4. Psicopata

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Dopo aver tenuto quella conversazione con Sierra, in cortile, Zulema si sentiva sollevata. Non lo aveva fatto tanto per ricordarle che le doveva un favore, o per spiegarle che non la riteneva responsabile della sua cattura, quanto per cercare di capirla meglio ed avere un controllo sulla situazione.

In quel carcere, Sierra era come un pezzo importante di una scacchiera, del quale non ci si può mai dimenticare, sia come alleati che come nemici. Sapeva che era intelligente, determinata, spietata, ma, soprattutto, orgogliosa. Ed il suo orgoglio era ciò che la muoveva costantemente, un motore talmente potente da averla trascinata nel tranello del Professore. Zulema sapeva bene che non è possibile ignorare una persona del genere; si può solo temere e rispettare. Ancora non sapeva se mai avrebbe avuto bisogno di lei nella sua scacchiera per l'evasione, ma certamente l'avrebbe osservata e studiata in ogni momento, tenendo d'occhio ogni sua mossa, cercando costantemente una chiave per sfruttare il potenziale che quella donna rappresentava.

Aveva visto dalla balconata la scena con Julia e le altre e mentre la portavano via si erano scambiate uno sguardo, forse di rispetto, forse di approvazione.

Alicia non sarebbe stata la solita novellina che entra in carcere e ci mette un po' a capire come funzionano le cose. Lei le aveva già ben chiare e quella pugnalata violenta alla detenuta attualmente più pericolosa del carcere ne era stata la dimostrazione.

Di certo, si sarebbe attirata addosso tutte le ire delle detenute che fanno uso di droga, rovinare quel mercato le sarebbe costato caro, letteralmente. Si sapeva, quando mandi a puttane il traffico di qualcuna, poi ti tocca ripagare tutte le dosi che sono andate perse, con tanto di interessi. E, se non lo fai, rischi di trasformarti in una serva.

Ma non sarebbe stato il caso di Alicia, però. Non si sarebbe mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno. Sarebbe morta piuttosto che leccare la figa a qualcuna.

Di certo, qualche giorno di isolamento le avrebbe permesso di escogitare un piano per sfuggire all'ira che le si sarebbe riversata addosso non appena fosse ritornata ad indossare la tuta gialla.

Si voltò per dire qualcosa a Macarena, ma si rese conto che non era più al suo fianco. Poco male, non le importava, non dovevano per forza passare tutto il giorno appiccicate.

Tornò in cella con l'intenzione di riposare la gamba, stava guarendo visibilmente, ma negli ultimi giorni l'aveva sforzata parecchio. Se voleva liberarsi di quelle maledette stampelle a breve, avrebbe dovuto andarci più piano.

Varcò la soglia della cella, sembrava deserta, ma un rumore attirò la sua attenzione, qualcuno stava tirando lo sciacquone. Era Maca, con gli occhi lacrimanti, il viso rosso e le vene del collo gonfie. Zulema la guardò di sbieco, ma non le fece alcuna domanda.

- Devo aiutarti a salire sul letto? - le chiese la bionda, senza troppe cerimonie.

- No. - rispose lei, arrampicandosi da sola come poteva, trattenendo una smorfia di dolore. - Penso che non ti farebbe male un giretto sotto la doccia. Sei ridotta male bionda, stai bene? -

- Sì, sto bene. Credo di non aver digerito quella merda che ci danno in mensa. -

Zulema annuì, anche se qualcosa non quadrava, mentre la guardava uscire dalla cella.

Si sdraiò, fissando il soffitto, lasciando che la sua mente iniziasse a dare forma ai suoi pensieri. Nonostante fossero passate più di due settimane dal loro arresto, non aveva idea di come avrebbero potuto andarsene. L'unico modo era l'evasione, questo era indubbio, ma dopo anni passati ad escogitare fughe, sentiva di essere a corto di idee e, soprattutto, a corto di mezzi. Non aveva nessuno all'esterno, non aveva nessuno all'interno, ma, soprattutto, non aveva soldi. O meglio, non aveva modo di accedere ai soldi che aveva fuori. Durante i mesi di rapine e clandestinità passati insieme a Maca, avevano messo da parte un bottino invidiabile, seminando banconote in diversi posti, in modo da rimanere coperte in qualsiasi evenienza. Ma ora, che si trovavano entrambe di nuovo in carcere e non avevano nessuno di fiducia da poter contattare all'esterno, tutto sarebbe diventato molto più difficile.

Una lampadina si accese improvvisamente nella sua mente.

Saray.

Saray aveva finito di scontare completamente la sua pena solo qualche settimana dopo la sua evasione, ma come contattarla?

I suoi pensieri furono interrotti da Macarena che rientrava in cella, bianca come un lenzuolo.

- Hai proprio una brutta cera, bionda, sicura di stare bene? -

Maca le fece un gesto con la mano, come a dire "no, ma non importa, lascia stare", arrampicandosi a sua volta sul letto e lasciandocisi cadere sopra a peso morto.

Zulema aggrottò la fronte, osservandola. Il tempo avrebbe dato una risposta alle sue domande, ma se le cose stavano come sospettava, le altre detenute avrebbero scoperto della sua gravidanza e quel bambino sarebbe stato in pericolo.

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Alicia fu letteralmente lanciata nella cella di isolamento.

- Complimenti Sierra, sei uscita stamattina e già non vedevi l'ora di tornare in questa gattabuia? Visto che i 10 giorni appena trascorsi non ti hanno insegnato niente, trascorrerai i prossimi 10 con un solo pasto al giorno. Forse così ti passerà la voglia di pugnalare le tue compagne di cella. -

Sierra sorrise, rimettendosi in piedi e lasciando che Millàn uscisse, sbattendo la porta.

Non le importava, sarebbe sopravvissuta, come sempre. Anche senza cibo, anche senza luce e senza aria. L'importante era aver raggiunto il suo scopo: dimostrare a tutto il carcere di che cosa era capace.

Si sedette sul materasso, odorava di vecchio e di chiuso, ma nemmeno questo le importava. Avrebbe avuto il tempo necessario per organizzare i pensieri ed elaborare strategie per prepararsi alla guerriglia che si sarebbe scatenata nei prossimi giorni. Anche se ora la maggior parte delle detenute la temevano, aveva completamente distrutto il traffico di droga di quelle tre puttane, ci sarebbero volute settimane per recuperare tutti i grammi persi e per trovare nuovi modi per introdurla in carcere. Si era tirata addosso le ire di tutte le drogate e le trafficanti, insieme ad un enorme debito in denaro sulle spalle.

Non le avrebbero reso la vita facile, ma la sua vita non era mai stata facile, in fondo.

Un sorriso sadico si dipinse sul suo volto mentre il suo corpo veniva pervaso da un'adrenalina che non aveva provato per lungo tempo.

Finalmente, avrebbe potuto dimostrare a tutti chi era, senza temere le ripercussioni legali che la avevano sempre tenuta intrappolata nei vincoli dettati dalla legge.

Probabilmente non sarebbe mai uscita da quel posto.

Allora, tanto valeva dare sfogo alla sua personalità, no?







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Vi prometto che parlerò di Raquel.

PAZIENZA RAGA.

Comunque scusate. Cioè, aggiornamento il mercoledì, ok, ma sono le 23, sono una brutta persona, ma sono busy e non so neanche che giorno è a volte ahahahah

Vi voglio bene e comunque vi posso giurare che non mancherò mai un appuntamento ❤️

Ciao.

Gina.







No tengo miedo a llorar (sequel di -No me jodas-)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora