Taehyung
Ricordavo ancora il giorno in cui avevo si e no una decina di anni e insieme agli altri bambini della chiesa avremmo mangiato tutti insieme.
I nostri genitori avevano preparato piccoli panini, tramezzini, torte salate e portato bevande gassate per la nostra piccola agape ma io ero spaventato da quei bambini. Mi prendevano in giro, si prendevano gioco di me alle mie spalle ed io odiavo quella situazione. Mi sentivo costantemente a disagio con loro perciò quando gli educatori chiesero chi non voleva condividere il proprio cibo con gli altri io alzai la mano.
Sapevo che papà non sarebbe stato contento di quella mia scelta, ma io odiavo stare con quei bambini perciò sperai che se avessi detto di non volerlo condividere mi avrebbero fatto tornare a casa.
Ma non andò così.
Gli educatori ci — a me e agli altri bambini che non avrebbero condiviso il loro cibo — fecero sedere in un angolino della stanza, accanto al prete.
«Alla mia destra ci sono i bambini bravi, quelli che hanno deciso di condividere i loro beni con i loro amici» il sorriso che gli aveva riservato era finto, era diverso dai sorrisi che mi regalava mamma, più materni e reali. «Alla mia sinistra, invece, — il suo tono era diventato più cattivo, più serio e distaccato — ci sono i bambini non bravi, quelli che vogliono tenersi tutto per loro» non capivo se il suo sadismo era fatto apposta oppure no.
Subito tutti i bambini che avevano condiviso i loro tramezzini e le loro torte iniziarono a prenderci in giro, ci puntarono il dito contro e fecero piangere il ragazzino che sedeva accanto a me.
Volevo abbracciarlo per farlo smettere di piangere, ma quello era lo stesso bambino che mi aveva fatto esplodere il palloncino rosso con il quale ero arrivato alla chiesa e quindi rimasi a sedere al mio posto indifferente.
La chiesa ha sempre detto di essere un posto bello. Un posto dove tutti possono essere tranquilli e rilassati, dove nessuno avrebbe mai puntato il dito verso gli altri. Eppure quel giorno capii il peso di quella bugia, capii che quello non era il posto in cui volevo passare il resto della mia vita.
Da lì la mia intera esistenza prese la disastrosa piega che mi aveva portato ai miei diciassette anni: i genitori separati, una madre costantemente indaffarata, dei bulli che mi prendevano in giro e il mio stupido coraggio di andare in giro con una gonna rosa.
Da qualche giorno però quell'esistenza era diventata migliore. E tutto questo grazie a quel pallavolista che proprio in quel momento stava ridendo e scherzando con alcuni suoi compagni di squadra poco più lontano da me e Jimin.
«Tu non me la racconti giusta» parlò improvvisamente il mio migliore amico, mi girai nella sua direzione e lo vidi con sguardo indagatorio e braccia incrociate al petto.
«Cosa?» storsi le sopracciglia.
«Mi hai detto che martedì te e Jungkook avete solamente chiacchierato fino al cancello della scuola» fece un passo verso di me. «Ma ho come l'impressione che non mi hai detto la verità».
Andai nel panico. Non dire la verità a Jimin era come scavarsi da soli la fossa. Te l'avrebbe rinfacciato a vita e ancora era arrabbiato con me perché un giorno gli dissi che avevo perso le sue cuffiette ma in realtà le avevo solo nascoste a casa mia.
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The Feminine Boy - KOOKTAE
Fanfiction[non appena posso revisionerò l'intera storia e probabilmente la riscriverò in maniera più dettagliata e soprattutto migliore] «Ascolta, testa di cazzo, quando imparerai a chiudere quella razza di fogna che ti ritrovi al posto della bocca?». Taehyu...