Capitolo ventotto

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28.





"In che senso?"

Il chirurgo sospirò, buttando fuori un bel po' d'aria per poi prendere a fissare la sua zuppa ormai finita, "ci eravamo avvicinati... molto, anche"
Bepo avrebbe voluto urlare con tutte le sue forze un ma davvero?, ma si trattenne per puro rispetto nei confronti del suo capitano.
"Captain... mi dispiace davvero tanto" disse, facendo aleggiare la sua frase in aria per poi ricominciare un attimo dopo, con la voglia di poggiare una sua zampa sulla spalla del suo Capitano per, almeno, provare a consolarlo "sono sicuro che vi rivedrete presto"
Law sembrò pensarci una eternità alla frase del suo compagno, tant'è che il suo sguardo - perso nel vuoto - sembrava davvero più spento del previsto. Avvicinò la sua mano destra al pizzetto corvino e lo scompigliò, continuando a viaggiare con i pensieri. Pensava a cosa stesse facendo Ayame in questo momento, al fatto che se fosse stata in pericolo, lui non sarebbe stato lì a proteggerla per poi prenderla in giro subito dopo. La verità era che aveva così tante preoccupazioni in mente che quasi non riusciva a pensare ad altro. Avrebbe voluto non conoscerla, così sarebbe andato avanti nella sua vita normalmente: ma il problema era proprio quello, che prima di sapere chi fosse realmente Ayame Newgate, la sua vita era come un quadro senza colori.

"Voglio cercarla"

Bepo per poco non si strozzò con la sua stessa saliva per ciò che aveva appena udito.
Voleva cercarla? E a quale scopo?, l'orso bianco non poté far a meno di porgli quelle domande. In tutta risposta, il corvino girò lo sguardo, piantando i suoi occhi in quelli dell'amico per poi aprire e chiudere le labbra, come se le parole gli morissero in gola. Era vero, perché mai avrebbe dovuto cercarla? Lei non voleva quello, assolutamente. Glielo aveva scritto palesemente nella lettera che gli aveva lasciato, avrebbe solo complicato la situazione senza avere nulla in cambio.
Law non avrebbe fatto nulla, non sarebbe mai andato da lei a proclamarla la donna della sua vita, semplicemente, se le fosse stata davanti dopo aver girato in lungo e in largo per trovarla, le avrebbe dato una bella lezione.
"Io ho il suo cuore..." sussurrò, portando subito lo sguardo sul palmo della sua mano, come se potesse improvvisamente trovarsi lì.
"E' pazza, è andata via senza il suo dannato cuore!" urlò, alzandosi di scatto impanicato. Non voleva credere che fosse stata così stupida, non pensando minimamente alla conseguenza che ciò comportasse.
"Ma sarà impossibile trovarla! I-il mondo è così vasto ch-"
L'orso venne bloccato dal chirurgo, il quale già in piedi, si diresse verso il suo amato Polar Tang. Camminò a passo spedito, con il groppo in gola che se non l'avesse trovata in tempo magari sarebbe stato troppo tardi per lei e per la sua vita.
"Stupida ragazzina, stupida!" continuava a borbottare tra se e se, scuotendo il capo in segno di disapprovazione per le azioni della bionda.
Mani in tasca, passo veloce e nodachi dietro la schiena facevano di Law un pirata agguerrito nel trovare la sua Ayame.
"Mi farò sentire" pronunciò ancora, imperterrito.







Ace era tornato da poco sulla sua nave, la Moby Dick, assalito dalle impetuose domande della ciurma, tra cui un energico Marco, felice di averlo di nuovo lì con loro.
"Finalmente hai deciso di tornare!" esclamò contento, abbracciandolo in modo quasi fraterno.
"Non ci speravamo più" disse Jaws, ridendo della situazione mentre lo guardava sornione. Erano tutti felici di riavere il combina guai della loro ciurma, oltre che pirata temerario della loro squadra. Una volta che ebbe salutato tutti, si diresse verso la stanza del babbo, sperando in nessuna domanda sulla figlia ormai chissà dove.
In verità non capiva il motivo della sua scelta, a parer di Ace, insensata; aveva la dannata voglia di mettersi in mare, varcare qualsiasi isola, per trovarla. Non poteva rimanere lì da sola con chissà chi, nel caso avesse trovato qualche compagno. E come avrebbe fatto, poi, pensò ancora Ace, a difendersi senza il suo aiuto?
Sospirò e guardò l'orizzonte, sistemandosi il cappello sul capo e rimanendo per un po' con una mano a tenerlo. Era rimasto come imbambolato e incatenato, al tempo stesso, tra i suoi pensieri e la vista che quel cielo misto al mare gli regalava ogni giorno, oggi - forse - in modo più diverso rispetto alle altre volte.

"A cosa stai pensando di così tanto profondo, Ace?"

Una voce lo risvegliò da quel momento di stallo: era Barbabianca.
Ace stette per parlare, ma fu come inutile poiché tutto ciò di falso che raccontava, automaticamente veniva fuori, tramutandosi in verità, "Si tratta di Ayame... sono un po' preoccupato"

"Cosa succede?"

Il corvino diede un rapido sguardo oltre la figura imponente del suo babbo, poi parlò "non si trova più a bordo del Polar Tang" fece una pausa, giusto per controllare che l'espressione dell'uomo dinanzi a se fosse rimasta invariata, poi continuò "non so neanche dove si trova, ha deciso di punto in bianco di lasciarci e di migliorarsi, penso per un forte desiderio di rivalsa nei confronti di noi tutti, del chirurgo soprattutto. Sono... preoccupato, come già ti dicevo"
Barbabianca sembrò non accennare a nessuna risposta, si spostò dal suo posto e, anch'egli, prese a guardare il mare. Sembrava come se, per i pirati, fosse una vista quasi obbligatoria -un po' per circostanza - e un po' perché, forse, faceva loro del bene il suo profumo marino e i suoi colori vari, tutti tendenti al blu scuro.
"Non ho mai creduto che mia figlia potesse farcela" disse lui, sputando la verità di così tanta insicurezza nei suoi confronti. Sospirò e continuò, "quando l'ho vista prendere il mare con un'altra ciurma, in particolare quella del chirurgo della morte, non ti nascondo che ho avuto un sentimento misto tra stupore e paura per la mia unica discendente"
Ace stava ascoltando tutto con estrema attenzione, voleva capire fino in fondo le parole del babbo.
"Ma non ti nego che sono contento che stia facendo le sue esperienze. Con il tempo ho capito che non posso e non voglio frenarla, deve essere libera di sbagliare, di rischiare. D'altro canto è un pirata, non una principessa da proteggere. Ce la farà, qualsiasi cosa deciderà per se"
Il corvino rimase stupito, mai avrebbe pensato di sentire delle simili frasi per la sua creatura. Era sempre stato abituato nel vederli discutere per l'indipendenza tanto agognata che udire questo. Rimase senza parole, a bocca aperta. Avrebbe tanto voluto che Ayame fosse li, proprio per farle sentire ciò che il padre stava dicendo di lei: ne sarebbe stata molto felice.

"Spero solo che starà bene, e tu" aggiunse infine, "stai tranquillo e credi in lei come farò io e come sicuramente farà Trafalgar Law"

Cosa c'entrava ora lui?, pensò inevitabilmente Ace. Ora era stimato anche dall'imponente Barbabianca?
Sospirò e strinse i pugni, abbozzando un falsissimo sorriso.






"Dobbiamo capire dove potrebbe essere andata" continuò il chirurgo, "esigo che voi capiate come poterla trovare senza l'aiuto di questa stupida" guardò la lettera "vive card"

"C-Capitano... non possiamo mica salpare e tornare indietro. Ci saranno come minimo cinquanta isole già visitate!"

Fissò Shachi e lo trafisse con lo sguardo, facendogli pentire immediatamente di aver aperto bocca in quel preciso momento.
Fu Ikkaku a prendere le difese della ciurma, cercando di far capire al Capitano Law l'idiozia di tale scelta.
"È impensabile tornare indietro. Qui tutti ci siamo rimasti male, ma la nostra avventura deve continuare" fu dura, utilizzò un tono freddo e impenetrabile. Non si rimangiò quanto detto neppure osservando il suo capitano guardarla male.
Secondo tutti, Ikkaku aveva dannatamente ragione, soprattutto perché il loro sogno condiviso era quello di essere i primi - sempre dopo Roger - nello scoprire la tanto attesa Laugh tale.
Law si scaldò il tono della voce, pronto per parlare.

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