Capitolo uno

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1.

Ayame Newgate era la figlia di Barbabianca, uno dei pirati più temuti nel mondo. Era una ragazza avventurosa, le piaceva visitare nuove isole e trarne vantaggi da esse. Le piaceva combattere, dimostrare a suo padre che anche lei poteva essere di aiuto alla sua ciurma, che non si faceva intimorire da niente e da nessuno e che era degna di essere chiamata con il cognome Newgate.
"Già sveglia?"domandò tranquillo Ace, fiore all'occhiello di suo padre.
Ayame si prese un momento per fissarlo: suo fratello era sempre così gentile e premuroso con lei che quasi non riusciva a spiegarselo come potesse essere possibile. Di fronte ai suoi nemici sembrava tutt'altro, così sadico, invincibile, quasi da far incutere timore anche al potente Barbanera. Riusciva a cambiare totalmente personalità in meno di un nanosecondo, non appena avvertiva il pericolo che potesse danneggiare le persone a lui care. E, d'altrocanto, lo aveva sempre ammesso, Ace, che loro ormai erano la sua unica e vera famiglia, visto che non era riuscito a conoscere il suo vero padre: Gol D. Roger.
Nonostante ciò, però, si vedeva quanto fosse orgoglioso di lui, lo si notava dal tono di voce che cambiava notevolmente, dalle parole usate per descrivere le avventure legate a Roger, quelle avventure che avrebbe potuto solo immaginare grazie alla lettura su di un misero quotidiano.
Ace era sempre stato quello più vicino ad Ayame nella ciurma, in un modo o in un altro, era sempre colui che riusciva ad aiutarla nel momento del bisogno, anche se questo, Ayame, non lo avrebbe mai ammesso.
Era giusto dire, però, che la ragazza ci teneva molto a lui, soprattutto perché lo considerava una persona di cui fidarsi fortemente, nonostante la continua competizione da parte della figlia di Newgate.
"Sì, leggi il giornale, Ace" disse paonazza, continuando "guarda bene cosa noti"
Il ragazzo sogghignò, portandosi una mano sulla nuca e strofinando la sua chioma corvina.
"Quindi ora dovrei cominciare a chiamarti Miss trecentomila berry?" chiede retorico, sapendo benissimo che quello, per Ayame, era davvero un grosso punto di inizio, più che un traguardo.
Per i pirati avere una taglia consistente sulla propria testa era eguagliabile ad aver raggiunto uno dei loro obiettivi. Dopo aver portato il caos a Marineford ed essere riusciti a liberare Ace dal braccio della morte, era giusto considerare tale aspetto.
"Beh" cominciò, alzandosi, "posso dire che ti sto per raggiungere, caro il mio pugno di fuoco" disse, marcando le ultime parole.
Ace, dal canto suo, scosse il capo e rise di gusto, "Ayame, dopo quel piccolo incidente a Marineford, dubito che tu riesca a raggiungermi. Guarda qua" indicò con il dito se stesso sul giornale "la mia taglia è pari a cinquecentocinquanta mila berry."
Ace riuscì a sentire uno sbuffo abbastanza evidente, seguito da uno scherzetto magico da parte della ragazza lì presente.
"Ayame,io ho i poteri del frutto Foco Foco, ti pare che questa sciocchezza possa davvero bloccarmi?" ridacchiò, sciogliendo velocemente le sue mani intrappolate dal ghiaccio.
Ayame possedeva i poteri del ghiaccio,aveva mangiato un frutto il cui potere era quello di replicare un qualsiasi altro frutto già mangiato da chissà quale individuo.
Appena scoprì che aveva inghiottito la copia del frutto Gelo Gelo una immancabile felicità le si dipinse in volto. Era sempre stata affascinata dal ghiaccio, dal portamento e dall'eleganza di Aokiji mentre lo comandava e dal timore che il poggiare un piede su un lago ghiacciato potesse comportare inevitabilmente dei danni. Proprio come succedeva a chi giocava con lei.
"Riuscirò a sconfiggerti, Ace" disse con tutta la sua determinazione.






"Mi raccomando, fate tutti attenzione" continuò poi Barbabianca "siamo qui solo per fare rifornimento, non voglio guai che possano rallentarci, sapete dove siamo diretti" disse molto duramente.
A quelle parole seguì un "tranquillo babbo" da parte di tutta la ciurma, tranne che da parte della ragazza.
Essa si soffermò a guardarlo e, nel frattempo, una miriade di pensieri le attraversarono la mente.
Perché non capisce che deve lasciarmi libera?, pensò Ayame.
Non appena Barbabianca le prestò attenzione, si accorse che non le aveva ripetuto ciò che ogni volta, nell'esatto momento in cui la sua amata Mobydick si ancorava, le diceva.
"Ayame, tu rimani qui"
Ace si fermò per un attimo, giusto per cercare di capire se tutto proseguisse nel migliore dei modi tra lei e Barbabianca. Ciò che, però, non sapeva, era che a breve si sarebbe scatenata una tempesta irruente.
"Non se ne parla" sentenziò la ragazza, serrando i pugni e fissando suo padre dritto negli occhi.
Ace dischiuse le labbra, quasi come se dovesse parlare, anche solo per dire una qualsiasi cosa che potesse fermare la imminente lite.
"Ace non intrometterti" d'un tratto i suoi occhi furono su quelli del ragazzo dai capelli corvini.
Ayame era stanca, stufa, di essere così sottovalutata da suo padre.
Voleva fargli capire quanto valeva, d'altronde lo aveva salvato, insieme alla sua ciurma, dalla Marina, da Barbanera, aveva aiutato Ace a scappare e tutto grazie al suo coraggio, alla sua forza e determinazione nel voler arrivare fin lì.
Non era giusto tutto questo, specie perché Ayame ci metteva costante impegno nel fare ciò che faceva.
"Ayame, ne abbiamo già parlato" rispose freddamente "non voglio venire o mandare qualcuno a salvarti perché hai combinato chissà quale casino"
Ace notò i pugni serrarsi, aveva timore che potesse succedere ciò che si aspettava.
Era pur vero, pensò Ace, che nella peggiore dei casi avrebbero solo gridato ma sapeva che quello non era un giorno come un altro per Ayame, aveva raggiunto una taglia consistente, stava finalmente ad un passo dal suo sogno e tutto questo era solo merito suo e della sua estrema forza.
Non appena Ace notò Ayame pronta per attaccare, scattò in fretta, riuscendo ad intervenire tra le due figure e sciogliendo l'attacco della ragazza.
"ACE TI HO DETTO DI STARNE FUORI!" gridò con tutta se stessa, cominciando ad attaccare anche il ragazzo con cui fino a poco fa, stava bellamente ridendo e scherzando.
D'altronde, però, Ayame era fatta così, ed Ace lo sapeva bene. Non era quel tipo di persona che avrebbe anteposto gli interessi degli altri ai suoi, era quel tipo di persona estremamente competitiva, specie se si trattava, come in questo momento, di mostrare la sua vera forza al suo imponente padre.

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