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(Legione)

Non riuscii a dormire affatto quella stessa notte e la cosa mi infastidì. Non fu solo perché, dopo avermi portata al limite, avesse osato abbandonarmi in quello stato, bensì perché continuassi a pensare a lui. Tentai di rammentare tutti i discorsi fatti al Nido, nessuno degli istruttori mi avrebbe giudicata "ingenua", sapevo distinguere le persone buone da quelle cattive e Mammon avrebbe dovuto stare nella categoria dei malvagi.

Cominciai a chiedermi il motivo. Era perché fosse davvero un uomo senza scrupoli o unicamente per via delle dure lezioni che mi erano state impartite fin da piccola? I Demoni erano i cattivi, gli umani i buoni, eppure la mia razza stava cercando di creare dei mostri, ci aveva usati entrambi e lui si era dimostrato l'unico dalla mia parte. Il fatto di pensare questo, di lasciarmi alle spalle tutti gli avvertimenti passati, mi rese inquieta.

Mi aveva lasciato da sola tutto il giorno, in preda all'agonia di non essere soddisfatta, a quel fastidioso prurito in mezzo alle gambe e alla sensazione di vuoto nello stomaco. Ero stata una merda, in tutti i sensi. Persino quando mi ero fratturata il polso ero stata meglio.

Sentii un suono provenire dal salotto e balzai in piedi. Corsi fin là e trovai Mammon. Diversamente dal solito non c'era nessun tavolo imbandito di dolci: c'era quel Demone che stava trafficando su un piatto e appena lo adocchiai le mie guance si tinsero di rosso.

«Buongiorno» gli dissi, giusto per capire dal tono di che umore fosse.

Lui non distolse gli occhi dal tavolo. «Buongiorno» mi rispose.

Mi avvicinai. Stava preparando una specie di sandwich e stava tagliando via i bordi bruciati del toast con estrema attenzione. Prese un grande cucchiaio di cioccolata e la spalmò sopra, indicandomi la sedia.

«Senti, riguarda ieri... Mi dispiace se ti ho offeso con Dheva. Ci ho riflettuto e mi sono comportata in modo infantile. Non avrei dovuto provocarti e...» dissi, prendendo un grosso respiro.

Scusarmi non era mia abitudine. Con Jo non lo facevo mai. Ammettevo i miei errori, ma preferivo restare zitta invece di scusarmi.

Avrei voluto aggiungere "magari tra noi sarebbe potuto andare molto diversamente", alludendo ad altre cose, però mi zittii prima, anche perché alzò lo sguardo e i suoi occhi lilla mi fecero rabbrividire.

«Va tutto bene. Anzi,» si corresse «ci siamo comportati in maniera inadeguata entrambi. Non sono abituato a fare le cose con calma, a chiedere e a subire questi affronti. Non volevo spaventarti.»

«Non mi hai spaventata» rimarcai troppo decisa e mi mangiai la lingua.

«Sei stata male, non è vero?» domandò senza peli sulla lingua e io annuii scocciata. «Anche io, non preoccuparti. È la giusta punizione per entrambi, direi.»

Punizione un corno, pensai. Avrebbe potuto scoparmi tutto il giorno e ne sarei rimasta soddisfatta, a chiedergliene ancora e ancora. Tutto sarebbe stato meglio di subire quei dolori atroci allo stomaco. Forse sperava che negassi.

«Siediti, parliamo un po' con calma» propose e trovai così strano il fatto di "parlare con calma" a un Demone.

Mi spinse sotto il naso il toast ricolmo di cioccolata spalmabile e ne presi un grosso morso, sporcandomi entrambe le guance. Emisi un sospiro appagato. Al Nido mangiavamo poco quei dolci, non erano salutari.

Mammon mi afferrò il mento e mi pulì le guance, versandomi poi del thé caldo. Profumava di qualche intruglio strano, di fiori, ed era arancio.

«Dove le hai prese queste cose? A voi Demoni il cibo non serve» gli feci notare.

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