Capitolo nove.

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Il sole alto splendeva sul cielo di Roma.
Avevo ripreso a riavvicinarmi a Nicolò ma chiarendo la situazione e cioè il nostro non poteva essere altro che un legame forte d'amicizia.
Allo stesso tempo stavo frequentando Manuel, del quale Nicolò non sapeva l'esistenza, mentre a lui avevo raccontato di Nicolò partendo dalle origini.
Inizialmente rimase incredulo perché si parlava di Zaniolo dato che era un grande tifoso della Roma ma poi sembrava un bambino il giorno di Natale chiedendomi quando poteva conoscerlo.
Con Manuel ero felice, mi trattava come una principessa e mi faceva sentire unica, era tutto il contrario di quello che avevo provato con Nicolò.

"Ginevra" la voce di Benedetta, la sorella di quest'ultimo mi riportò con la mente alla situazione presente "Tutto bene?" mi chiede con un dolce sorriso.

Dopo l'incidente, mi ero ritrovata più volte a casa sua per passare un po' di tempo con lui e di conseguenza avevo conosciuto tutta la sua famiglia.
Erano veramente delle belle persone, molto disponibili e alla mano.

"Pianeta Terra chiama Ginevra" dice Nicolò con voce robotica, lo guardo e poi gli tiro una mollica di pane scatenando la sua risata mentre cercava di schivarla.
"Siete proprio due bambini" dice Francesca, la sua mamma con un grande sorriso "Oggi pomeriggio che piani avete?" chiede portando il bicchiere alla bocca per bere dell'acqua.
"Non so..." dico ma Nicolò mi interrompe.
"Ginevra mi ha promesso di aiutarmi con l'inglese" dice lui, lo guardo alzando un sopracciglio perché in realtà non mi aveva mai chiesto una cosa simile.
"Brava Ginevra, l'inglese è essenziale e Nicolò ne ha molto bisogno" dice Igor suo papà, prendendo in giro Nicolò che di tutta risposta, alza il dito medio con un sorriso sarcastico.
"Quindi noi tre ce ne andiamo a fare un giro in Centro e li lasciamo studiare con tutta la pace del mondo?" chiede Benedetta guardando i suoi genitori che si guardano a loro volta e poi annuiscono.

Era necessario restare a casa di Nicolò da soli? No.
Stava per accadere?
Ovvio che sì.
Rimanere sola con lui mi lasciava sempre un po' di timore, perché seppur avessimo messo in chiaro il tutto, le cose passate insieme non si dimenticavano con uno scrocchio di dita.

16.00

Dopo aver passato un po' di tempo a chiacchierare tutti insieme del più e del meno, casa era vuota con l'eccezione di me e di Nicolò che eravamo seduti sul suo grande divano bianco di pelle.

"E così ti avrei promesso di aiutarti con l'inglese" dico incrociando le braccia al petto mentre lui era sdraiato sul divano.
"Dai, sarebbe stato insopportabile averli ancora tra i piedi" dice lui con tutta la nonchalance del mondo.
"Nicolò tu manderesti la gente in galera" dico sconcertata, lui se la ghignò portandosi le mani dietro la nuca "Comunque dato che l'inglese era una scusa, che vorresti fare?" chiedo.
"Ci vediamo un film?" dice rapido lui già pronto con il telecomando in mano e con un sorriso compratore, sospiro annuendo perché tanto sapeva sempre come muoversi.

Il film era iniziato, Nicolò aveva portato degli stuzzichini e qualcosa da bere.
Si stava comportando bene da quando ci stavamo rivedendo, probabilmente aveva capito anche lui che la strada giusta da percorrere era questa ed io ne ero sollevata, perché anche se la sua presenza mi faceva sempre effetto ero più tranquilla.
Improvvisamente però partì una scena nel film ovvero i due ragazzi protagonisti si stavano baciando finendo poi a letto insieme.
Nicolò si girò verso di me mentre stavo cercando di far finta di niente ma dentro di me andavo a fuoco e cercavo di mantenere lo sguardo fisso sulla televisione mentre lo sentivo sempre più vicino.

"N-Nico" dico per poi prendere il telecomando in modo repentino e spegnere la televisione "Brutto come film" aggiungo, lui però sembrava completamente assorto e continuava ad avvicinarsi "Ti prego" dico implorandolo.
"Lo vogliamo entrambi, non dire cazzate" mi sussurra all'altezza dell'orecchio, inclino leggermente il collo cercando di mantenere la lucidità.
"No, ora che abbiamo trovato l'equilibrio perfetto non roviniamolo" dico appoggiando le mie mani sul suo addome per respingerlo ma con scarsi risultati.
"Dammi un solo bacio" dice guardandomi dritto negli occhi "Che c'è? Hai un altro?" continua scherzoso.
"Sì" rispondo seria, smorzandolo.

A quelle parole si era freddato tutto di un botto, sicuramente non se lo aspettava.
Lo sentivo rigido sotto i miei palmi che erano fermi sul suo addome, lo guardo intensamente.

"Scusami" dice velocemente tirandosi indietro "Non dovevo, sono stato un coglione" aggiunge.
"Nico" sospiro mentre lui si alza dal divano camminando avanti e indietro cercando di somatizzare la notizia.
"No, no" dice passandosi nervosamente la mano tra i capelli "Tutto stava filando liscio e come al solito devo rovinare tutto, ti prego scusami ancora" aggiunge in preda quasi ad un attacco di panico, mi alzo e mi metto davanti a lui fermando la sua camminata che stava cominciando ad agitare anche me.
"Non hai fatto nulla di sbagliato, non te ne ho parlato di Manuel perché non volevo metterti altri pensieri per la testa e quindi ho sbagliato io" dico con tono più tranquillo possibile.
"Manuel?" chiede come se avesse recepito solo il nome di tutto quello che gli avevo detto, annuisco "Da quanto va avanti?" chiede, appoggiando le sue mani sui fianchi. Era chiaro che stava sopprimendo la sua gelosia, mandandola giù come un grande boccone amaro.
"Da qualche mese" dico, non volevo andare troppo nei dettagli perché non volevo agitare ancora di più la situazione.
"Ti tratta bene?" dice provocando la mia risata, era così dolce quando si preoccupava.
"Mi tratta molto bene e anzi è anche un tuo grande fan" gli dico, lui ammicca un sorriso ma percepivo la sua rabbia camminare lungo il suo corpo.
"Fammelo a conoscere un giorno" dice "Mi farebbe piacere" aggiunge per poi abbassarsi a prendere la bottiglietta d'acqua, scolandosela quasi tutta insieme.
"Sì, immagino" dico con voce flebile e infatti non mi aveva sentito.

Il pomeriggio era passato, Nicolò inevitabilmente si era freddato ma non gliene davo una colpa perché la notizia era arrivata come un fulmine a ciel sereno ma da una parte era meglio così: via il dente e via il dolore.
Ero pronta per tornare a casa, Manuel mi avrebbe raggiunto sul tardo.

"Vi ringrazio per il pranzo e per la bella giornata" dico abbracciando Francesca che ricambia accarezzandomi la schiena.
"Torna presto, mi raccomando" dice Benedetta, dandomi un bacio sulla guancia.
"Promesso" le dico sorridendo.
"Nico, vieni a salutare" urla Igor verso il piano di sopra.

Intravedo Nicolò scendere le scale, era salito su in stanza parlando al telefono, probabilmente era qualcosa relativo al calcio.
Scendendo, lo vedevo abbastanza scocciato e non riuscivo a definire se lo fosse perché non voleva che me ne andassi o perché preferiva che lo facessi.

"Te ne stai andando?" chiede reprimendo i suoi pensieri.
"Eh già" dico dondolando avanti ed indietro un po' imbarazzata.
"Scrivimi appena sei tornata a casa" mi dice, annuisco.
"Ciao campione" gli sussurro scombinandogli i capelli.

Mi appoggio al suo braccio e mi metto sulle punte per arrivare alla sua guancia dove gli stampo un bacio delicato.
Lui sembra abbassare un po' quel muro che si era creato avvolgendo le sue braccia attorno al collo.
Sorrido involontariamente mentre appoggio le mie mani intorno ai suoi fianchi giocando con i lembi della sua maglietta.
Per quanto se ne voglia Nicolò era un'anima buona, una volta che ci entravi a contatto te ne accorgevi di quanto potesse essere puro e dolce.

"Ci sono per te, ricordatelo sempre" mi sussurra.
"Lo sai che è reciproca la cosa" gli dico a mia volta per poi staccarmi dall'abbraccio.

Saluto ancora una volta tutti e mi avvio verso la mia auto, l'apro e salgo.
Prima di andarmene mi volto verso il finestrino e guardo il riflesso di Nicolò che era lì, fermo da solo ad aspettare che uscissi dal suo cancello di casa.

Siccome seiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora