Capitolo 10. Mai più

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ITZIAR'S POV:

Appena entrata dalla porta chiamai Najwa dicendole come fosse andata con Alvaro, le raccontai tutto, e condivise il bisogno di parlargli di Alberto, per quanto complesso doveva sapere e poi avrebbe preso la decisione che riteneva più giusta. La mattina mi svegliai presto per prepararmi, vestirmi e mettermi un filo di trucco. Alvaro suonò al campanello alle 10 spaccate, Naj rispose mentre io mi mettevo le scarpe e prendevo la borsa. Scesa lo vidi davanti alla sua macchina con una scatola in mano, mi avvicinai tenendo stretta la borsa per il nervosismo:

'Ciao' sussurrai sorridendo 

'Stamattina sei bellissima' 

'Grazie, ma basta con questi complimenti - divenni rossa - mi hai già conquistato' 

'Sai un folle una volta ha detto che una donna andava conquistata tutti i giorni e quindi ho pensato di regalarti questo, mi sembrava carino quando ieri sono passato da un negozio, così ecco qua' 

'Davvero non dovevi. Grazie' la presi: era una scatola rossa con sopra scritto <<Per Itzi da Alvaro>> anche personalizzato. Mi scappò una lacrima, nessuno l'aveva mai fatto 

'Mi ricordo che avevi detto che nei momenti di sconforto ami mangiare cioccolato e quindi, non sapendo cosa volessi dirmi, ho pensato che fosse carino ecco' 

'Sono stupendi' e così dicendo mi avvicinai a lui e gli stampai un bacio sulle labbra. 

Lui ricambiò, ma prima che diventasse più feroce mi fermai. Lui disse subito 'Andiamo' e così aprì la portiera per farmi salire, in cuor mio speravo che non perdesse questa abitudine galante. Mentre facevo questi pensieri Alvaro mi chiese:

'Nervosa?' 

'Si -dissi mordendomi il labbro inferiore - Si vede?' 

'Abbastanza ma stai tranquilla non me ne andrò mai. Magari mi perderò qualche giorno per assorbire il colpo ma ci sarò e resterò, perché ti amo moltissimo' Mi scese un'altra lacrime e sorrisi ampiamente. 

Arrivati al parco ci sedemmo sulla solita panchina, io a destra e Alvaro a sinistra 

'Allora dimmi' 

'Non so da dove iniziare' 

'Ok allora quando?' 

'Tre anni fa' 

'Perfetto chi?' 

'Alberto, il mio ex' 

'Ok quindi che cosa è successo?' Presi un respiro profondo, poi un altro e così per alcuni minuti. Alvaro non era impaziente e a un certo punto portò le sue mani delle mie, intrecciandole, era il mio gesto preferito, che mi diede la forza di parlare 

'Allora 3 anni fa ho conosciuto il mio ex, stavo uscendo di casa e alla fine della scala fui urtata da un uomo che non conoscevo, non dissi nulla e lui: <<guarda dove vai, mamma mia che donne esistono>> Non resistetti, mi fermai e gli risposi <<Dici così solo perché sono donna, sei tu che stavi guardando da un'altra parte e mi hai calpestato i piedi, porta almeno rispetto>> e così dicendo uscì incazzata per andare da mia mamma. Al ritorno di sera lo trovai davanti alla porta di casa mia, ad aspettarmi, cosa vuole questo? un risarcimento danni? mi chiesi <<Si può sapere come sai chi sono?>> <<Sono un poliziotto, è il mio lavoro tesoro. Sto indagando sulla caduta del tuo vicino di casa>> <<Ok ma che cosa ci fai qui?>> <<Volevo scusarmi per il mio comportamento di questa mattina, per averle mancato di rispetto, ho pensato che potessimo uscire insieme per un aperitivo, se è disponibile>> <<Certo due minuti e arrivo>> Non avevo usato molto tempo per decidere e le conseguenze furono catastrofiche. Uscimmo per 2-3 mesi fin quando non mi propose di andare a convivere: <<Siamo adulti e non vogliamo perdere tempo, quindi perché non ti trasferisci da me?>> Accettai, a quel tempo ero affascinata dalla sicurezza del suo lavoro, una casa e tutto. Due settimane dopo conclusi il trasloco e tutto sembrava perfetto, ma cambiò in qualche giorno, quando disse prima di uscire: <<Dove stai andando? in discoteca? a prostituirti per strada? No quindi levati quel trucco>> Pensavo che fosse solo premuroso ma poi le frasi si trasformarono in <<Sei carina con quella gonna non voglio che altri uomini ti guardino>> o <<c'è troppo scollo lì o lo cambi o non esci>> Ma lì pensi ancora che ti stia proteggendo e ripeti che lo ami, che lui ama te, che lo fa per te, che ha ragione ma la verità è tutta l'inverso. Purtroppo però quando te ne rendi conto è troppo tardi. - Alvaro mi strinse le mani come per dire 'Ci sono io qui' - Poi dalle frasi passò ai fatti. Infatti non mi faceva più uscire di casa <<Le donne sono fatte per pulire e fare figli, non per lavorare>> così mi diceva - mi pulì una lacrima che mi stava scendendo - Non ho visto mia madre e Najwa per mesi e quando mi sono resa conto che era soffocante, non avevo nessuno per appoggiarmi. Dopo circa 10 mesi abbiamo avuto una discussione perché io volevo ritornare a lavorare, cercare un lavoro dopo che quello precedente l'avevo perso a causa sua. Alla fine cedette, ricominciai ad uscire ma nemmeno la città mi sembrava più la stessa. Come immaginavo nessuno voleva assumermi, non avevo titoli di studio sufficienti o Master, nulla. Ogni giorno tornavo a casa sfinita e trovavo il mio compagno che aspettava solo di portarmi a letto, all'inizio tolleravo ma dopo un po' era diventato insopportabile. Così un giorno, stanca, andai da mia madre truccata benissimo per nascondere le botte <<Ciao figlia mia>> mi accolse mia madre a braccia aperte <<Mama ho bisogno di un abbraccio>> Così mi abbracciò e per un momento tutto il male scomparì <<Cosa c'è hija?>> mi chiese subito. Io lì, senza dire nulla, scoppiai a piangere. In pochissimo tempo il fondotinta si levò e comparve l'occhio nero. Mia madre mi obbligò a raccontarle tutto e pianse con me <<Lo devi denunciare>> mi disse alla fine <<è nella polizia non servirebbe a nulla se non a farmele dare di più>> Me ne andai con la promessa che ci avrei pensato, ma la certezza che non avrei potuto fare nulla. Andai anche da Naj, la mia migliore amica, anche lei notò subito l'occhio nero, mi obbligò a svestirmi per vedere se avessi qualche altra ferita: ero piena di lividi e graffi, ematomi e neanche me ne ero resa conto. <<Se ti serve un lavoro, entra in società con me. Voglio aprire un ristorante, tu sei un'ottima cuoca, pensaci. Domani chiamo un professionista e poi ti faccio sapere>> Quello fu l'accordo con cui lasciai casa sua, contenta di aver finalmente un lavoro, per rientrare a ''casa'' - Feci segno con le mani, prima che ritornassero con quelle di Alvaro, il quale aveva gli occhi lucidi quanto me e quasi piangeva - Entrata Alberto aveva non bevuto così tanto da essere ubriaco ma aveva bevuto: <<Cosa pensi di fare? Ti avevo proibito di andare da tua madre da quella puttana della tua migliore amica. Primo schiaffo. non capisci nemmeno le frasi base cazzo. Ti avevo detto di no e tu lo hai fatto. Adesso me la paghi>> Secondo schiaffo. 

