Capitolo 13: Soltanto amici

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Il sole era già sceso da un po' e dopo essere uscito di casa, Amos, si diresse verso il luogo dell'appuntamento con Pheobe.

«Prendo quel mazzo di margherite!» disse il ragazzo al fioraio, indicando un mazzolino di fiori bianchi proprio davanti a lui.

Il commerciante prese i fiori e li incartò con una carta marroncina e fece poi un bel fiocco con un nastro celeste.

«Sono tre dollari e cinquanta!» esclamò il signore dietro al bancone dandogli il mazzo.

Uscì dal negozio proprio accanto a Frappy's e si sedette sulla panchina di ferro della fermata dell'autobus.
Posò il mazzolino proprio accanto a lui e guardò la gente che passava sul marciapiede.
In quel frangente passò una coppia di ragazzi mano per mano, sembravano così innamorati.
Gli facevano quasi invidia.
Erano anni che cercava l'amore della sua vita e per via della sua origine da mago, aveva grandi difficoltà.

Dopo qualche minuto un autobus di linea si fermò proprio davanti la panchina occupata dal ragazzo.
Un grande fischio dei freni fece alzare il volto di Amos verso il trasporto pubblico.

Il vetro della portiera era oscurato, forse sporco oppure la sera non permetteva di guardare chi ci fosse dietro.
Si intravedeva soltanto l'autista con una pipa in bocca e una lunga barba grigia.

Quando si aprì la figura del lavoratore divenne più nitida, ma fu oscurata dall'arrivo di Pheobe, che con un sorriso a trentadue denti, scese dall'autobus.

Un vestito di lana bianca mostrava tutte le sue forme africane, ma con quel abito era come se volesse nasconderle. Inoltre indossava una giacca di pelle nera posata semplicemente sulle spalle.

Amos rimase impietrito dalla sua bellezza, tanto che si alzò dimenticandosi dei fiori sulla panchina e si avvicinò alla ragazza.

«Ciao!» esclamò il giovane facendole il bacia mano. La ragazza rispose con un altro sorriso e fu stupita dal gesto.

L'autobus ripartì facendo un trambusto e lasciando una nube di smog dietro di sé.

«Oh ecco...» disse il ragazzo, tornando indietro e prendendo i fiori. «Ho preso questi, sono per te!» spiegò tornando verso Pheobe che accettò i fiori con imbarazzo.

«Grazie!» rispose avvicinandosi di più e immergendo il naso in quelle piccole margherite che avevano un profumo fresco.

Imbarazzati, entrarono da Frappy's e presero il tavolo più lontano dalle persone, che già erano sedute per cenare.

Amos quando guardava la ragazza sorridere, si sentiva morire dentro. Aveva così voglia di essere lui la ragione della sua felicità.

«Ecco a voi!» disse la cameriera che portò gli ordini ai due amici.

«Vieni spesso qui?» domandò Pheobe aprendo un fazzoletto e poggiarlo sulle sue cosce per non sporcarsi l'abito.

Amos scosse la testa, prese la cannuccia e la infilò nel bicchiere pieno di Coca Cola.
«Di solito non esco mai!» ammise facendo un sorso.

«Non hai amici?» chiese di nuovo.

Il giovane alzò le spalle. «I miei amici sono tutti... ecco...» non sapeva come dire che erano tutti morti, gli faceva strano parlare di cose magiche con un'umana.

Pheobe allungò una mano sul tavolo sfiorando quella del ragazzo, che sobbalzò al solo tocco.

«Ho capito!» esclamò prendendo un'aletta di pollo dal cestino, con l'altra mano.

Sospirò come per togliersi un peso di dosso nel rivelare quel piccolo dettaglio. Non gli faceva piacere ricordare i suoi amici di college che ormai erano tutti morti.

Amelia e la porta dell'infernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora