Capitolo 5.

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Luogo sconosciuto, 1980.

-È incredibile quanto il normale funzionamento della vita umana proprio non ti appartenga.
Dice Riccardo, seduto davanti a me, in questa stanza completamente spoglia, con solo uno specchio a parete e due sedie metalliche, su cui siamo seduti io e lui. Io sono incatenata.
-Puoi vivere benissimo senza mangiare... almeno fino ad ora. Ma sono già passate tre settimane, non ho voglia di aspettarne altrettante o addirittura di più per piegarti. Non ne abbiamo il tempo, del resto. Quindi da oggi tornerai ad avere tre pasti al giorno. Sei contenta?
Silenzio.
-Dai, non fare il broncio, su. Fai un sorrisino a papino.
Gli sputo in un occhio. Con tutta la calma del mondo, si apre la giacca, infila una mano nel taschino interno, estrae un fazzoletto bianco con sopra in rosso G.D.(Gennaro Diele, la sua finta identità) e si asciuga l'occhio. Poi, con altrettanta calma, lo ripiega e lo infila nuovamente nel taschino interno della giacca. Fatto questo, mi dà un pugno all'occhio, tanto forte da acciecarmi, farmi un dolore immenso e quasi farmi perdere i sensi. Quest'uomo è stato selezionato tra tanti agenti dell'Hydra per dare il suo DNA a me proprio per la sua eccezionale forza e abilità atletiche. Io sono forte, appunto, al suo livello. Ma fa male lo stesso. Sputo sangue, col capo rivolto da una parte. Vedo il rosso macchiare il pavimento grigio.
-Non mi piace quando fai la bambina. Non ti si addice. Perché non mi dici semplicemente quello che voglio sapere?
Silenzio.
-Ah, la cara e vecchia lealtà. Tu sei convinta che mamma Hydra debba essere onorata. Sennò sai che delusione...
Si accende una sigaretta. Poi va a poggiare la schiena alla parete davanti a me.
-So che per proteggere ogni segreto della cara e vecchia mamma tu arriveresti addirittura a morire.
Dà un tiro alla sigaretta e si gratta la fronte.
-La morte di un singolo non conta, vero?
Silenzio. Dà un ultimo tiro alla sigaretta, la butta in terra e la calpesta con la punta del piede. Poi si avvicina, si apre la giacca e tira fuori una pistola. Non me la punta addosso, la tiene solo in mano, come se fosse un oggetto qualunque e di nessuna importanza.
-Sai cosa voglio sapere. Sai anche il perché voglio saperlo - nel mentre che parla, estrae una scatolina con dentro dei proiettili e carica la pistola.
-E sai anche che tutta questa buffonata del terrorismo rosso e nero è una creazione della tua mammina, per vedere di far fuori qualche persona scomoda.
Caricata la pistola, la usa per grattarsi la fronte. Poi la mette dentro la giacca, dove stava prima.
-Questa cosa non può durare. Io lavoro per i buoni, ora. Bisogna fermare questa fesseria. E mammina deve morire.
Lo guardo.
-Non aver paura. Una volta morta la mamma, vedrai che riuscirai a trovare un senso alla tua vita. Certo, dovrai prepararti a invecchiare e a non essere più attraente... non esiste l'ibernazione nella società civile.
Ride.
-Già, tu non hai idea di quello che succede fuori. Del resto, non l'avevo neanche io. Ora mi sono fatto una vita, una moglie, figli, una carriera non illegale. Vedrai che anche tu riuscirai a cavartela. Tutto quello che devi fare è parlare.
Silenzio. Questo in particolare dura qualche minuto.
-Sai, il Soldato d'Inverno è stato più facile da piegare. Ma come poteva non esserlo? È bastata l'ipnosi. Per te invece è più difficile. Tu non puoi essere ipnotizzata.
Lo guardo, perplessa.
-Ho detto qualcosa di sbagliato?
-Cosa c'entra il Soldato d'Inverno?- chiedo.
-Allora sai parlare!
Ride.

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-Ciao, ESF173. Anche se ora so che ti fai chiamare in un altro modo. Dico bene?
Dice la figura, incappucciata e in penombra. Mi tiene le mani sulle spalle e mi spinge sul muro, accanto a dei cassonetti, con una forza molto superiore alla media.
La voce la conosco. Gli scopro il volto. È lui.
-Sei venuto per uccidermi?
-No, sarebbe uno spreco. Sono venuto qui per te appena ho saputo.
-Cosa hai saputo?
-Oh, tu non lo sai, vero?
Silenzio.
-Il mondo crede che ci sia il tuo fidanzatino dietro l'esplosione a Vienna.
-Cosa?
-Hanno trovato delle immagini fatte da videocamere di sorveglianza vicino al luogo compromettenti.
-Non ti credo.
-Non farlo, è tua la scelta. Ma di certo non lo lasceranno impunito.
Lo spingo per allontanarlo da me. Sebbene anche lui sia forte, io sono più forte. Sono fatta di Vibranio.
-Sparisci - dico, facendo per andarmene.
-Pensavo che la vita del tuo caro compagno ti avrebbe importato. Invece morirà, nella tua indifferenza. Che bellezza, l'amore.
Mi fermo, mi giro e lo guardo. Vado verso di lui, come una furia, lo prendo, lo sollevo e lo sbatto al muro.
-Cosa stai dicendo? - chiedo.
-Accidenti, sei forte, eh?
-Non possono ucciderlo.
-Beh, diciamo che lui ha diverse macchie rosse nel suo passato. Crimini umanitari, se così possiamo dire... era l'asso nella manica dell'Hydra.
-Lo ero anch'io, avrebbero dovuto cercare e arrestare anche me. Sanno che sono viva. E sanno che sono con lui.
-Questo è vero. Ma questa cosa è grossa. Sono morte delle persone, tra cui il Re di Wakanda. Ed è successo dopo il crollo dell'Hydra. Se prima chiudevano un occhio sul suo passato, ora non hanno più scelta. E tu non sei tra i sospettati. Non ci sono prove contro di te. Per questo non ti stanno cercando. Anzi, dubito che sappiano della tua esistenza. Ma Barnes... beh, lui è decisamente un obiettivo più grosso di te. Tu operavi nell'ombra, la sua fama invece la conoscono tutti. Non ha scampo. Per questo Capitan America è venuto a salvare il suo amichetto. Sa cosa gli aspetta.
-Gli Avengers lo vogliono proteggere dopo quello che pensano che abbia fatto?
-Non tutti, no. Ora sono divisi. Chi ha accettato gli accordi di Sokovia e chi invece si è rifiutato. Rogers è tra i disertori. E ora, per aver cercato di salvare il suo amichetto, è un criminale.
Silenzio. Lo lascio cadere a terra e indietreggio.
-Allora... - riprende, alzandosi -... vuoi salvare il tuo fidanzatino oppure no?
-Perché lo stai facendo? Cosa vuoi da me?
-Da te? Niente. Voglio solo vederli marcire, finalmente. Meritano di essere dimenticati, sepolti, annientati. Così come hanno fatto in Sokovia, a Lagos... e sospetto anche a Vienna, per procrastinare la firma degli accordi. E so che salvando Barnes li metteremo l'uno contro l'altro.
-Tutt'a un tratto sei diventato un buon samaritano?
-No. Ma quella è un'organizzazione peggiore dell'Hydra... e la stanno passando liscia. Io ricordo cosa mi hanno fatto, come mi hanno torturato quando venni catturato in missione. Loro non possono rimanere impuniti. Devono pagare ogni singola goccia del sangue che hanno versato.
Silenzio.
-Non so se crederti. Non mi fido di te. Quindi guardati sempre le spalle d'ora in avanti. Ma sai dov'è Bucky. Ed è l'unica cosa che mi importa. Poi, ognuno per la propria strada.
Mi guarda, mi porge la mano. La stringo.
-Abbiamo un accordo, allora - dice, sorridendo.
-Così sembrerebbe.
-Bene. Ci vediamo in questo vicolo domattina. Partiamo per Berlino.
-Berlino?
-Si, Berlino.
Detto questo, si mette il cappuccio, si gira e se ne va.
Io resto lì, da sola, in quel vicolo per ore, per cercare di tranquillizzarmi. Nessuno, se non qualche gatto, è passato davanti a me. Nessuno mi ha notata, nessuno mi ha vista, nessuno mi ha cercata.
La gente attorno al palazzo se ne va via piano piano, così anche la polizia. Le voci, il chiacchiericcio, le sirene, tutto quanto piano piano va scomparendo. Rimane solo il silenzio e l'oscurità. Prendo un grosso respiro e decido di tornare dentro, di entrare nel nostro appartamento e affrontare il Vuoto che ci sarà. Perché so che ci sarà.
Entro nel palazzo. Ogni scalino ha un peso quasi insopportabile. La realtà che Bucky non sarà in casa ad aspettarmi mi colpisce come se fosse un proiettile. La televisione sarà spenta, la radio pure e forse non ci sarà neanche la corrente. Dio solo sa cos'è successo in quell'appartamento.
Noto che mano mano che salgo le scale buie, le ringhiere sono rotte e penzolanti, a terra della calce cascata dalle pareti a seguito di botte o cose del genere, lo vedo dai segni che sono rimasti.
Ecco che arrivo al portone, che è a terra. La polizia ha chiuso l'ingresso con cartelli e strisce. Tolgo tutto quanto e infine entro. Vetri, cemento, porte, imposte, vestiti, cibo, tutto in terra e tutto distrutto. La televisione è completamente rotta, il materasso forato da proiettili. Il frigo perde acqua. Noto sul pavimento il suo quadernino. Lo raccolgo. E sotto il pavimento è bucato. Il suo zaino è sparito. Spacco le tavole del pavimento attorno al buco e il mio zaino è ancora lì. Io sono ancora lì. A quella vista, crollo e piango. Non posso più resistere. Cerco nelle tasche dei miei vestiti un fazzoletto, ma invece del fazzoletto trovo qualcos'altro. Il test. Ed è positivo.

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Perdonate il ritardo!!! Rileggerò e controllerò errori stasera, però intanto eccolo qua!
Alla prossima settimana!
EggWoman1

Il Vuoto dopo il Tutto. || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora