Capitolo 13

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Ero a disagio in quella casa. Era come se mi mancasse costantemente il respiro, come se qulcosa mi stesse soffocando.

Elizabeth rimase in silenzio a contemplare la mia storia. Aveva paura. Le si leggeva negli occhi. E del resto anche io ce l'avevo.

Elizabeth's POV

Per la prima volta in vita mia avevo paura. Ma non era una paura di passaggio. Non era come quando leggevi una storia di paura o guardavi un horror. La paura ti soffocava. Ti mangiava viva. Era silenziosa e impercettibile. Ma c'era.

Rimasi in silenzio. Non spiccicai parola. Von Peters, non appena finito il "racconto", tornò al pollo fritto.

"Scusa, Mrs Von Peters. Ma non ho fame."

mi alzai e lei annuì di spalle.

Feci per andarmene fuori dalla cucina, ma venni bloccata da una domanda che continuava a frullarmi nella testa.

"Marlene, cosa c'é nella prima stanza del corridoio al piano di sopra?"

sembró non capire, e continuai.

"Quella vuota. Dalle pareti rosse, con un enorme finestra."

Marlene posó le mani sul tavolo e sospiró.

"Da quella finestra sì suicidarono la maggior parte delle persone che abitarono in questa casa."

strabuzzai gli occhi. Cosa voleva dire? Anche Clark si era buttato da quella finestra.

"Elizabeth. Non entrare mai più in quella stanza. mai"

mi afferró il polso, stava dicendo qualcos'altro ma fummo interrotte da Mose.

"Sono tornata!"

urló dal salotto.

Marlene si avvicinó a me

"Stai lontana da quella stanza, Elizabeth. Stai lontana da quella stanza."

mi sussurró.

"Marlene cara! Ti fermi per pranzo?"

esclamò Mose entrando dalla cucina posando le buste della spesa sul tavolo.

"No cara, devo tornare a casa."

Mose annuì e la accompagnó alla porta.

"Arnold saluta Mrs. Von Peters"

disse Mose

"C-ciao"

Arnold diede un bacio alla donna, che uscì dall'abitazione sospirando.

***

Quel pomeriggio restai in casa. Finii di disfare l'ultima valigia e sistemai tutto per bene.

Ora ne ero certa. Clark non si era suicidato. O almeno qualcuno glie lo aveva imposto.

Decisi di chiamare l'unico che potesse aiutarmi. Nathan.

Non avevo il suo numero ma potevo telefonare alla centrale dove lavorava.

Il telefono squilló per una manciata di secondi. Poi rispose una donna.

"Buon pomeriggio, qui la centrale di polizia di Phoenix, sono Rosy, come posso aiutarla?"

"Salve, sono Elizabeth Forrowel, cerco Nathan Clint"

"Certo, ve lo chiamo subito"

sentii la donna armeggiare un po' con un altro telefono, e ben presto la mia telefonata venne trasferita al telefono dell'ufficio di Nathan.

"Sono Nathan Clint, chi parla?"

"Nathan, sono Elizabeth"

romase in silenzio per un paio di secondi, poi urló sorpreso

"Signorina Forrowel! É successo qualcosa?"

chiese

"Sì, ho scoperto alcune cose riguardo.."

mi interruppe

"Forse é meglio se ci incontriamo tra mezz'ora al parco. Ti aspetto"

non mi diede neanche il tempo di rispondere che riattaccó.

***

Ero in macchian con Trudy, che stava canticchiando una canzone rap italiana, che parlava di Erika ed Omar, che per quello che riuscivo a ricordare nel 2001 furono i protagonisti dell'omicidio della famiglia di lei, il padre escluso. 

"Eccoci Beth. Vuoi che ti aspetto?"

scossi la testa. Ed uscii dalla macchina che ripratì velocemente.

Mi guardai in torno, cercando di scorgere la figura di Nathan tra gli alberi del parco.

"Mi stavi cercando?"

una mano mi si posó sulla spalla e sobbalzai.

"Nathan!"

l'uomo mi sorrise, porgendomi un braccio.

"Signorina Forrowel. Mi dica tutto ció che deve dirmi"

iniziammo a camminare per il viale del parco, illuminato da lampioni dalla luce pallida e vitrea. Il sole stava calando, e il vento tirava forte.

Gli raccontai della conversazione con Marlene. Della casa. Di come la morte di Clark coincidesse alla perfezione con quella dei precedenti abitanti. della "makedizione" di Teddea. Della stanza.

"Mi vorresti dire che ogni persona che abitó in quella casa finì per suicidarsi?"

sospirai 

"Sì."

restammo in silenzio per un po'. Spostai il mio sguardo verso il viso di Nathan, visibilmente preoccupato e riflessivo.

Improvvisamente una domanda mi balenó in testa.

Forse Marlene poteva dare un'identità a Kate.

The Curse - La Maledizione della VillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora