Capitolo due

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2.


"Io davvero non capisco perché devi sempre starmi tra i piedi" cominciò Ayame, sbuffando per la lite avvenuta con suo padre.
Stranamente il tutto si era concluso nel peggiore dei modi per la ragazza, siccome i suoi poteri e la sua esperienza non potevano di gran lunga compararsi a quella di suo padre. Era stata costretta a rimanere sulla nave con Ace da guardia.
Il ragazzo sospirò, "Ayame..."
Ace cercava sempre di provare profonda empatia per la ragazza e soprattutto per Barbabianca, siccome per entrambi non era facile sopportarsi.
A quel pensiero ad Ace spuntò un sorrisetto, che fece innervosire la ragazza al suo fianco "ah bene, ora vengo anche presa in giro"
"Ayame" riprese "io cerco sempre di provare empatia, ma anche tu devi capire che se davvero vuoi cominciare a farti rispettare da babbo devi fare qualcosa che lui mai si aspetterebbe"
Ma d'un tratto, Ace, si pentì di ciò che aveva appena detto.
Si sbatté una mano in fronte e pensò a quanto fosse stato idiota a darle quell'altrettanto stupido consiglio.
Si girò verso Ayame e notò il suo ghigno sul suo bel viso: ora sì che era davvero nei guai.
"Ehm... riguardo a quanto detto pochi secondi fa" tentò di aggiustare il tutto "io non intendevo qualcosa di pericoloso..." bofonchiò "cioè...insomma..."
Ace sei un gran coglione, sentenziò.







La stessa sera, Barbabianca decise di non partire a causa di una festicciola che si sarebbe svolta su quella stessa isola. Era di ottimo umore, considerando che, a detta sua, era riuscito a risolvere i problemi e a far tornare Ace con loro.
Ayame si guardò attorno, notando come tutti i pirati della nave fossero felici e come quell'aria di festa e quei gridolini dovuti anche all'alcool, rieccheggiavano in aria.
Le spuntò fuori un sorrisetto guardando Ace bere del saké, era felice che fosse di nuovo tra di loro.
Voleva solo che quei momenti passati durante quegli orribili giorni, si allontanassero dalla sua vita e dalla sua mente per sempre. Era cosciente del fatto che non avrebbe potuto proteggere Ace per sempre, ma nonostante ciò tentò di godersi quella festa che, seppur in minima parte, era anche per lei.
"Ehi Ayame, vieni a festeggiare con noi!" le intimò Marco, muovendo le mani nella loro direzione.
"Sì! Bevi con noi del saké e festeggiamo, lasciamoci andare per questa notte" gridò ancora, evidentemente ubriaco fradicio.
I due ragazzi al suo fianco risero e Ayame buttò giù quel cicchetto di saké.



"Sono felice che tu sia qui" si lasciò sfuggire la bionda, in evidente imbarazzo e quasi brilla per tutto quel saké ingerito.
"Anch'io" rise Ace, con le gote rosse e con le lentiggini quasi del tutto coperte dal suo rossore.
Provò a far intrecciare le loro braccia per fare quella specie di bevuta che ogni volta era loro abitudine dopo aver vinto una battaglia o aver raggiunto qualche traguardo importante.
Ayame si sentiva bene, era contenta di essere lì con Ace a festeggiare, anche se comunque la competizione non le dava l'agio di farle vivere serenamente quella serata.
"Che ne dici di una gara di bevute?" cominciò il ragazzo, poi singhiozzò "chi vince... vince qualcosa dall'altro"
Ayame sembrò pensarci, era l'occasione adatta per mostrarsi avanti la ciurma "accetto, stupido pugno di fuoco".
Marco, nonostante le sue pessime condizioni dovute all'alcool, riuscì a posizionare in fila tutti i cicchetti che Ace e Ayame avrebbero dovuto bere, con il relativo alcool dentro. La ciurma era in visibilio, tutti trepidanti di scoprire chi avrebbe vinto quella fantastica, ma al tempo stesso, stupida sfida.
Ayame non si tirava indietro mai di fronte a nulla e questo, d'altrocanto, Ace lo sapeva.
Nel mentre, la sfida era già cominciata, in testa c'era Ayame, velocissima come una scheggia nel bere quel saké, seguita ovviamente da Ace, il quale avrebbe fatto di tutto pur di vincere quella scommessa.
Il motivo era così chiaro che solo quell'ingenua della ragazza non riusciva ancora ad accorgersene. Ace era pazzamente cotto di quest'ultima.
Adorava il suo carattere, il fatto di essersi messa in gioco, di essere riuscita a crescere così tanto in così poco tempo grazie alla sua immensa determinazione. Tutte queste cose rendevano Ace incapace di pensare ad altre ragazze che non fossero Ayame.
E lui avrebbe fatto di tutto per lei, per fino mettersi contro Barbabianca.
"Bevi, bevi!" incitarono gli altri Ayame, quasi al terz'ultimo bicchierino.
"Ho...VINTO!" gridò Ace, seguito dalle grida della ciurma verso il ragazzo.
Ayame immediatamente volse lo sguardo verso suo padre, notando come quest'ultimo la stesse fissando, quasi con uno sguardo protettivo, affettuoso, che lasciava intendere solo cose positive.
Ayame si innervosì.
Aveva capito che se Edward Newgate non le permetteva alcune cose era solo perché per lui, lei era ancora la sua bambina, e questa cosa doveva assolutamente finire; era per questo motivo che aveva ideato il suo piano e lo avrebbe messo in atto proprio quella sera stessa.
"Beh, mi mancava poco e avrei vinto" disse in sua difesa, ridendo e stringendo in un abbraccio Ace.
Quel contatto fece sobbalzare il ragazzo di fuoco, girando il capo verso l'esatta parte opposta a quella di Barbabianca per non incontrarlo.
"Ti va di fare un giro?" propose lei, "sono un po' brilla e vorrei camminare"
Ace annuì e insieme s'incamminarono giù dalla Mobydick.
"Mi sento parecchio confusa" rise la ragazza, costringedolo a fermarsi e accasciandosi poco più lontano dalla loro amata nave.





"Ace" sussurrò, poggiandosi sulla sua spalla, "ho deciso di lasciare oggi stesso la ciurma e cominciare da sola la mia avventura"
"Immaginavo volessi fare qualcosa di azzardato" sbottò, innervosendosi non poco.
Si girò con il capo, guardandola dall'alto, visto la differenza di statura rispetto ad Ayame.
Prese ad accarezzarle i capelli e ad alzarle il viso per permettergli di guardarla in tutta la sua strabiliante bellezza: i suoi capelli le scendevano lunghi sulle spalle, mentre i suoi occhi non erano aperti come al solito ma leggermente stanchi, assonnati, dovuti anche all'alcool in corpo. E le sue labbra, Ace posizionò lo sguardo lì, permettendosi il lusso di immaginare il loro sapore. Il suo sguardo tornò nei suoi occhi cerulei, "Ayame, verrò con te" disse poi.
"No Ace, è una cosa tra me e mio padre, voglio dimostrargli di essere degna del suo cognome e che non deve continuamente proteggermi, perché non sono più una bambina!"
Sospirò, "io ti ringrazio perché mi sei sempre stato accanto,ma è giunto il momento di crearmi la mia di avventura."
"Ayame, io... non voglio perderti" continuò abbattuto "sono tornato da poco e tu vuoi lasciarmi, andando via chissà come e con cosa! E' da pazzi"
"Ace, sono felice di averti rivisto, sono felice di aver bevuto con te e di aver passato tutti quei momenti al tuo fianco, però..." sospirò "non sono felice così"
"Ayame?"
"Mh?" mugugnò.
"Credo di amarti" e la baciò.

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