14: La banda

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Raquél fu svegliata da un minuscolo raggio di sole che filtrava dalle persiane e le solleticava le palpebre. Aprì gli occhi ed osservò l'uomo con il quale aveva dormito tutta la notte. Inspirò profondamente il suo profumo inebriante, che in quelle settimane di incertezza le era mancato come l'aria. Poggiò dolcemente una mano sul suo petto nudo e gli accarezzò una guancia con le labbra. Sergio si riscosse, stringendola a sé prima ancora di aprire gli occhi e baciandola. 

- Vado a svegliare Paula e preparare la colazione. - affermò lei, scoccandogli un bacio sulla guancia ed alzandosi, coprendosi il corpo nudo con un lenzuolo. Lui la osservò allontanarsi, rapito dalla sua bellezza. 

Erano passati diversi giorni dal loro ricongiungimento ed erano successe parecchie cose. Avevano preparato un piano per l'evasione di Zulema e Macarena ed avevano già preso contatti con le persone che ne avrebbero preso parte. Non sarebbe stata un'impresa facile, ma, in fondo, avevano rapinato la Zecca di Stato e la Banca di Spagna, no? 

Marsiglia era andato a trovare Zulema in carcere, spacciandosi per il suo avvocato, per avvertirla del fatto che stavano cercando un modo per tirarle fuori. Il riscontro non era stato molto positivo, ma comunque più positivo di quello che il Professore aveva sperato. Insomma, dopo un tradimento simile è difficile aspettarsi che Zulema possa fidarsi di nuovo. Però, a detta di Marsiglia, le cose si erano svolte meglio del previsto. Probabilmente lei aveva davvero visto una possibilità di fuggire e non avrebbe esitato a coglierla, se avrebbe decretato che potesse valerne la pena.

- Mamma, usciamo a giocare un pochino con la palla? - le disse Paula, non appena ebbe finito di bere il suo succo di frutta.

- Certo Paula! Inizia ad uscire, metto via la colazione e ti raggiungo. - le rispose dolcemente.

La piccola sgambettò fuori, mentre Raquél iniziava a sparecchiare.

- Raquél, tra un paio di giorni arriveranno. Dobbiamo mettere a punto gli ultimi dettagli, così da essere pronti a spiegare loro il piano. Avremo poco più di un mese per prepararci. -

Lei gli sorrise, avvicinando il volto a quello di lui e sfiorandogli le labbra, sentendolo fremere.

- Che ne dici di fare il portiere? - gli disse, serissima.

Lui non poté far altro che ridere di fronte a quell'affermazione così fuori luogo. Nonostante avesse ignorato le sue parole, sapeva che le aveva recepite. Semplicemente si sentiva tranquilla e non voleva rischiare di trascurare la sua piccola un minuto di troppo.

- D'accordo. Non riuscirete mai a segnare!! - esclamò.

Scoppiarono a ridere insieme, con gli occhi ancorati l'uno all'altra ed un amore rifiorito, dopo tante settimane di lontananza ed incomprensioni.

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- Sono arrivati. - dichiarò il Professore, con un tono lapidale ed un tremolio nella voce. 

Raquél andò alla porta, non voleva perdersi il loro arrivo. In fondo, non si vedevano da mesi e quella poteva considerarsi a tutti gli effetti una rimpatriata. 

Il rumore dell'elicottero si faceva sempre più vicino, sempre più assordante, finché non apparve in lontananza. Volava sempre più basso e si posò a pochi metri dal casale, immerso nella campagna. 

Le pale si spensero, mentre lei e Sergio attendevano sulla soglia, impazienti. 

- Mamma, chi arriva? - 

- Degli amici, piccola. Ti staranno molto simpatici, vedrai! - 

Dall'elicottero scesero 5 figure familiari, con una borsa enorme alla mano ed uno sguardo fiero. Erano loro. Finalmente, dopo mesi, si sarebbero ritrovati, anche se non tutti, anche se avevano giurato di non rivedersi mai più, anche se sarebbe stato meglio stare separati piuttosto che rischiare la vita per l'ennesima volta. Ma, in fondo, erano pur sempre una banda, no? Ed una banda rimane una banda per sempre, non cambia la sua natura, anche se cambiano i tempi. 

E così, Sergio e Raquél ritrovarono alcuni dei membri della banda, che avevano miracolosamente accettato la proposta del Professore: 

Marsiglia, veterano e fedele soldato. 

Palermo ed Helsinki, che, nonostante i mesi passati a raccontarsi le favole sul Bum Bum Ciao, avevano finito per decidere di condividere insieme la vita; fidanzati o meno, insieme si sentivano un po' meno soli e se avevano accettato di tornare indietro per aiutare il Professore in questa folle idea dell'evasione, era solamente perché avevano bisogno di ricordarsi cosa significa aver paura di perdere la persona a cui tenevano di più. 

Infine, Tokyo e Rio, che erano riusciti miracolosamente a ricucire il loro rapporto completamente squilibrato ed a ritrovare un equilibrio nel casino della loro relazione. Perché si trovassero lì? Non c'era un motivo ben preciso. Il fatto era che Tokyo era una bomba ad orologeria e per reggere una relazione stabile con il piccolo Rio aveva bisogno di adrenalina e di avventura. In quel modo, almeno, sarebbero stati insieme ed avrebbero partecipato ad un colpo sensato, senza rischiare di ripetere le stesse cazzate che poi li avevano portati a pianificare il colpo alla Banca di Spagna. 

Mancavano solamente Stoccolma e Denver all'appello. Ma, comprensibilmente, non se l'erano sentita di rischiare la vita per delle persone a cui, in fondo, a loro non interessava nulla, soprattutto con il piccolo Cincinnati che esigeva maggiori attenzioni ogni giorno. 

Si abbracciarono tutti, felici nel potersi rivedere ed elettrizzati all'idea di essere stati nuovamente ingaggiati per un'impresa folle. Per loro, quello era ormai diventato il pane quotidiano, indispensabile per riuscire a mantenere una stabilità mentale all'interno di una vita che, ormai, di normale non aveva più nulla. Potevano darsi alla pazza gioia, ricchi sfondati e senza responsabilità e preoccupazioni, in angoli del mondo completamente introvabili. 

La verità, però, era che nessuno di loro aveva la stoffa di chi conduce una vita normale. 

La verità, era che nessuno di loro era in grado di sopravvivere per più di qualche mese senza mettersi in testa di combinare qualche cazzata, giusto per non soccombere alla noia. 

Ora, di nuovo, il Professore stava dando loro uno scopo. 

In realtà, questa volta, sarebbe stato un pochino diverso rispetto alle due precedenti. Niente denaro da rubare o da stampare, niente oro da fondere, niente da dimostrare alla stampa e nessun pretesto per portare l'opinione pubblica dalla propria parte. 

Ma, suvvia. Chi aveva mai pensato di occupare un fottutissimo carcere, prendendo in ostaggio detenuti e guardie, al solo scopo di far evadere qualcuno? 

Sarebbe stato, per la terza volta, uno dei colpi più famosi della storia. 

Forse non rispecchiava gli ideali dai quali erano stati mossi durante le due rapine precedenti, ma che importava? Occupare Cruz del Norte sarebbe stato un gioco da ragazzi, dopo essere usciti inermi da una rapina alla Zecca ed una alla Banca di Spagna.

Tutti avrebbero parlato di loro, di nuovo. 





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Capitolo un pochino più corto... Ma è il trampolino per i prossimi avvenimenti.

Arriviamo ai capitoli decisivi. 

Sappiate che vi ho voluto tanto bene e ve ne vorrò sempre. 

Ciao. 

Gina. 

No tengo miedo a llorar (sequel di -No me jodas-)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora