18: Venganza

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La porta dell'infermeria era chiusa, ma non a chiave, così Raquél poté entrarvi senza problemi.

Tutto era incredibilmente tranquillo. Letti rifatti ed ordinati immersi in un silenzio surreale in confronto a ciò che stava accadendo fuori.

Era tutto così tranquillo che si chiese se, chiunque ci fosse in infermeria (sempre che ci fosse qualcuno), avesse udito il fracasso che era appena successo fuori: sirene, spari, urla, discorsi all'interfono. Sembrava così assurdo, eppure, quando la porta si richiuse alle sue spalle, si rese conto di quanto quel luogo fosse isolato dal resto del carcere, a livello sensoriale.

Impugnò fermamente il suo mitra e si calò la maschera di Dalí sul volto. Non tanto per nascondere la sua identità, quanto per incutere un po di timore, nel caso ci fosse stata ancora qualche guardia, o il medico, o qualche detenuta.

Avanzò silenziosamente, cercando di rendere ogni suo passo il più felpato possibile.

Guardò in ogni scomparto, in ogni letto, per assicurarsi di non lasciarsi nessuno alle spalle.

Improvvisamente udì un rumore provenire da dietro una tenda, un divisore che separava i letti. Si immobilizzò, cercando di carpire le ombre oltre il tessuto, ma faticava a distinguere la figura che si celava dietro.

Poteva essere una detenuta ricoverata, qualcuno che stava cercando di nascondersi, oppure potevano essere Zulema o Macarena.

Fece un respiro profondo e qualche passo indietro, sporgendosi lateralmente e cercando di avere accesso alla visuale oltre la tenda.

Quello che vide le fece stringere il cuore.

Zulema giaceva sdraiata su un fianco, in posizione fetale, rivolta verso Macarena, che sedeva a fianco a lei. Entrambe erano immobili ed in silenzio, con lo sguardo vacuo. Riuscì a scorgere il viso di Zulema, rovinato da numerose ferite e caratterizzato da uno sguardo spaventosamente spento e vuoto. Aveva il braccio allungato verso il pancione di Maca, che le accarezzava il polso con una dolcezza così surreale da sembrare sofferente.

In qualche modo, per qualche motivo, quella scena le trasmise un'enorme dolore, un'enorme ed intensa sofferenza, una morsa strettissima alla bocca dello stomaco che portava con se un'enorme nodo alla gola.

Vederle così le fece capire che era successo qualcosa. Doveva essere successo qualcosa. Qualcosa di terribile. Qualcosa di irreparabile.

Perché, all'ora concordata per un colpo destinato a trasformarsi in un'evasione, Zulema e Macarena avrebbero dovuto trovarsi in tutt'altro luogo e non in infermeria, immobili ed apparentemente sconsolate.

Improvvisamente, quell'atmosfera venne rotta dalla porta dell'ufficio del medico che si aprí, con il dottore in camice bianco che si dirigeva verso le due donne.

- Zulema, prendi questo se dovessi far fatica ad addormentarti. È un tranquillante naturale, ti aiuterà a dormire stanotte. - le disse, porgendole un fazzoletto con all'interno due pillole piccole e verdi. Macarena lo prese al posto suo, dato che la mora non si mosse, non alzò nemmeno lo sguardo.

Quando il medico fece dietro front per tornare nel suo ufficio, Raquél decise che era il momento di palesarsi. Gli si paró davanti con il fucile puntato all'altezza della testa, esclamando:

- Non un altro passo o ti esplodo il cervello. -

Il dottore alzò immediatamente le braccia, terrorizzato da quell'incursione improvvisa ed inaspettata. Non riuscì nemmeno a formulare una parola, rimanendo pietrificato ed a bocca aperta.

- Ma cazzo, Lisbona, che modi sono! - esclamò Macarena, intromettendosi tra l'arma ed il medico: - Dottore, lei è Lisbona. Tranquillo, non ti ucciderà, a meno che tu non cercherai di uscire da quella porta. In quel caso potrei ucciderti anch'io. Lisbona, lui è il nuovo dottore. Beh, si vede dal camice. Ti prego di non fargli nulla di male. Voglio dire, per la prima volta, nelle carceri Cruz viene assunto un medico dotato di senno e di buon senso... Lasciamolo vivere, dai.-

No tengo miedo a llorar (sequel di -No me jodas-)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora