Capitolo 1.

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-Bucky.
-Mmh-mmh?
-Secondo te, i capelli mi ricresceranno?
-Penso proprio di sì... ci vorrà del tempo, certo, ma ricresceranno sicuramente.
-Non lo so... È da quasi un anno che sono calva. Sono stufa della gente che mi lascia il posto sull'autobus perché pensa che stia facendo la chemio.
-Abbi pazienza. Non sappiamo cosa ci abbiano fatto là dentro. La tua calvizie può essere un effetto collaterale che rientrerà a tempo debito.
-Vedremo...
Mi osservo allo specchio ormai da un quarto d'ora, una routine di tutte le mattine ormai da un anno a questa parte, da quando siamo venuti qui, a Bucharest, in Romania. "Non mi abituerò mai a questa vista", penso. Con le mani mi sfioro la testa calva, cercando di percepire anche la più leggera e debole ricrescita, ma niente. Le cicatrici, i lividi, i segni che quel periodo nelle mani dell'Hydra mi ha lasciato sono quasi del tutto scomparsi grazie al congelamento. Alcune piccole cicatrici si intravedono, ma non sono pienamente visibili. Il tatuaggio al polso sinistro, però, quello con su scritto il mio vero nome, ESF173, è rimasto. Quello non andrà più via. Purtroppo non si può cancellare il passato. E il mio passato è pieno di immondizia.
Sospiro, rassegnata all'idea di portami dietro ciò che vorrei buttare via, afferro la bandana rossa che avevo poggiato sul lavandino e la indosso, legandomela bene dietro.
-Sei bellissima anche con la bandana, se proprio lo vuoi sapere - dice Bucky, appoggiato alla porta del bagno. Ha una maglietta a maniche corte e incrocia le braccia.
-Lo sai che non mi importa essere bella e che non è la paura di non esserlo a lamentarsi di questo - dico, indicando la testa, ormai coperta dalla bandana.
-Lo so, ma credo che tu abbia bisogno di sentirtelo dire.
Lo guardo per qualche secondo. Lui mi sorride. Vado verso di lui e lo stringo a me e lui ricambia l'abbraccio. Mi dà un soave bacio sulla testa.
-Non mi stancherò mai di questo - dico.
-Neanche io.
Lo stringo ancora di più e lui emette qualche gemito di dolore.
-Magari ricordati che sei fatta di vibranio ora e che puoi farmi male.
Mi stacco e faccio qualche passo indietro, preoccupata all'idea di avergli appena fatto del male veramente.
-Scusa.
-Non ti preoccupare. Mi rassegnerò a morire schiacciato da te.
Ridiamo.
-Cominque anche io sono fatto di metallo, se non te ne fossi accorta - dice, alzando il braccio metallico, appunto.
- Me ne sono accorta. Però tu sai controllarlo. Io non ancora.
-Non essere cattiva con te stessa. Non devi essere sempre perfetta, non più. Almeno, non con me.
-Vorresti dire che non sono perfetta? - dico, ridendo.
-Mi dispiace deluderti, ma no, non lo sei. Sei un disastro.
Ridiamo e gli lancio un pugno alla spalla metallica. Buffamente, si sente un leggero "dong", come se avessimo dato un colpo ad un gong.
-Quanto sei simpatico. Il Soldato d'Inverno ha umorismo, gente. Non ci crederete, signori e signore, ma è così.
-Di che diavolo parli? Sono la persona più divertente del mondo.
-Menomale che te lo dici da solo.
Ridiamo ancora, ma una fitta improvvisa alla testa mi blocca completamente. Chiudo gli occhi, perché la luce al neon del bagno mi dà fastidio, è come se mi infilasse degli aghi negli occhi. Con le mani mi batto sulla fronte, cercando di allontanare la sensazione di spremitura del cervello che ho e che non mi dà tregua. Subito dopo sento che sto per perdere l'equilibrio, perché mi rendo conto che comincio ad oscillare. Bucky mi afferra subito, mi solleva e mi porta di là, straiandomi sul materasso che abbiamo in sala/cucina a mo' di letto e di divano. Una volta avermi adagiata sul materasso, va a prendere dei pisellini surgelati nel freezer.
-Non mi lasciano in pace. Non mi lasciano in pace! - dico, tra le lacrime per il dolore.
-Cerca di respirare.
Mi adagia i pisellini sulla fronte e io faccio dei respiri profondi, come mi ha consigliato lui di fare. Poco a poco, grazie anche al ghiaccio, il dolore si fa sempre più fievole. Non sparisce, ma diventa sopportabile. Apro finalmente gli occhi e lo vedo, con quell'aria preoccupata, come se fosse la prima volta che mi vede avere un attacco del genere.
-Meglio?
Annuisco.
-Se potessimo farti vedere da un medico...
-Non possiamo, lo sai. Che direbbero, poi? "Non abbiamo la minima idea di come lei faccia ad essere viva, mi faccia chiamare l'esercito per capire se stanno cercando di ritrovare un'arma che è scappata." Un po' come successe a Vienna.
-Lo so, Maria. Ma sono semplicemente preoccupato. Ormai hai attacchi tutti i giorni e più volte al giorno.
-Sopravvivrò.
-Non posso più congelarti per farti star meglio.
-Vorrà dire che mi terrò i dolori, le cicatrici, i lividi, i graffi e le bruciature che mi farò nel corso della vita. Non mi spaventano più.
Accenna un sorriso, poi mi dà un bacio sulla fronte. Si alza dal materasso e va a rimettere i pisellini nel freezer. Poi, poggiando la schiena al frigorifero, incrocia le braccia e mi guarda.
-Lo so a cosa stai pensando, Bucky. Non è colpa tua. Se non ci fossi stato tu probabilmente mi avrebbero ucciso, o peggio, avrei continuato ad uccidere per loro. Smettila di pensare di essere il responsabile delle mie condizioni.
-Magari ho sbagliato qualcosa. Sono un soldato, non uno scienziato. Sicuramente quello non era il modo di congelarti.
-È vero, non ne sono uscita perfetta. Ho i mal di testa, ho ancora qualche cicatrice visibile, sono zoppa, ma sono ancora qui. Mi hai salvato la vita.
-Però il fatto che sei calva ti fa soffrire.
-Ci sono state altre cose per le quali ho sofferto. Come rimedio alla calvizie ho le bandane... e potrei anche prendermi una bella parrucca. Che ne pensi?
Sorride.
-Sei bellissima anche così.
-E tu sei meraviglioso anche così.
-Anche così? Cioè? Come?
-Insicuro. Forse sei meraviglioso proprio perché lo sei.
Viene al materasso e mi dà un bacio. E poi un altro. E poi un altro ancora. Le nostre lingue danzano al ritmo della nostra musica interiore, che entrambi sentiamo e che non ha bisogno di essere suonata. Parte dai nostri cuori, suona all'unisono. Che bello, essere in grado di sentirla! Che bello stare insieme e non avere bisogno di nient'altro!
Mi tolgo la maglietta e il reggiseno. Lo accompagno dolcemente a stendersi sopra di me. Lui si toglie la maglietta e mi bacia ancora. Poi gli slaccio i pantaloni e glielo abbasso, lui fa la stessa cosa con i miei. Ed ecco che facciamo l'amore. Un gesto semplice, ma bellissimo. Avere la libertà di amare, di amarlo, ogni ora del giorno. Perché lui è mio e io sono sua. Questo è il mio Tutto. Lui è il mio Tutto. Alla fine, il nostro piacere diventa sempre più intenso e ne vogliamo sempre di più e sempre di più, fino ad arrivare al culmine. Il nostro respiro, ormai divenuto sempre più caldo, unito e intenso, cerca di rallentare e di calmarsi. Ci guardiamo e ridiamo.
-Vorrei portarmi con me questo momento per sempre - dice lui.
Lo bacio, ancora una volta.
-Abbiamo tutta una vita davanti. Io non ho intenzione di andare da nessuna parte... e tu?
-No, neanch'io.

-

Italia, base sotterranea Hydra, 1965.

-Siamo molto fieri di te, ESF173. In soli due anni dalla tua attivazione, hai dimostrato un grande talento.
-Come non avrebbe potuto? È stata creata per questo.
-Non c'è bisogno che ti ricordi gli altri esperimenti scientifici, Jon. Un fallimento dopo l'altro.
-Grazie, Ester, di certo non me ne sono dimenticato. Ero presente.
-Basta, ragazzi. Piantatela di stuzzicarvi. Lavorerete insieme per molto tempo. Non ha senso creare tensioni tra di voi. Poi siete persone selezionate dall'alto proprio per questo tipo di progetto. Non umiliate la vostra intelligenza perdendovi in sciocchezze.
Il terzo uomo è un uomo di mezz'età, calvo, molto muscoloso e alto. È vestito con una divisa nera, da cui spunta fuori il simbolo rosso dell'Hydra. Sembra capace di spezzarti le ossa solo con uno sguardo. Gira attorno alla sedia dove sono seduta, mentre la dottoressa mi misura la pressione. Jon, in un angolo della stanza, fuma una sigaretta.
-120 su 70 - dice la dottoressa, andando ad annotarsi la mia pressione sulla cartellina che aveva poggiata sul carrello accanto a me.
-Non mi somiglia affatto - commenta l'uomo imponente.
-Non ha importanza che ti somigli, Riccardo - dice Jon.
-Ha il mio DNA - risponde lui.
-Sì, beh, ha anche il mio...- dice la dottoressa -...eppure non somiglia neanche a me.
-L'importante è che funzioni, che faccia bene il suo lavoro. E mi sembra che su questo non abbiamo problemi - risponde Jon. -Non siete due genitori che discutono se il proprio figlio assomiglia di più a uno rispetto che all'altra.
-Non sei divertente, Jon - dice Ester.
-Non è nostra figlia, è un esperimento di laboratorio - dice l'uomo.
-Biologicamente, lo è - dice Jon.
-Non essere sciocco, io avevo dodici anni quando sono stata scelta per il concepimento. A quell'età non si diventa genitori - dice Ester.
-La fate finita? Non è una persona, è un'arma. E tu non sei sua madre, se è per questo. E io tantomeno sono suo padre. Quindi basta con queste stronzate e mettetevi al lavoro. Preparatela per la prossima missione. Siamo d'accordo? - dice, tuonando, l'uomo.
-Scusaci.
-Non fate i ragazzini, quali siete.

-

Eccomi!!!! Comincia una nuova avventura!! :)
Per chi si fosse appena aggiunto, questa è la seconda parte della trilogia del "Tutto"! Se volete, la prima parte è completata sul mio profilo, si chiama "il Nulla prima del Tutto"! :)
Per i vecchi affezionati, come state?
Scusate se da ora in poi pubblicherò più sporadicamente, ma sto lavorando un sacco (per fortuna!).
Un bacino e alla prossima! :D

Il Vuoto dopo il Tutto. || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora