8. Por despecho

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Spostarsi in qualsiasi luogo del carcere era ormai diventato improponibile. Tutti, secondini compresi, avevano compreso che tra Zulema e Macarena c'era molto di più che una semplice alleanza. Qualcuna le derideva, qualcuna le temeva, ma la maggior parte delle persone le osservava con malizia ed irriverenza, come a dire "alla fine, anche voi ci siete cascate!", facendo crollare i muri di durezza ed insensibilità che negli anni entrambe avevano cercato di costruirsi agli occhi delle altre. 

Come se non bastasse, era impossibile avere un momento di intimità. Avevano fatto "coming out", come si dice in questi casi, con la consapevolezza che non avrebbero avuto la vita facile, ma sapendo che fosse la scelta migliore per la gravidanza di Macarena. Avevano silenziosamente sperato, però, che questo potesse anche liberarle dalla costante necessità di trattenersi, dall'impossibilità di sfiorarsi e di trascorrere il tempo insieme come avrebbero voluto. 

Si sbagliavano. 

La verità era che, tra l'infortunio di Zulema, l'ombra di Sierra che aleggiava ovunque, i secondini frigidi che non tolleravano le manifestazioni di affetto in pubblico e le altre detenute che non vedevano l'ora di ficcare il naso nella loro intimità, era impossibile trovare un momento in cui passare del tempo insieme come desideravano. 

Era passato qualche giorno dalla telefonata di Raquél e Zulema aveva deciso di non dire nulla alla bionda. Ogni cosa a suo tempo. 

Anche perché, in realtà, l'unica priorità in quel momento era quella di riuscire a trascorrere un po' di tempo in tranquillità con lei. Nonostante vivessero e dormissero insieme, stava diventando tutto estremamente frustrante. Insomma, non erano il tipo da mettersi a scopare in cella apertamente davanti a tutte le altre compagne, no? E nemmeno quelle da manifestare effusioni d'amore in corridoio o in cortile. Anche se ormai tutte sapevano della loro relazione, per entrambe era davvero difficile anche solo sfiorarsi in pubblico. L'unico momento in cui potevano concedersi di stare attaccate era di notte, ma nient'altro. 

La sirena che segnalava la chiusura delle celle suonò e di lì a poco le luci si sarebbero spente. Era un po' di tempo che Sierra se ne stava per i fatti suoi e la cosa stava iniziando ad insospettire Zulema. In cortile, il giorno in cui era entrata a Cruz del Norte, le aveva detto che non la riteneva responsabile della loro reclusione, ma aveva anche messo in chiaro di come le loro vite non avrebbero assolutamente dovuto incrociarsi. Ognuna per la sua strada. 

Ma ora, sembrava che Sierra avesse apertamente intenzione di infrangere quella tregua. Farsi assegnare alla loro cella, al letto di Macarena, barattando l'uscita dall'isolamento in cambio di chissà che cosa, era qualcosa che non poteva minimamente essere ignorato. Soprattutto quando ciò che presumibilmente aveva promesso ai piani alti del carcere era estorcere informazioni riguardanti Raquél ed il Professore.

O, semplicemente vendetta. 

In entrambi i casi, la situazione avrebbe potuto precipitare in ogni momento ed ogni minuto in cui non succedeva niente poteva rendere infinitamente più pericoloso quello che sarebbe potuto accadere dopo e loro, in quel momento, non erano molto pronte a difendersi. 

Le luci si spensero e le celle si chiusero. Le loro compagne di cella erano già tutte nelle proprie brande, compresa Sierra, che sembrava aver sviluppato un'anomala indifferenza nei loro confronti. 

Troppo anomala.

Zulema si arrampicò sul letto per prima, come al solito, coricandosi nell'angolo contro il muro, subito seguita da Maca, che la strinse da dietro. Il calore dei loro corpi a contatto provocò un fremito ad entrambe, facendo emergere l'astinenza che provavano da settimane. Le loro mani si toccarono, intrecciando le dita e stringendosi come ad aver paura di perdersi ed i loro respiri si fusero, regolarizzandosi e cullandole nel sonno. 

No tengo miedo a llorar (sequel di -No me jodas-)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora