11. Bella Ciao

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Una settimana prima.

Dopo mesi di clandestinità, il Professore si era finalmente risoluto a mettere fine a quella situazione così incerta. Se c'era una cosa che aveva sempre fermamente odiato nella vita, era procrastinare circostanze dubbie ed impreviste, senza un piano, senza un obiettivo, in un limbo apparentemente senza fine e senza scopo. 

Aveva, però, preso consapevolezza che quel periodo in balia degli eventi gli era stato utile per ritrovare sé stesso. Aveva sofferto, aveva provato dolore, rabbia, risentimento, frustrazione e si era reso conto di quanto fosse cambiato nei mesi trascorsi con Raquél, dopo la rapina alla zecca. Ma poi, da quando l'avevano rinchiusa in carcere, tutto aveva iniziato a cambiare. Era come se avesse cominciato a fare dei passi indietro, a tornare il freddo calcolatore che era sempre stato, incapace di mettere le emozioni davanti alla capacità di prevedere il mondo che lo circonda. 

Ed era stato proprio questo atteggiamento a portarlo nella situazione attuale, ma qualcosa doveva essere andato storto, perché tutto quello che era successo era totalmente imprevisto.

Perché quando si ama non è possibile prevedere le mosse dell'altro. 

Quando si ama non è possibile calcolare le reazioni dell'altro. 

L'amore è un fottutissimo sentimento spontaneo ed il Professore si era dimenticato come si facesse a viverlo. 

Così, annebbiato dalla frustrazione di non essere stato in grado di prevedere il tradimento di Zulema, che gli aveva rubato una parte del bottino accumulato durante la rapina alla banca, aveva deciso di vendicarsi, tradendola a sua volta. 

Si era dimenticato un dettaglio, però: Raquél non sarebbe stata di certo d'accordo. 

O meglio, si era dimenticato di rendersi conto che, nonostante tutte le spiegazioni razionali che lui avrebbe potuto darle in merito a quell'atto vile, Raquél non avrebbe mai accettato il fatto di essere stata a sua volta tradita dall'uomo che credeva di amare, ma che, a quanto sembrava, si stava ri-trasformando nel rigido calcolatore che era sempre stato. 

Aveva pensato che l'unico modo per redimersi sarebbe stato quello di tirare fuori dal carcere, di nuovo, Zulema, insieme a Macarena ed al bambino che portava in grembo, ma con il passare dei giorni aveva capito che quella mossa non l'avrebbe portato da nessuna parte, se non a mettere a repentaglio la sua libertà.

La soluzione, aveva concluso, era quella di trovare Raquél e dirle quanto l'amava. Dirle che se si era comportato in quel modo, nascondendole il suo piano, era stato per paura di perderla, cosa che, poi, l'aveva portato a perderla ugualmente. Ma che era proprio la paura di perderla ad avergli ricordato che era ancora lo stesso Sergio di cui si era innamorata.

Perché se aveva avuto paura di perderla, era perché l'amava.

E, quindi, quella bugia era stata detta per amore.

Ed un comportamento messo in atto per amore, per quanto vile, non è esso stesso una dimostrazione d'amore? 

Così, aveva contattato gli hacker Pakistani per aiutarlo a rintracciare la posizione di Raquél, per poi raggiungerla. 

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Bussò alla porta del casale, come se non ci fossero decine di telecamere ad aver rivelato la sua posizione già da diverso tempo.

- Raquél? Apri, sono io.-

Passarono diversi minuti prima che Raquél aprisse la porta e, quando lo fece, aveva in mano un fucile a pompa con un colpo in canna.

- Tranquilla, sono solo io. - ripeté Sergio, alzando le mani e facendo un passo indietro.

Lei lo osservò per qualche secondo, in silenzio, per poi abbassare l'arma e chiedergli:

No tengo miedo a llorar (sequel di -No me jodas-)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora