Capitolo 12.

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Non riesco a staccare gli occhi dal monitor. Non riesco a distogliere gli occhi da ciò che sta succedendo. Iron Man, Capitan America e il Soldato d'Inverno stanno lottando tra di loro. Per lo più, però, Bucky sta cercando di fuggire. E Steve sta cercando di difendere il suo amico. Vorrei liberarmi dalle catene, uccidere Riccardo e andare a fermarli... ma non posso. Se anche provassi a fare un piccolo movimento, finirei fulminata. Riccardo anche questa volta ha agito bene. Sapeva che da solo contro di me, sebbene sia un super soldato, membro dell'armata che ora sta dormendo di là, non avrebbe comunque potuto farcela. Sono fatta di metallo, di vibranio, ora. E sapeva che l'elettricità è il modo migliore per immobilizzarmi e farmi sottostare alla sua volontà. Ha agito ancora una volta pianificando ogni singola cosa. Quindi sono lì, immobile, a fare il suo gioco. Guardo Bucky che è spaventato, venire picchiato a sangue, venire costretto a rivivere quei traumi che non lo lasciano stare e che inevitabilmente si porterà dietro per sempre. Bucky che è in questo momento obbligato a tornare a essere il Soldato d'Inverno. Ancora una volta.
-Era quello che volevi ottenere? - chiedo a Riccardo, che sta godendo della mia sofferenza. -Utilizzare lui per far soffrire me?
-Nient'altro avrebbe avuto lo stesso effetto. E a giudicare dalla tua faccia... direi che sta funzionando.
È vero. È una tortura sapere di non poter fare niente. Essere inerme e poter solo guardare... e sperare in meglio. Bucky non sa che sono qui, vicino a lui, che lo sto guardando e che non posso fare niente. Non so neanche se si ricordi di me. Ma di certo, in questo momento non conta. In questo momento conta solo sopravvivere. Sì, sopravvivere a sé stesso... e a Tony Stark.
Improvvisamente, sento delle gocce d'acqua calda scivolarmi lungo le guance. Sto piangendo.
-Siamo sentimentali.
"Me lo merito", non posso far altro che pensare. "Mi merito di essere punita. Mi merito di essere tratta così, di vedere Bucky in difficoltà e di non poterci fare nulla. Me lo merito, me lo merito!" Ora posso dire di capire la sofferenza che ho causato a quest'uomo che ora mi sta davanti, pronto a premere il pulsante del telecomando che ha in mano per darmi la scossa. Ora, che so cosa significa avere Tutto, capisco di avergli causato grande dolore. Ora che dal Nulla sono diventata Tutto... fino a rimanere Vuoto. Ma Bucky alla fine resterà vivo, come mi ha detto Riccardo. Sofferente, in esilio... ma resterà vivo. L'unica a morire sarò io. Perché io non ho lasciato la possibilità alla sua famiglia di salvarsi. Io sono stata senza pietà, esattamente come ora lui lo sarà con me. Io ho tagliato la gola a sua moglie, soffocato a morte sua figlia e sparato in testa a suo figlio. Io ho tolto la vita a quei bambini indifesi. Io non gli ho dato occasione di difendersi, così come ora lui sta facendo con Bucky, non intervenendo. Forse Riccardo è migliore di me. Sa che Bucky non c'entra niente. Sono solo io che devo soffrire... e alla fine morire. Bucky era sempre ipnotizzato, io invece sceglievo consapevolmente cosa fare.
Magari lui avrebbe voluto che io uccidessi anche lui. Forse avrebbe preferito morire che tornare a essere una pedina dell'Hydra. Forse avrebbe preferito morire con la sua famiglia e scegliere da solo come chiudere la sua vita. Avrebbe preferito il Nulla al Vuoto, dopo aver conosciuto il suo Tutto. E io me ne sono fregata. Io l'ho costretto ad essere il Nulla, di nuovo. L'ho costretto a diventare ciò che non voleva essere. Ho unicamente pensato al mio tornaconto. Mentre la sua vita è finita quel giorno, con loro, la mia, che con Bucky che sopravvivrà avrebbe potuto continuare, finirà oggi. Riccardo risparmierà Bucky, ma ucciderà me. Un pensiero mi tormenta:"E se sapesse che sono qui e che sto per morire? E se si ricordasse di me? E se si ricordasse il sapore della mia carne e l'odore del mio respiro? E se fosse qui con me?"
Spero solo che quando verrà a saperlo non soffrirà troppo. Spero che si rifaccia una vita... e che sia felice. E che Steve rimanga con lui. Magari non sarà troppo triste. Anzi, spero proprio che non si ricordi di me. È più facile superare qualcosa se non hai neanche idea di doverlo superare. Ma è doloroso per me ammettere questo. E mentre piano piano questi pensieri si attanagliano dentro di me, le immagini che sono costretta a guardare diventano sempre più strazianti e insopportabili da vedere. Ma non posso chiudere gli occhi, perché appena lo faccio Riccardo preme il tasto sul suo telecomando nero e così una scossa mi attraversa tutto il corpo, bruciandomi da dentro e provocandomi un dolore immenso. Alterno grida e soffocamento. "Devo guardare, devo guardare, devo guardare". Le lacrime scendono sempre più prepotentemente e non riesco a controllarle. Inizio a singhiozzare. Il respiro diventa sempre più affannoso. Se è questo quello che provava Bucky quando mi vedeva stare male a Bucarest, allora sono stata davvero un mostro a non volermi curare. Ed ecco che appena ci penso compare il mal di testa. Quel mal di testa, potente come al solito. Ora arriva anche la nausea e vomito quasi immediatamente con la comparsa del sintomo. Per vomitare, istintivamente il mio corpo si piega in avanti. Anche se mi muovo, Riccardo non mi dà la scossa. Già è abbastanza il vomito, forse. E percepisco che le catene che mi tengono legata alla sedia si sono piegate e sono a un passo dall'essere spezzate. Basta un soffio e si spezzeranno. E Riccardo non potrà più niente contro di me, perché io sono più forte di lui e mi ci vuole niente a spezzargli il collo. Non mi tiro su subito, con la paura che appena lo farò Riccardo noterà questo particolare e perderei il vantaggio. Fingo di dover vomitare ancora, rimanendo piegata. Passa qualche minuto, ma io non mi muovo di una virgola. Respiro affannosamente, dò qualche colpo di tosse e aspetto. Ed ecco che succede proprio quello che volevo. Riccardo mi afferra per il collo e mi tira su la testa. Quel movimento è talmente tanto forte, forse dettato dalla fatto che si sia spazientito, che le catene si spezzano. E riesco a liberarmi. Con entrambe le gambe lo calcio talmente tanto forte che gli faccio fare un volo di due metri, facendogli sbattere la schiena alla porta della stanza, inevitabilmente lasciando un solco. Mi tolgo le catene di dosso e mi alzo. L'adrenalina è a palla ed è per questo che magari non sento più nausea e mal di testa. Mi sento invincibile. Sento di avere finalmente di avere una possibilità. Riccardo si rialza agilmente e tira fuori un coltello e me lo lancia addosso. Riesco ad afferrarlo al volo e a riscagliarglielo addosso, ma lui lo schiva. Riesco solo a graffianti la guancia sinistra. Lui si porta una mano sulla ferita e poi si osserva la mano con sopra quel poco di sangue che può uscire da una ferita così lieve.
-Mi avevano detto che avevi una mira eccezionale... - ride - ... ho letto dai rapporti che hai centrato una mosca in aria con un coltello senza neanche guardare. Avranno forse esagerato?
-No, è successo davvero.
E prima che lui possa rispondere, rotolo  sul pavimento, gli tiro la caviglia e lo faccio cascare. Per finire, arrivo fino al coltello che ora era conficcato nel muro dietro di lui. Tirarlo fuori mi richiede qualche tempo in più di quanto avevo calcolato, ma riesco comunque a tornare a maneggiarlo. Ma prima che possa piantarglielo in testa, nel momento in cui mi giro col coltello in alto, mi pianta una pistola alla fronte.
-Che spreco inutile di energie. Perché non hai tentato semplicemente di uccidermi a mani nude? Volevi dimostrarmi di saper usare veramente un coltello? Non sono tuo padre, non hai bisogno di conquistare il mio amore.
Silenzio. "È arrivato il momento", penso.
-Che bello. Mi basta premere questo grilletto per vincere. Non la vittoria che avrei voluto... ma comunque una vittoria. E potrò dire a mia moglie e ai miei figli che li ho vendicati.
Si carezza la spilla a forma di margherita sul petto.
-In un colpo solo, madre colpevole e bambino innocente... che peccato che tu non abbia potuto provare l'amore che una creaturina ti può dare. Ma sai cos'è peggiore? Provarlo... e perderlo da un giorno all'altro... per poi non poterlo riavere più.
Tiene sempre la pistola puntata alla mia fronte. E io ho il coltello sempre in mano, con il braccio alzato. Mi guarda dritto negli occhi, con un sorriso, come se non avesse paura del fatto che potrei da un momento all'altro affondare il coltello nella sua carne.
-Ora che sono ad un passo da ottenere la mia vendetta... ad un passo dal farcela... voglio assaporarne ogni minimo istante.
Detto questo, abbassa la pistola e mi spara alla spalla sinistra. Grido dal dolore, lascio cadere il coltello dall'altra mano e mi premo la ferita. Mi spara di nuovo, al piede destro questa volta e così cado, perché non riesco a stare in piedi. E così, per terra, sanguinante, grido dal dolore. Lui mi si fa sopra e non si china. Mi guarda dall'alto in basso e mi punta la pistola alla fronte.
-Ciao ciao, mammina.
Ma in quel momento, succede qualcosa di inaspettato. La porta della stanza viene aperta ed entra un uomo vestito da... cos'è? Un gatto? Una pantera? Un felino nero, in ogni caso. Riccardo gli punta la pistola addosso e spara, ma i proiettili rimbalzano a contatto con la tuta dell'uomo. Questo gli si fa contro, togliendomelo di dosso. Col piede lo tiene fermo alla gola, ma Riccardo lo afferra per la caviglia e lo butta in terra, ma questo cade in piedi, trattenendosi al terreno con le sue unghie feline, lasciando dei solchi sul pavimento. Faccio per tirarmi su nel mentre che loro lottano, prima mettendomi sul fianco della spalla incolume e poi mettendomi in piedi. Non posso fare a meno di gridare dal dolore. Noto per terra la pistola di Riccardo, che sicuramente gli è cascata nel momento in cui il felino gli si è avventato contro. La afferro e gliela punto addosso. Premo il grilletto, ma sono finiti i colpi. La lancio, lontana da me e in quel momento noto il coltello che ho lasciato cadere prima. È lì, davanti a me, quasi come se mi stesse chiamando. Lo prendo e osservo la lotta e i movimenti che stanno facendo entrambi.
-Dov'è Zemo? - chiede il gatto.
-Ormai è troppo tardi per Zemo.
-Dimmi dov'è! - insiste lui. Ma Riccardo non fa in tempo a dargli una risposta sincera. Perché il mio coltello gli si conficca in fronte e lui cade a terra. Morto.
Il felino si gira a guardarmi.
-Chi sei tu?
-Mi chiamo Maria. Sono venuta qui con Stark.
-Sì, ti ho vista uscire con lui dal jet. Intendevo chi sei tu veramente.
-Un nuovo Avenger.
Quest'affermazione mi provoca inevitabilmente dei brividi e la pelle d'oca. "Cos'ho appena detto?"
-Ti conviene andare a fermarli. Non so cosa potrebbe succedere se qualcuno non intervenisse alla svelta.
Detto questo, lascia la stanza e va via correndo. E io rimango per un attimo ferma e sola lì, con davanti a me il cadavere di Riccardo che sta perdendo sangue dalla ferita alla testa. La pozza si sta facendo sempre di più grande.
Poi mi riprendo.
Bucky.
Devo raggiungerlo.

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Ecco un nuovo capitolo! Prossimo sabato o domenica! :)
EggWoman1

Il Vuoto dopo il Tutto. || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora