Capitolo sei

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6.





Sentii bussare alla porta; il primo, il secondo e poi il terzo.
In quel momento avrei voluto che nessuno avesse cercato di consolarmi o dio solo sa cos'altro. Non mi andava assolutamente di sentirmi le critiche o gli stupidi consigli di questa stupida ciurma.
"Si può?" domandò una voce sottile, potetti giurare che fosse Bepo.
Congelai la maniglia e lasciai perdere, tornando con lo sguardo fisso sulle righe del mio libro per provare a rileggere per la centesima volta quello stramaledetto rigo.
"Allora ci sei! Ho visto che hai congelato la maniglia"
Scossi il capo e ancora una volta lasciai perdere, magari cosi avrebbe capito che non volevo nessuno attorno a dirmi cosa fare o cosa non fare. Dovevo prendere una decisione molto importante, ovvero quella di lasciare questo maledetto sottomarino alla prossima isola e andare via; anche se il mio umore altalenava tra un "vado via di qui" e un "perché dovrei scappare dai problemi?", non riuscivo a prendere una decisione che mi rendesse reale giustizia.
Più ci pensavo e più da sotto i piedi mi si creava un pozzo di ghiaccio, segno che ero parecchio nervosa ed agitata. Sospirai, chiusi il libro e mi buttai sul letto, con lo sguardo rivolto verso il soffitto.
Presi a guardarmi la mano, notando come delle piccole chiazze di ghiaccio rimanessero ad essa attaccate: le accarezzai, sorridendo.
Il mio potere era ciò che più mi faceva sentire al sicuro, ero serena nel pensare che per qualsiasi cosa lui sarebbe stato al mio fianco e che non avrei dovuto temere niente. Era proprio per questo motivo che, pensandoci, volevo assolutamente che crescesse, avevo bisogno di sentire le persone tremanti ai miei piedi e non perché ero la figlia di uno degli imperatori.
Mi resi conto che Bepo, evidentemente, era andato via e a quel pensiero mi sentii sollevata. L'unica cosa che mi sfuggiva era che non essendo stata avvisata quale fosse il nome della nostra destinazione, non potevo, di conseguenza, capire quanti giorni esatti ci sarebbero voluti per arrivarvici.
Mi alzai dal letto e riaprii il mio libro, estraendo dall'interno una mappa malandata. Fissai dove, più o meno, secondo il mio log pose,potessimo trovarci e cercai di capire quale fosse l'isola su cui ci saremmo fermati.
Poteva, forse, essere la rinomata Dressrosa?








Gli unici spostamenti che ritenevo opportuni fare erano stanza-bagno e viceversa. Anche se, dovetti ammettere, il mio stomaco non mi dava tregua; continuava a brontolare senza fermarsi neanche un secondo.
Era sicuramente ora di cena ed io non avevo toccato cibo da questa mattina, saltando anche il pranzo. Sbuffai e, rovistando ovunque, sperai di trovare anche qualche snack lasciato lì.
"So che non vuoi vedere nessuno di noi, però... ti ho portato il cibo" continuò con un tono di voce abbastanza preoccupato "te lo lascio qui fuori" e sentii i passi allontanarsi.
Era ancora Bepo che, evidentemente, si stava preoccupando per me. A quelle parole non potetti far a meno di tirare su un piccolo sorriso, in quanto mi piacque pensare che forse lui non ne era del tutto d'accordo.
Scongelai la maniglia, alzando a mezz'aria il mio braccio e chiudendo man mano la mano che il ghiaccio si ritirava. Aprii la porta e mi chinai per raccogliere il piatto di cibo offertomi dal visone bianco.
Richiusi la porta dietro di me, scivolando a terra e cominciando a mangiare.


Law's pov


Non appena ebbi finito di cenare, mi alzai in modo silenzioso e andai via, tornandomene in camera per effettuare delle ricerche su un nuovo medicinale che stavo sperimentando. Se tutto fosse andato per il verso giusto, sarei riuscito a curare con più facilità e velocità la mia ciurma.
Mentre camminavo, era come se il mio corpo sapesse di essere osservato dai miei compagni, i quali, non appena mi girai, tornarono con gli sguardi fissi nei loro piatti.
Decisi di lasciar perdere, scuotendo il capo e lasciando poi la stanza, sotto gli evidenti brusii dei miei subordinati.
Mentre camminavo verso la mia stanza, notai una sottile patina di ghiaccio fuori uscire dalla porta di Ayame. Mi avvicinai con passo felpato, senza fare rumori: volevo capire cosa stesse succedendo.
Provava, forse, a migliorare i suoi poteri?
Mi morsi il labbro e rimasi imbambolato vicino la sua porta, le mie gambe si erano mosse quasi senza il mio consenso.
Misi un orecchio vicino il muro che ci separava e ciò che sentii non fu assolutamente nulla;
Fu così che, innervosito, feci dietro front e me ne andai nella mia stanza.
Sicuramente non ero stato uno stupido nell'averle permesso di avvicinarsi al mio sottomarino e alla mia ciurma. Lo avevo fatto solo ed esclusivamente per ottenere una sorta di protezione indiretta, visto che ci stavamo riavvicinando a Dressrosa.
Avevo timore che, una volta lì, alcuni sostenitori di Doflamingo potessero compiere chissà quale atto sconsiderevole.
Era passato tempo da quando io e Luffy riuscimmo a spodestare il re di Dressrosa; Ricordai di quanto dura fosse stata l'impresa e di come mi fossi sentito nel rivivere tutti quei ricordi legati a Corazon e alla mia famiglia. Ricordai di quando Doffy riuscì ad atterrarmi, sparandomi ad un braccio e lasciandomi a pezzi, in una pozza di sangue a terra,in mezzo ad una miriade di persone che sembravano quasi cieche di fronte a quell'orrida scena.
Rabbrividii, quei ricordi mi recavano ancora un certo effetto.
Fu da quell'avventura che decisi di non farmi sconfiggere da nessun'altro, dovevo diventare più forte sia per proteggere me stesso che la mia ciurma. Da quel giorno non smisi un momento di allenare ne la mia mente calcolatrice, ne i miei poteri derivati dal famoso frutto Ope Ope e neanche il mio corpo nei combattimenti.
Il mio scopo era quello di perfezionarmi avventura dopo avventura, facendo sì che potessi diventare un grande medico e un grande Capitano.
Questo pensiero mi riportò alla mente Ayame, la quale mi espresse la sua stessa opinione a riguardo.
Riuscii quasi a nascondere un sorrisetto nel momento in cui udii tali parole; io ero l'unico che potevo capirla a pieno perché anche il mio obiettivo era abbastanza vicino al suo.
Ma era anche vero che, se non fosse stato per quell'idiota di Shachi, oggi sarebbe ancora tutto normale.
"Capitano" esordì il ragazzo dai capelli arancioni, avvicinandosi timorosamente a me, "mi dispiace, ecco... io non avevo idea..."
"Fa niente, prima o poi lo avrebbe scoperto" dissi con una totale freddezza che per fino io me ne meravigliai.
"Sa, capitano... io credo che lei dovrebbe comunque andare da Ayame. E' una ragazza in gamba e non merita questo" poi continuò, irrigidendosi "m-ma ovviamente è-è un mio pensiero..."
"Shachi, vai via" dissi semplicemente.
Non sarei mai andato nella sua stanza, soprattutto perché non avrebbe avuto senso e non avrei neanche saputo cosa dire. Tutto ciò che era successo era solo e soltanto la verità, per cui non avrebbe avuto significato il mio "scusami".
Sospirai e mi rimisi a lavoro, cercando di concentrarmi al meglio.





Ayame pov's


Appena aprii gli occhi, la luce del sole entrò nella mia stanza, facendo sì che il mio umore cominciasse a migliorare. Quando c'erano giornate soleggiate, automaticamente la mia tristezza si trasformava in serenità.
Mi tolsi le coperte di dosso e mi cambiai, pettinando i miei lunghi capelli biondi e guardandomi allo specchio. Ero pronta: oggi avrei parlato con tutti e sarei andata via.
Aprii la porta della stanza e giunsi nella sala comune, dove Bepo e JeanBart erano intenti a servire le porzioni di cibo.
"Oh, Ayame!" esclamò il visone appena mi vide, contento "sei uscita, finalmente. Ti ho preparato la colazione!"
"Grazie" dissi semplicemente.
Non mi importava di sembrare fredda o asettica, avrei mangiato e poi sarei scesa per sempre da questo stupido sottomarino.
Finii il mio piatto, bevvi un po' di succo d'arancia e mi alzai in piedi, rivolgendo il mio sguardo alle persone che, dinanzi a me, stavano ancora finendo di mangiare.
"Volevo solo dirvi che vi ringrazio per l'ospitalità" esordii, "è giunto il momento, per me, di andarmene. Vi auguro una buona fortuna e una buona avventura" e mi girai, camminando verso l'uscita e prendendo lo zainetto color pelle lasciato vicino la porta.
Sentii vari brusii ma non me ne curai, fiera della mia scelta.
Appena chiusi la porta alle mie spalle vidi Law avvicinarmisi, guardandomi da capo a piedi e sogghignando "sono riuscito a liberarmi, hai visto?" domandò, riferendosi ovviamente alla sera prima, dove era stato beffamente bloccato dal mio ghiaccio, come quasi per prendersi gioco di me.
"Fai un po' come ti pare. Non è più un mio problema, anzi, non lo è mai stato. Buona fortuna, ora, con i pirati" e lo lasciai lì, in balìa dei suoi pensieri; ammesso che ne avesse.
"Novellina" disse, non muovendosi minimamente dalla sua posizione e rimanendo con le mani in tasca "vedi di non farti ammazzare, non ci potrò essere io a salvarti"
Strinsi i pugni e proseguii, lasciando che quelle sue parole aleggiassero in aria, senza avere alcun fondamento.
Mi incamminai verso l'isola, scoprendo varie cose e notando come, dopo il casino combinato da quel Capitanuncolo da quattro soldi e Luffy, fosse riuscita a rifiorire. Era bellissima.
Tutti gli abitanti sembravano come se fossero felici di vivere la loro vita all'insegna della tranquillità. Vidi come i bambini, spensierati, correvano tra le strade con in mano un giocattolo di legno.
Pensai a quelle miriadi di notizie che lessi giorno dopo giorno su quella guerra durata quasi quarant'otto ore. Ero felice che, almeno, fossero riusciti a renderla di nuovo vivibile.
Mi guardai attorno, mi fermai ad una bottega e acquistai qualcosina per sopravivvere in quei giorni in cui avrei deciso il da farsi per far sì che la mia avventura proseguisse.
D'un tratto mi venne in mente di acquistare una nuova spada che mi aiutasse a difendermi oltre all'uso dei miei poteri. Babbo Newgate mi aveva insegnato, insieme all'aiuto di Marco, come fare per maneggiare una spada e utilizzarla nel momento del bisogno. Decisi, quindi, di acquistarne una per averla per sicurezza.
Mi ricordai che, proprio lì a Dressrosa, c'era un bottegaio famoso che le forgiava e decisi di recarmici.
"Ehi bellezza" sentii una voce maschile, fischiarmi.
Scossi il capo e la ignorai, avanzando sempre di più verso le varie stradine che mi avrebbero portato a quella famosa bottega.
D'un tratto però mi sentii tremante, con qualcosa che mi gocciolava sul braccio.
Il mio sesto senso non mi permise di pensare in positivo, poiché dopo un secondo, un tono di voce cupo mi soffiò nell'orecchio "e così abbiamo qui la figlia di Newgate" rise "trecentomila berry..." continuò ancora "ti va di divertirci?"
Riuscii a spostare di poco lo sguardo vedendo del sangue che mi gocciolava sul braccio destro.
Cercai di liberarmi dalla presa, quel tanto che sarebbe bastato per usare i miei poteri e lanciarlo via, ma così non fu, in quanto riuscì a capire il mio intento.
"Pensi davvero che ti lascerò usare i tuoi stupidi trucchetti magici? Sei patetica" concluse, ricominciando a ridere e bloccandomi con dell'algalmatolite.





CIAOOOOOO!
Per la prima volta, dopo sei capitoli, mi faccio viva. Ringrazio, ovviamente, chi sta continuando a leggere la mia storia e, sinceramente, sono felice che sia arrivata al 4 posto nel tag "personaggi". Ci sto mettendo davvero tutto l'impegno possibile, perchè mi piace scrivere e spero che questa mia passione io stia riuscendo a farvela sentire.
Che dire? Aggiorno ogni giorno, quindi non abbiate timore! Anzi, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, se devo migliorare qualcosa ecc. Vi mando un grosso bacio!

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