Capitolo sette.

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"Arrivo da te appena finisco l'allenamento a Trigoria"

Alla lettura di quel messaggio mi spunta automaticamente un sorriso.
Dopo l'ultimo incontro che avevamo avuto, cominciammo a vederci di nascosto e praticamente ero diventata l'amante della situazione.
Lavinia e Alessio erano gli unici che sapevano e che ci supportavano anche coprendoci con Chiara qualche volta.
Lavinia più volte mi aveva detto che era una pazzia, fornendomi tutte la ragioni possibili ed effettivamente reali ma io non riuscivo a smettere.

Sospiro, cercando di eliminare i pensieri e mi comincio a vestire.
Mi trucco leggermente e lego i capelli in due trecce, anche se eravamo in casa volevo essere ordinata.
Improvvisamente il campanello suona, mi alzo velocemente e vado ad aprire sapendo già che dietro la porta mi aspettava il mio caos.
Me lo ritrovo davanti con quello sguardo magnetico e quel sorriso malandrino che lo contraddistingue.

"Signorina" mi dice per poi stringere le sue braccia intorno al mio collo e baciarmi.
"Biondino" rispondo tra le sue labbra, avvolgendo le mie braccia, invece, intorno alla sua schiena "Come è andata?" gli chiedo mentre me lo guardo, ancora attaccata a lui.
"Tutto bene, sono solo un po' stanco" mi risponde per poi stamparmi un bacio sul naso e staccarsi.

Lo guardo sedersi sul divano mentre mi appoggio con la spalla al muro.
La sua presenza mi infondeva sicurezza e tranquillità ed era bello anche se stanco.

"Vieni?" mi chiede mentre batte la mano sulla pelle del divano, vicino a lui. Mi avvicino per poi sedermi accanto a lui con le gambe incrociate "Tu che hai fatto oggi?"
"Le solite cose: studio, cibo, studio" ripeto tenendo il conto con le dita.
"Noiosa come sempre" mi prende in giro, lo schiaffeggio piano sulla spalla "Ti sono mancato?" mi chiede ma sembrava già sapere la risposta.
"Assolutamente no" rispondo convita, scuotendo la testa.
"Sei sicura?"
"Sicurissima!" esclamo non demordendo.
"Questo bel visino non ti è mancato?" chiede per poi fare labbruccio.
"Non mi compri, Zaniolo" dico categoria.

Lui di tutti risposta mi atterra sul divano, me lo ritrovo sopra senza neanche aver avuto il tempo di realizzare.
Il suo respiro solletica le mie labbra mentre il suo profumo mi inebria il naso ed ha uno sguardo famelico, predatore.

"Non giocare con me" mi sussurra, la sua voce era più profonda.
"Altrimenti?" lo provoco, aggiungendo un pizzico di malizia.

Sorride mentre abbassa lo sguardo verso tutto il mio corpo.
Mi stava mangiando con gli occhi, mi desiderava e la cosa mi piace anche se c'era sempre quel senso di sbagliato, di ingiusto che m'invadeva e mi faceva perdere l'attimo, rendendomi malinconica.

"E quando finirà?" mi lascio sfuggire il pensiero, tant'è che lui alza il viso e mi guarda confuso.
"Cosa?" mi chiede, deglutisco mentre gli accarezzo la guancia.
"Tutto questo" rispondo "Lo sai anche tu che stiamo sbagliando" aggiungo continuando ad accarezzarlo.
"C'è tempo" mi dice quasi a rassicurarmi ma in cuor mio sapevo che quel tempo in realtà era una bugia.
"Non possiamo nasconderci per sempre" dico e lo vedo ritirarsi su per rimettersi seduto.
"Ti diverti a litigare con me?" chiede con tono nervoso.
"Nicolò, lo sai che ho sempre odiato questa situazione" rispondo, tirandomi su anche io.
"L'abbiamo scelto di comune accordo, sapevi a quello che andavi incontro" mi dice prontamente e senza un minimo di pietà.
"Lo so" annuisco "Ma se l'ho fatto è per quello che provo" continuo "Ma sappiamo entrambi che è sbagliato" concludo, incrociando le braccia al petto.
"Ti stai pentendo?" mi chiede di getto, facendo trasparire però un filo di paura che solitamente lui non mostra mai.

Probabilmente sì, mi stavo pentendo.
Pensavo a quello che mi disse Lavinia ma anche a Chiara e io non potevo ridurmi così.
Volevo essere libera di baciarlo in pubblico, tenergli la mano mentre passeggiavamo per Roma, abbracciarmelo ad una cena davanti ai suoi amici ma non potevo.
Dovevamo nasconderci come dei ladri che avevano compiuto i peggior furti e questa cosa mi logorava dentro.

"Nico" gli dico, appoggiando la mano sulla sua coscia ma lui mi interrompe.
"Ginevra, ti stai pentendo?" mi ripete serio con uno sguardo impenetrabile.
"Io.." cerco una scusa, cerco qualcosa a cui appigliarmi.
"Rispondi, cazzo!" si alza e aspetta una mia risposta.
"Sì, probabilmente sì" dico ma non lo guardo, non avevo il coraggio.

Il silenzio cala.
Lui cammina avanti e indietro passandosi una mano tra i capelli mentre io mi mordo il labbro, non sapendo a cosa andavo incontro da lì a poco.

"Hai ragione" dice e mi spiazza "Non ne valgo la pena"
"Non ho mai detto questo" dico scuotendo la testa, alzandomi a mia volta.
"Non vuoi più stare con me, Ginevra" dice amareggiato e deluso.
"Non capisci" dico poi alzo gli occhi al cielo per trovare le parole giuste ma riesco solo ad essere cruda "Nicolò, io e te non stiamo insieme" abbasso gli occhi e lo guardo "Io e te siamo due amanti" aggiungo, lui serra la mascella ma i suoi occhi si fanno lucidi "Ti prego, non guardarmi così" faccio per avvicinarmi ma si sposta.
"Sei una stronza" mi dice e non riesce a controllare una lacrima che cade giù, non lo avevo mai visto piangere.
"Io voglio solo viverti alla luce del giorno"
"E allora resisti"
"Non ci riesco!" esclamo, crollando definitivamente.

Ci stavamo facendo del male davanti ad un sentimento che provavamo entrambi.
Era un sentimento forte, genuino ma che doveva rimanere nascosto ed era la cosa che faceva più male.
Come può l'emozione rimanere nascosta?
Come si può far finta di niente ed andare avanti?
Accettai perché pensavo di potercela fare, di poter andar oltre il mio ideale ma a mente lucida sapevo dell'errore, sapevo che sarei crollata e così è successo.

"Io voglio stare con te" dice Nicolò, interrompendo i miei pensieri.
"Lascia Chiara" rispondo di getto, lui mi guarda e capisco che mi stava dando ragione ma rimane comunque fermo sulla sua posizione.
"Ora non posso" dice serio.
"Perché?" ribatto.
"Perché ho avuto troppe accuse mediatiche, sono stato troppo al centro di gossip e non posso permettermelo" risponde sospirando mentre porta le mani sui fianchi.
"Quindi ora sono io che non ne valgo più la pena?" chiedo stranita.
"Ci mancavi solo tu" sussurra roteando gli occhi.

Ci ero rimasta male, perché sapevo che non voleva attirare di nuovo l'attenzione su di lui ma pensavo che davanti a questo discorso la situazione cambiasse.
Mi allontano mentre mi guarda perplesso, mi avvicino alla porta e la apro, poi gli faccio cenno che doveva andarsene.

"Mi stai cacciando?!" chiede sorpreso mentre si avvicina a me.
"Esci" dico con tono autoritario.
"Ginevra" dice abbassando quel muro che si era costruito ma ero troppo delusa per poterlo scavalcare.
"Esci" ripeto indicando l'uscita.

Lui abbassa il viso consapevole che non mi sarei schiodata, almeno per oggi, da quella posizione.
Esce cupo e spento, con la testa bassa perché se ci fossimo guardati probabilmente non avremmo retto il colpo.
Chiudo la porta alle sue spalle e cerco di regolarizzare il respiro mentre l'emotività stava avendo il sopravvento.
Non sapevo se con quel gesto stavamo andando verso una fine, verso un punto o se sarebbe stato un altro nostro periodo di stallo ma sicuramente oggi avevo chiarito la mia posizione e potevo ritenermi almeno un po' sollevata.

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