Capitolo sedici.

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Finalmente eravamo io e lui.
Ginevra e Nicolò.
Eravamo noi, senza intoppi, senza problemi, senza ostacoli.

Subito dopo la festa per Roma, siamo andati a casa sua.
Avevo avuto modo di avvertire Lavinia e la mia famiglia che sarebbe partita il giorno seguente per tornare a Milano, raccontando tutto ciò che era successo con Nicolò.
Avevo provato a chiedere anche di Manuel ma non avevo ricevuto molte risposte dato che era andato via in fretta e furia dopo la discussione.

Sospiro.
Da una parte ero sollevata per aver detto la verità ma dall'altra ero tremendamente dispiaciuta per Manuel, sarebbe stato da ipocrita negarlo e lui non se lo meritava affatto.

Mi guardo intorno ispezionando un po' la stanza di Nicolò e noto come tutto richiamasse al calcio.
Erano appese al muro magliette firmate regalate da altri calciatori, palloni tenuti come cimeli sulla mensola.
Sorrido pensando a come per lui il futuro era stato già scritto avendo un padre calciatore.

Il sole stava calando lentamente, mi ritrovo a fissarlo dalla sua grande vetrata che affacciava sull'Eur.

"Vedremo ogni tramonto e ogni alba insieme"

Il suo respiro caldo mi provoca un brivido lungo tutta la schiena mentre avvolge le sue braccia attorno ai miei fianchi stringendole poi sulla pancia, si poggia con il mento tra l'incavo del mio collo.

Restiamo in silenzio ancora qualche minuto, godendoci il panorama.

Mi giro verso di lui, lo ammiro in tutta la sua bellezza.
Qualche gocciolina d'acqua ancora correva lungo il suo addome, aveva intorno ai fianchi un solo asciugamano che lo copriva.

Le nostre fronti si fanno sostegno a vicenda e i nostri nasi si sfiorano.

"È stata una lotta eh" sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra.

"Ma abbiamo vinto noi" risponde a tono fiero.

Mi lascio scappare una leggera risata e poi come una catapulta sento le sue labbra sulle mie.
Con lui era diverso ogni singolo bacio, abbraccio o persino discussione.
Sentivo le farfalle nello stomaco come se ci fossimo conosciuti da mezz'ora.

Si ferma di colpo lasciandomi ancora con gli occhi chiusi che poi apro lentamente per paura che tutto ciò che stava accadendo fosse solo frutto della mia immaginazione.

"Quanto cazzo sei bella?!" dice con tutta la spontaneità possibile.

Mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi mi guarda come a chiedermi se potessimo fare quel passo in più che non avevamo mai fatto, neanche quando iniziammo quella "storia segreta" durata qualche mese.

Non mi do modo di pensare, agisco di pancia e lo riprendo a baciare stringendo le mani sulle sue guance per portarlo verso di me a dargli il consenso.
Indietreggiamo senza mai staccarci fino ad atterrare sul suo letto.
Velocemente, mi metto a cavalcioni su di lui mentre era intento a cercare la zip del vestito per tirarla giù.

Nell'aria si sentivano solamente lo scrocchio delle nostre labbra, i gemiti che uscivano dalla mia bocca e che lo facevano diventare pazzo.

Cominciamo a fare l'amore con la luna che piano piano prende possesso del cielo accompagnata dalla scia delle stelle.

Era stato tutto così magico.

Ore 7.00

Una carezza mi sfiora il viso mentre il sole riscalda il letto.
Apro lentamente gli occhi trovandomi davanti le grandi iridi color nocciola di Nicolò che mi fissano in un modo tremendamente dolce.
Non diciamo una parola ma i nostri sguardi parlavano da soli a tal punto che mi sentivo talmente imbarazzata da affondare ancora di più la testa nel cuscino.

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