Capitolo 13

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Un altro giorno di lavoro, pieno di urla, pianti e risate di bambini mi aspettava dopo aver aperto la portiera dell'auto. I timpani di un'insegnante d'asilo a un certo punto imparano a percepire solo gli ultrasuoni emessi da quei piccoli fagotti di dolcezza, purtroppo però il mio udito non aveva ancora raggiunto quelle doti straordinarie e dovetti semplicemente imparare a sopportare. 

Quando avevo scelto quel lavoro sapevo bene a cosa sarei andata in contro ma, in fondo, amavo ciò che facevo. I bambini potevano portarti allo strenuo, farti perdere i capelli e la pazienza, ma stare con loro riempiva la mia giornata sotto ogni punto di vista. Dovevo perciò ammettere che la soddisfazione provata vedendo quei piccoli sorrisi gengivali, colmava ogni sensazione di stanchezza e allontanava ogni pensiero.

Quel giorno però, come altri venuti prima, non riuscì a concentrarmi pienamente: Hayun aveva colpito nel segno. 

"Semplice: fatti avanti e cercalo" .

Scossi la testa e con la mano scacciai un moscerino che mi ronzava attorno. No, non dovevo pensarci; quella era proprio una pessima idea. 

Dopo essere entrata nell'aula e aver poggiato la borsa e il resto del materiale sulla cattedra, mi apprestai a ricevere i genitori con il migliore dei miei sorrisi. 

Il destino, ancora una volta, però decise di giocare a mio sfavore. 

La piccola Hyun, accompagnata dal padre, fu la prima ad arrivare. Era aggrappata alla spalla del suo genitore e indossava un vestito viola con dei fiori, non riuscì a non notare i suoi piedi privi di scarpe ma coperti da delle calzette spaiate: una era a righe e l'altra a pois. Notai l'espressione stanca del signor Kim mentre si avvicinava a me, probabilmente aveva dovuto combattere con la figlia per tanto; quando però incontrò i miei occhi gli spuntò un sorriso imbarazzato. 

«Spero di non essere troppo in anticipo, la madre di Hyun aveva un incontro di lavoro e non poteva accompagnarla, perciò l'ho fatto io ma non ricordavo bene l'orario di apertura» disse prima di ridere delicatamente, come per scusarsi. 

«Non si preoccupi, è arrivato in perfetto orario. Non un secondo in meno o in più.» Sorrisi a mia volta, cercando di essere gentile. Comprendevo bene la sua situazione così, senza esitazione, mi avvicinai a lui e allungai le mani per prendere in braccio la piccola.
«Le scarpe?» gli chiesi mentre mi porgeva la bambina. La guardai negli occhi e giocai con la sua piccola mano paffuta; in un attimo Hyun divenne felice. La feci sedere sulla cattedra e, dopo aver preso le scarpine rosse che mi aveva dato il padre gliele misi. 

«Stamattina non voleva metterle, e ho dovuto portarla così, mi dispiace» parlò il genitore, mentre mi osservava. 

«Ah, non fa niente è una cosa da nulla.» Appena sistemai del tutto la piccola peste, mi misi dritta e le diedi un puffetto sul nasino. Mi girai di nuovo verso il signor Kim, ma tra di noi cadde il silenzio. Non c'era traccia degli altri genitori e lui mi guardava senza sapere cosa fare o dire; così ebbi l'idea malsana di seguire il consiglio di mia sorella. Me ne sarei pentita? Probabilmente sì, ma non mi interessò molto in quel momento. 

«Signor Kim-» 

«Oh, mi chiami pure Namjoon, non mi infastidisce.» Annuì piano, anche se non ero pienamente d'accordo con quella richiesta, perferì comunque non contestare. 

«Volevo chiederle un'informazione...» Oh, quanto avrei voluto scavarmi una fossa e sotterrarmi.

«Sì, mi dica.»

«Qualche giorno fa è venuto un suo amico a prendere Hyun.» Guardai la piccola seduta che si guardava in giro e giochicchiava con gli oggetti sulla scrivania in modo tenero.

«Certo, Taehyung! Lo ha conosciuto? Ha dimenticato di darle la delega?»

«No, no, affatto.» Scossi le mani di fronte a me per negare ulteriormente. «Io in realtà lo conoscevo già, abbiamo frequentato per un periodo l'università assieme.» Probabilmente le mie guance diventarono rosee: il pensiero di ciò che avrei detto dopo mi imbarazzava; sarei sicuramente sembrata una disperata o una spudorata. 

«Oh capisco...» mormorò; ero sicura avesse già compreso il fine della discussione.

«Ecco, so che può sembrarle strano e io non sono proprio una persona che usa chiedere certe cose, ma degli amici dell'università stavano organizzando una piccola cena di "rimpatriata", per così dire. Volevano che anche Taehyung partecipasse ma non conoscevano il suo numero, quindi ho pensato di chiedere a lei.» "Bugia, bugia, bugia" ecco l'unica cosa che ripetevo nella mia testa, sentendomi sempre più stupida. Il signor Kim fece una strana espressione, un po' sbieca, come qualcuno che ha già afferrato ogni cosa, ma vuole continuare a fingere. Poi mi sorrise ampiamente, cercando forse di tranquillizzarmi; la mia sensazione di disagiò però più che diminuire, aumentò. 

«Ah, certo! Se mi dà un attimo...» Armeggiò nelle sue tasche per qualche istante, poi estrasse un cartoncino beige che mi porse. «Ecco, questo è il suo cartellino. Lavora lì, il numero è quello dell'ufficio, ma risponde praticamente sempre»

Presi il cartellino con un poco di esitazione e lo poggiai sulla cattedra, poi lo ringraziai.

Non avevo la più pallida idea di quello che avrei fatto dopo, eppure ero già ansiosa. 

Angolo me

Più di 800 parole! Mi sono fatta prendere dalla scrittura e non ho controllato il numero, ma non volevo dividere il capitolo. Un piccolo strappo ogni tanto è lecito! 

Ho veramente poco tempo oggi, quindi non mi dilungo in chiacchere. Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto. Questa è la prima apparizione di Namjoon! Vi aspettavate fosse il padre di Hayun? Come vi è sembrato? E secondo voi ha davvero capito che Haneul stesse mentendo?

Scappo! Come sempre è stato un piacere scrivere il capitolo per voi, a presto!

GAIA

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