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T/n's Pov

'Eh? Una nuova arrivata?'

'Guardate quante cicatrici!'

'Ei, bellezza, me lo dai un bacino?'

'Questa l'avrà data a tutti'

'Secondo me è una verginella'

«Bleah, disgustose» faccio una smorfia in segno di ribrezzo alle voci che circolano sul mio conto.
«Benvenuta al carcere, signorina (t/c)»

L'aria che si respira è così pesante da spolpare la mia respirazione. Non c'è traccia di un uomo se non dello sbirro che mi sta conducendo nella mia cella.

La divisa arancione che mi accomuna alle altre carcerate attribuisce al mio aspetto un esteriorità sciatta e indecorosa, e, la colorazione dei miei capelli insieme a questo completo, non sono per niente in sintonia.

Le donne rinchiuse nelle proprie celle sono tutte visibilmente strane, il che mi porta a chiedermi se mi trovi veramente in un carcere femminile.

Mi scrutano dalla testa ai piedi con facce diffidenti, come se sentissero la necessità di esaminare chi ha appena messo piede nel loro territorio.

- Pf, animali -

«Questa è la sua cella» mi presenta il luogo in cui vivrò lo sbirro.
«Huh? E non c'è il bagno in camera?» ghigno perculandolo.
«Fossi in lei non farei tanto la spiritosa» mi riprende togliendomi le manette.
«Certo che a voi ufficiali manca proprio il senso dell'umorismo, eh?» lo sfotto.
«Si goda la sua cella, (t/c)»
«Lo farò» sorriso sfacciatamente.

Mi rinchiude all'interno della gabbia umana. È orrenda. L'odore di fogna si incunea nelle mie narici, turbando il mio naso già spossato dal fetore costretto per tutto il tempo.

- Ho la nausea. Se non bevo qualcosa vomito -

«Posso avere un bicchiere d'acqua?» chiedo innocentemente.
«Certo»
«Gra-»
«All'ora di pranzo»
«Eh?»
«Buona permanenza, (t/c) (t/n)»
«Aspet... Etciù!»

- Dio, la polvere no! -

Ancor prima che possa prevenirlo, il biondino ha già chiuso le "porte" della mia tana, imprigionandomi come da suo incarico. Se ne va, fischiettando e ondeggiando beatamente i fianchi a ritmo della sua melodia amara.

- Questo è fuso! -

Gli urlo di fermarsi tenendomi alle sbarre d'acciaio della mia cella, ma vengo ignorata. È troppo preso a cantare per cagare una detenuta.

«Fanculo!» grido esasperata alzando le mani al cielo.

Non so che cosa fare in questa topaia più sporca di una latrina pubblica, so solo che l'odore nauseante è così forte da farmi risalire il cibo preparato da quel figlio di puttana stamattina.

C'è un lavandino attaccato al muro, così usufruisco di ciò per rigettare tutto lo schifo che sta risalendo al suo interno, tenendomi con ambe due le mani ai bordi del lavabo per avere un appoggio.

- Che merda -

Finito di rigurgitare, apro il rubinetto per far scorrere l'acqua, alzando lo sguardo verso lo specchio dalle piccole dimensioni difronte a me.

È lercio. Pieno di polvere e ragnatele che impediscono alla mia immagine riflessa di emergere. Prendo la carta presente sul lavello per pulirlo, e la pelle d'oca non tarda a farsi sentire.

Ci sono tre cose che odio: Rui, il lerciume e gli ambienti ristretti.

-Forse dovrei aggiungere pure i biondini rapaci e gli odori stomachevoli-

La mia figura allo specchio inizia ad avere un aspetto più veritiero. Ho gli occhi gonfi, le guance arrossate e il un viso più pallido di un cadavere. Sono spaventosa, e la cosa non mi piace.

La rabbia scorre ancora fresca nelle mie vene, e la mia sete di vendetta mi porta a ridere difronte al mio riflesso, affidandomi un aspetto impietoso.

Le mani vanno a stringersi sempre di più per il lavabo, portando le unghie a spezzarsi. Dai miei polsi spellati esce del sangue, ma non fa male. È piacevole.

Il sorriso disumano che tengo dipinto sulla faccia stizzita incrementa la sua apertura, e il sudore in contrasto con il clima gelido accresce come la temperatura del mio corpo.

- Tu e Touya state insieme, eh? -

Lo stress aumenta, e per quanto io cerchi di apparire forte, quella frase è bastata per distruggermi dentro.

Vero o falsa che sia la notizia, immaginare Rui tra le braccia di Touya mi dà il voltastomaco oltre a provocarmi un fastidio tremendo.

Digrigno i denti per trattenermi dal non scoppiare, ma le gocce d'acqua generate i miei occhi mi tradiscono.

«Merda, sono in gabbia!»

- Che cosa dovrei fare di preciso? -

«(t/c)» mi richiama uno sbirro diverso da quello che mi ha portato qui dentro. «È ora di pranzo» mi avverte.

- Eh? Di già? -

«Arrivo» rispondo.

Mi asciugo le lacrime, prendendo un frammento di muro affilato con cui inizio a tagliare i miei lunghi capelli blu, portandoli a una misura pari a quella della mia spalla.

- Non è abbastanza -

Insoddisfatta, diminuisco ancora il taglio e, arrivata a una lunghezza estremamente corta, getto il detrito appuntito a terra con le mani sanguinanti.

«Se quando saranno ricresciuti la situazione non sarà cambiata, posso considerare la cosa ufficialmente finita...» guardo minacciosamente il mio riflesso con un velo di speranza.

- Sarà un lungo periodo -

SICK LOVE // (Dabi x Hawks x Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora