Capitolo 11. Trentina

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ITZIAR'S POV:

Detto questo mi prese il viso tra le mani e lo condusse al suo chiudendolo in un bacio lungo e pieno d'amore, come il precedente. Bacio che fu interrotto dalla pioggia, prima fine divenne poi molto insistente. La macchina era dall'altra parte del parco, eravamo già bagnati fradici, così Alvaro disse: 'Andiamo a casa mia, conosco una scorciatoia, è a 5 minuti da qua, corri' e così fecimo. Arrivati sotto il suo appartamento iniziai a tremare e lui mi strinse a sè. Una volta arrivati alla porta, fatto un cenno al portiere e salite le scale, arrivammo in casa sua. Appena entrati vidi un largo salone, con divano ad l, un tavolino e un grande televisore; si vedeva la penisola della cucina e altre due porte che presumevo essere le camere 'Dammi pure la giacca e vieni, ti mostro il bagno così puoi farti una doccia calda. Non voglio che tu ti prenda qualcosa' Così dicendo lo seguì, mi diede due asciugamani puliti e mi lasciò. Feci una doccia abbastanza corta perché volevo lasciarla ad Alvaro, che era fradicio quanto me. Per un momento pensai di invitarlo ma sarebbe stato troppo per entrambi, dopo ciò che gli avevo detto oggi era meglio andare piano in tutti i sensi ma soprattutto in quello sessuale, avevo bisogno dei miei tempi e invitandolo l'avrei sicuramente portato a letto. Finito mi misi sopra una maglia che Alvaro mi aveva lasciato sul lavabo, profumava di lui. Mi era un po' lunga e copriva un pezzo della mia cicatrice di cui non avevo ancora parlato con Alvaro, non perché non volessi ma perché avevo paura facesse azioni stupide. Lui che poco dopo entrò mentre mi sistemavo i capelli, mettendomi le mani sui fianchi e baciandomi la guancia, mentre guardava allo specchio 'Non toccarmi sei fradicio!' mi disse ridendo 'Volevo proprio abbracciarti invece' Ridemmo fin quando lui, vedendo il riflesso allo specchio, non mi chiese ciò che temevo: 

'Cos'è quella cicatrice sul polpaccio?' 

'Sono caduta dalla bici' 

'Una trentina di punti per una caduta dalla bici? Non ci credo' e faceva bene 

'Lavati ti aspetto sul divano, ti devo dire una cosa'

Si lavò in una decina di minuti e uscì dal bagno con solo i pantaloni, a metà dicembre: 

'Non hai freddo?' 

'E tu?' 

'Il riscaldamento è ottimo' 

'Lo so...' disse sedendosi 

'Dopo l'aborto denunciai Alberto, ma lui pagò perché l'aborto fosse riconducibile a cause naturali, così non poteva essere accusato di nulla' 

'E i lividi?' 

'Procurati da sola' 

'Che schifo' 

'Lo so, non mi permise nemmeno di restare a vivere con mia madre, ero ancora debilitata quando ritornai in quell'incubo ancora. Le percosse continuarono incessanti: costole inclinati, polsi quasi rotti e nessuna via d'uscita. Tutto precipitò una sera, non avevo ancora trovato lavoro e rientrai in casa stanca, lo trovai ubriaco un'altra volta, cercai di evitarlo ma lui mi raggiunse subito. Mi bloccò al muro, allora gli tirai un calcio, finì a terra, io corsi in cucina ma lui mi venen dietro immediatamente: 'Dove vai puttanella?' Così dicendo mi alzò in malo modo dalla sedia, su cui mi ero seduta, e con una mano al collo mi attaccò al muro. Iniziai a far fatica a respirare, lui venne verso di me con fuori il suo membro. Chiusi le gambe; dopo qualche tentativo si spostò, respirai e tornò con un coltello. Me lo puntò alla gola, lottavo e alla fine lui spinse verso di me, mi aprì tutta la coscia. Non ho mai sentito così tanto dolore, urlai col poco fiato che mi rimaneva. Mi ricucirono una trentina di minuti dopo in ospedale, Najwa mi ospitò a casa sua e mi convinse a denunciarlo, lo feci anche grazie alle telecamere che lei aveva posizionato mentre lui era al lavoro. Gli diedero un anno, ma dopo 7 mesi uscì per buona condotta' 

Un secondo di silenzio 'Vieni qui' mi fece segno Alvaro, così mi avvicinai a lui e lui si sporse in avanti sul divano, mi offrì i polpacci per sedermi e mi abbracciò stretto come poco prima al parco 'Ehi, io non posso cancellare quello che hai passato, anche se lo vorrei moltissimo, non posso impedirti di star male o piangere, fallo quando vuoi; ma posso cucire le ferite, renderti felice e farti sentire la donna più bella e amata del mondo. E lo farò, te lo prometto' Lo strinsi forte 'Ti amo' gli sussurrai piano 'Anch'io' rimanemmo così per un po', era inizio pomeriggio, circa le 13:40 quindi ordinammo una pizza e quando arrivò ci trovammo a mangiare insieme sulla penisola. Finito dissi: 'Grazie per tutto Alvaro' 'Sono io che devo ringraziare te per esserti esposta così tanto, ora puoi, possiamo davvero girare pagina' Ci baciammo con il sapore della pizza in bocca e mi resi conto di essere perdutamente innamorata di lui. Finito ci risedemmo sul divano, Alvaro dietro di me e io sul suo petto, le nostre mani destre intrecciate 

'Posso chiederti un gran sacrificio?' chiese di punto in bianco 

'Che cosa sarà mai?'

'Quando ti senti pronta ovviamente, se' 

'Non posso venire ad abitare con te Alvaro, mi sentirei sopraffatta' 

'Non te lo volevo chiedere, immaginavo' 

'Scusami allora cosa?' 

'Andiamo insieme da una mia amica ginecologa? Magari qualcosa è cambiato, puoi avere figli, possiamo fare una fecondazione assistita, qualcosa' 

'Allora, so che per te è molto importante, quindi si, andiamo. Solo se vieni con me e mi tieni la mano. Non penso si possa fare qualcosa ma va bene, proviamoci. Se c'è una possibilità voglio farla' 

'Ti amo' 

'Ti amo anch'io' 

Passò il pomeriggio e la sera ci trovammo a guardare un film, e io a metà mi addormentai


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