ALLERTA: SCENE VIOLENTE---------------

Così dicendo mi scaraventò con la schiena al muro, si abbassò i pantaloni, alzò il mio abito e senza preliminari né nulla mi penetrò, urlai, ma lui continuò, tappandomi la bocca. Lì sentivo solo dolore, neanche un briciolo di piacere, avevo male dappertutto. Quando lui venne dentro di me e mi schiaccio ancora di più al muro provai ad andarmene ma sapevo che non avevo chance. Mi vide subito e mi condusse in bagno, là mi denudò, si tolse i pantaloni e mi portò in doccia, spinse il mio corpo contro la parete con una forza che non pensavo possibile e inserì il suo cazzo nel mio ano. Urlai ancora più forte, così accese l'acqua per coprire le mie urla, dopo la soddisfazione, ovviamente solo sua come quando mi costringeva a fare sesso le sere, si spostò davanti e alzandomi una gamba mi penetrò da dietro, non era mai stato così profondo e doloroso: non sentivo più nulla e mi veniva da svenire. Quando finalmente venne e mi lasciò, iniziai a sanguinare ma non poco, moltissimo come se avessi un'emorragia in corso. Lui andò via chiudendo la porta a chiave, io, mi girava tutto, non riuscivo ad alzarmi ma solo ad urlare: Aiuto, con tutte le forze che avevo, intanto continuò il flusso di sangue incessante. Il mio vicino urlò di rimando e io riuscì solo a dire: chiama un'ambulanza e mia madre, fai entrare solo a lei. Così persi i sensi. Mi raccontarono poi che mia madre era arrivata subito ma aveva dovuto aspettare i pompieri per sfondare la porta, io non rispondevo e lei stava male. Alla fine arrivarono, lei entrò per prima in bagno e mi vestì in modo da coprirmi. Quando entrarono i sanitari non rispondevo e sanguinavo, mi trasportarono in codice rosso all'ospedale dove un team di ginecologi mi stava aspettando. Entrai subito in sala operatoria, era un continuo ricambio di sacche ma ne perdevo troppo. Fecero il raschiamento e scopriranno che avevo l'utero, le tube di Falloppio e le ovaie gravemente danneggiati. Cercarono di salvare il tutto ma alla fine mi salvarono ''solo'' la vita. Non posso più avere i bambini, non diventerò mai mamma e sono a pezzi'

FINE PEZZO-------------------------------------

Scoppiai a piangere copiosamente, non l'avevo mai raccontato così a nessuno, mai, lui era la prima persona. Alvaro mi attirò in un abbraccio che mi fece subito sentire a casa, come quelli di mia madre, quanto mi mancava. 'Sono qui Itzi, non succederà più, te lo prometto' Continuai per una decina di minuti, lui mi strinse sempre più forte e pianse con me. Quando mi soffiai il naso e mi sistemai, lasciai le sue braccia e appena lo feci le labbra di Alvaro trovarono le mie in un bacio pieno di amore e affetto. 


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