5. Una cama mas

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Zulema fu svegliata di soprassalto da un rumore che non avrebbe mai voluto sentire durante la notte. Si puntellò sui gomiti per cercare di distinguerne la fonte, nonostante la cella fosse solamente lievemente illuminata dalla luce della luna che filtrava attraverso il minuscolo vetro situato appena sotto il soffitto. 

Guardò in direzione della porta della cella, da dove proveniva il rumore e riuscì faticosamente a distinguere una chioma bionda. In effetti, il letto di Macarena era vuoto. 

Fece un respiro profondo e pazientò, sperando che la sua agonia finisse presto. Quelle nausee andavano avanti da troppo tempo, ormai era certo, non erano problemi di digestione. Era la gravidanza a disturbarla così e stava iniziando ad attirare l'attenzione di tutta la marea gialla. 

Attese che Maca passò tra i due letti per sporgersi ed afferrarle la spalla. La gamba le inviò una scossa di dolore, ma la ignorò. Fissò la bionda negli occhi per qualche istante, cercando di carpire le sue emozioni, ma vide solo una grande stanchezza. 

Le fece un cenno col capo, indicandole di avvicinarsi. Quando i loro visi furono ad un soffio di distanza, Macarena in piedi in mezzo alla stanza e Zulema sporta dal letto, le loro fronti si sfiorarono, senza perdere il contatto visivo. Nessuna delle due osava fiatare, nessuna delle due osava muoversi, qualcuna avrebbe potuto svegliarsi o, peggio, quell'incantesimo che si era creato avrebbe potuto rompersi. 

Durante quelle ultime settimane di reclusione non si erano mai permesse di guardarsi in quel modo in presenza di altre detenute, reprimendo ogni forma di affetto, ogni gesto che avrebbe potuto tradire la loro relazione. 

Ma ora, i fatti sarebbero diventati inequivocabili. Tutte avrebbero capito che Maca aspettava un bambino e quel bambino sarebbe stato l'oggetto di minacce di qualsiasi natura. Nascondere la loro relazione, forse, non sarebbe più stata la cosa migliore per lui, per loro. 

Zulema diede un morsetto al naso di Maca, rompendo quel momento di infinito. 

- Sali. - le sussurrò. 

La bionda la guardò per qualche istante nella penombra, cercando di scorgere un barlume di razionalità nei suoi occhi, ma si stupì nel comprendere che Zulema era completamente lucida e che quelle quattro lettere non erano state dettate dalla circostanza.

Le fece spazio, in modo che potesse sdraiarsi accanto a lei, voltandole le spalle e lasciando che i loro corpi si incastrassero perfettamente. Maca affondò il viso nel suo collo, godendo di quel profumo che per così tanto tempo le era mancato. La strinse da dietro, avvolgendola dolcemente e lasciando che lei le afferrasse la mano, intrecciando le dita con le sue. 

In quel momento, il tempo sembrò fermarsi. Non importava dove fossero, che ora fosse, o quali potessero essere i pericoli che le attendevano. Erano solo loro, cullate dal suono dei loro respiri e dal calore dei loro corpi, immobili. 

Solamente qualche ora dopo tutta quella magia si sarebbe rotta e, probabilmente, avrebbero dovuto affrontare l'inferno. Ma quella consapevolezza, così crudele, era ciò che alimentava la loro illusione, trasportandole in una dimensione senza spazio e senta tempo, in un eterno presente in cui esistevano solo loro. 

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La sirena della sveglia suonò, sorprendendole nella stessa posizione in cui si erano addormentate. Rimasero immobili per qualche minuto, cercando il coraggio di affrontare gli sguardi che avrebbero caratterizzato quella mattina. 

Almeno, non sarebbe stata la solita giornata noiosa. 

Delle risate provennero dal corridoio, subito rotte dal secondino in ronda: 

- Che cazzo c'è di così divertente? - disse, entrando in cella con il manganello in mano. Per fortuna che, dopo la morte di Sole, le cose sarebbero dovute cambiare. 

No tengo miedo a llorar (sequel di -No me jodas-)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora