Capitolo 14: Purgatorio

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Il giorno seguente Amelia, fu completamente sbalzata fuori dal letto.
Imprecò lasciando la stanza per dirigersi verso quella di Amos, che era a pochi passi dalla sua.

Bussò talmente forte sulla porta, che si staccarono le varie targhe che erano state appese.

«Amos! Che diavolo stai combinando?» urlò per farsi sentire, ma un altro brusco scoppio fece saltare in aria la ragazza dalla paura.
«Amos!» richiamò di nuovo, bussando ancora più forte.

Decise così di entrare in camera dando un calcio alla porta e facendo volare via un pezzo della maniglia.

La stanza era tremendamente in ordine. Il letto era già fatto, stranamente e anche i vestiti che lasciava sempre sulla sedia erano spariti.

«Amos?» chiamò di nuovo Amelia, mentre girava nella stanza che era simile alla sua.

La parete affianco alla porta, diversamente dalla camera di sua cugina, c'era un enorme libreria con tutti libri antichi: storia, geografia, storia dell'arte, le streghe. Si poteva trovare di tutto.
Inoltre, era anche un passaggio magico.

La libreria era spostata di poco, il che significava che Amos era nella stanza segreta.

«Ci sei?» chiese Amelia varcando lo spazio nel muro, che portava ad un corridoio.
Quella casa poteva sembrare vecchia e trasandata, ma nascondeva un sacco di cose.

Il passaggio era lungo e stretto, le pareti erano di un legno scuro e rendeva tutto così stretto che sembrava le mancasse l'aria.
Il pavimento era ricoperto da un lungo tappeto rosso, ma che sembrava così sporco di polvere.
Inoltre, appesi sul muro c'erano tutti ritratti di grandi maghi, come Albus Silente, Mago Merlino e anche quello di Nasya. Il tutto era illuminato da delle candele che volavano sulla testa della ragazza.

Percorse il corridoio in fretta, raggiungendo la fine per poi entrare nella stanza magica dove c'era Amos.

«Ma sei impazzito? Mi hai svegliata!» esclamò sbattendo i piedi come una bambina.

« Shh!» ordinò il ragazzo che era di spalle.

La stanza era abbastanza grande: c'era un lungo tavolo al centro della stanza, dove un piede era anche stato aggiustato con dello scotch marrone scuro.
Il ripiano era stra pieno di libri, ampolle, bottiglie di ogni cosa, non c'era spazio neanche per poggiare una candela.

«Ma cosa sh! È sabato mattina, che diavolo fai?» girò intorno al tavolo per guardare suo cugino negli occhi e notò che li aveva rossi e coperti da una mascherina trasparente per proteggerli.
«Ma hai dormito questa notte?» domandò Amelia, posando le mani sui libri aperti che c'erano sul bancone e sporgendosi verso di lui.

Amos scosse la testa. Prese l'ampolla che conteneva un liquido verde e lo gettò nel lavandino, che dovrebbe essere bianco, ma talmente sporco che cambiò colore.

«Sto lavorando!» esclamò il ragazzo, che tornò a leggere sul libro accanto a lui.
Sembrava così indaffarato che non dava ascolto alle lamentele di sua cugina.

Quando Amos era immerso nel suo mondo da ricercatore, non sentiva o guardava nessuno. Non gli importava di niente, poteva anche cadere il mondo, ma non gli interessava.

Amelia sbuffò, portandosi le mani sui fianchi e assumendo un espressione furiosa.
«Puoi dirmi almeno che cosa erano quegli scoppi?» domandò la ragazza, perdendo le speranze e tornando verso il corridoio.

Amos non si accorse neanche che uscì dalla stanza e continuò a fare i fatti suoi, fra ampolle e libri.

La ragazza tornò in camera sua e vista l'ora, non le sembrava il caso di tornare a dormire.
Così prese dei vestiti per stare comoda e li indossò dopo una breve doccia fredda, per calmare i nervi. Odiava essere svegliata così, specialmente i giorni liberi dalla scuola e per giunta senza spiegazione.

Amelia e la porta dell'infernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora