30.
Mi trovavo in un posto che non riconoscevo, sembrava tutto così reale. Girai su me stessa più e più volte, non capendo effettivamente dove fossi. Attorno a me c'era desolazione, un posto in rovina, decadente.
In me si fece spazio una sensazione strana, come se mi stesse avvisando di qualcosa, di un pericolo. Incurante di tutto ciò, decisi che - forse - la soluzione più giusta sarebbe stata quella di muovermi da quel punto e camminare.
Fui ansiosa di trovare un elemento che mi avrebbe fatto capire cosa mi stava capitando o che mi avrebbe potuto far riconoscere se tutto ciò fosse reale o meno.
All'improvviso una luce in lontananza: sembrava un posto già incontrato.
Era la locanda.
Di fretta mi ci avvicinai, poggiando una mano sulla maniglia della porta e rimanendo in quella posizione per un po'; non udivo alcun rumore, ne una risata, ne schiamazzi, niente di niente. Al contrario della prima volta che mi trovai lì, a varcare quella soglia, la situazione era diversa. C'era qualcosa che decisamente non andava, soprattutto perché alle mie spalle, ciò che si ergeva - oltre ad esserci solo mucchi di rovine - c'era anche un clima deserto, inquietante a tratti.
Quella sensazione di paura, dentro di me, si espanse sempre di più, costringendomi a girarmi per dare le spalle alla porta che mi avrebbe condotto dentro la locanda.Ciò che vidi dopo, mi lasciò senza fiato: sembrava come se tutto ciò che avessi osservato prima di arrivare nel suddetto punto, fosse una fantasia. Ora, al contrario, il luogo era pieno di persone, vivo. C'erano numerosi bambini che correvano giocando di qua e di là, venditori ambulanti e una bimba, apparentemente minuta, che attirò la mia attenzione.
Era sola, seduta a terra con lo sguardo rivolto verso due peluche di pezza che stringeva nelle sue piccole mani. Che si fosse persa?, che avesse bisogno di aiuto? Non appena ella alzò lo sguardò, notai che c'era qualcosa di veramente strano: aveva tre occhi.
Strabuzzai lo sguardo e portai le mani alla bocca, nel corso della mia vita avevo visto tante cose strane, cominciando proprio dai vari energumeni che mi trovavo ad affrontare.
Feci per allungare il passo verso quella bambina, inutilmente, poiché il paesaggio di fronte a me tornò come quello precedente, privo di vita e di persone.
Fu peggio del previsto, poiché tutto ciò che mi circondava sembrò decadere, come se qualcuno stesse distruggendo quel mondo proprio in quell'esatto momento.Ayame si svegliò di scatto, sudata e confusa allo stesso tempo per quell'incubo alquanto strano. Si passò una mano fra i capelli e si rese conto di aver bisogno di una doccia e di cibo da poter mettere sotto i denti. Prima di ciò, si avvicinò alla finestra della camera, aprì di poco le tende e notò che il sole era alto in cielo, illuminando tutta l'isola che le stava offrendo ospitalità.
Si poggiò con una mano al vetro e sospirò, tentando di scacciare dalla mente quel ricordo di quel sogno.
Entrò in doccia, aprì l'acqua e si poggiò con il capo al muro, chiudendo gli occhi per lasciare che tutto quel calore e tutto il relax di cui necessitava, si appropriassero di lei; il vapore aleggiava nella stanza, l'acqua rovente le bagnava la pelle e la ragazza non accennava ad un minimo di fastidio, essendo che il suo potere le consentiva il lusso di trasformare il suo corpo in un cubetto di ghiaccio qualora lo desiderasse. Quel momento così intimo le riportò - ancora - alla mente il chirurgo, il quale senza avere timore di alcuna reazione da parte della sua subordinata, entrò in doccia con lei. Ayame si sentì andare a fuoco di nuovo e non seppe distinguere se per via del ricordo o se fosse per via del calore dell'acqua. Necessitava, dentro di se, di rivederlo, anche solo per insultarsi o per un fugace bacio sulle labbra. Si sentiva, a volte, una stupida nell'essersene andata dalla ciurma per inseguire questo suo desiderio di rivalsa nei confronti di se stessa, ma soprattutto del padre. Avrebbe voluto baciarlo e scoparselo lì, all'istante, dentro la doccia, cosicché tutti sentissero gli ansimi dovuti agli orgasmi che lui era solito darle. Ayame si passò velocemente la lingua tra le labbra e cominciò a toccare la sua intimità, desiderando che a farlo fosse, invece, il corvino. Si poggiò con una mano al muro dietro di se e si toccò, alternando a roteazioni veloci ed altre lente, proprio come era successo con Law. Si sentiva così eccitata al pensiero di lei e Trafalgar che sarebbe perfino tornata indietro nel tempo solo per riaverlo per un attimo.
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SHAMBLES
FanfictionMi posizionai dinanzi a lui e lo vidi sogghignare, "togliti di mezzo, Newgate, non voglio fare del male a nessuno" Quella sua sfrontatezza e sicurezza di se stesso non faceva altro che innervosirmi, volevo soltanto averla vinta io su di lui, dimost...