finestra, era inciso un simbolo. Secondo gli antichi quel simbolo rappresentava la morte futura.
E non si sbagliavano.
Negli anni successivi, la casa fu spettacolo di atroci omicidi, suicidi, stupri, gente di cui il corpo non venne mai ritrovato. Gente costretta a rimanere in questa casa anche dopo la morte. "

The Curse - La Maledizione della VillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora