IX

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(Seth)

Mi svegliai a scatto udendo un rumore. Aprii gli occhi e mi tirai su a sedere, cercando stupidamente uno dei coltelli che al Nido tenevo sotto il cuscino per sicurezza. Una volta Samuel, per scherzo, aveva cercato di intrufolarsi in casa mia per spaventarmi e io, senza riconoscerlo, avevo tirato una daga al suo Demone-lupo.

Una ragazza stava sistemando dei vestiti nell'armadio, ai suoi piedi c'erano delle scatole enormi e ingombranti. Aveva dei capelli cortissimi, neri e ribelli, le braccia percorse da tatuaggi. Gli occhi erano piccoli, oscuri, con sopracciglia perfettamente disegnate. Indossava un top bianco che metteva in mostra la sua pancia piatta e il piercing all'ombelico, insieme a una lunga gonna blu che le sfiorava le caviglie.

«Ehm... Tu chi sei?» domandai confusa, non capendo se me la stessi immaginando o no.

Per un po' mi ignorò e io cercai di fare mente locale. Di sicuro era una Succube, tutte avevano il loro marchio da qualche parte nel corpo, una specie di cuore trafitto da corna e spine, e il suo si intravedeva dalla cinta.

«Sono Aura» sibilò dopo del tempo, sistemando dei cappotti.

«Sei la mia cameriera?» ironizzai.

Si voltò e mi inchiodò con uno sguardo perforante al muro. Fui percorsa da un brivido freddo e persi il mio sorrisetto presuntuoso. Amore entrò nella camera con un'altra scatola chiusa e la poggiò a terra in un sospiro.

«Oh, ti sei svegliata, meno male. Mammon ha pensato ti servissero dei vestiti, ci ha mandate a fare shopping. Adoro i vestiti umani, sono così unici» gongolò, alzando da uno dei pacchi degli shorts rossi.

Se li mise davanti al bacino, immaginando di indossarli.

«Mammon ha...» borbottai e mi sfregai la faccia per darmi una bella svegliata.

Saltai giù dal letto e zampettai accanto alla marea di scatole poste a caso, come mine, sul tappeto. Non avevo mai visto così tanti vestiti in una stanza fino ad allora, nemmeno Sophia ne aveva così tanti e lei era la ragazza più bella del Nido, una diva che indossava i pantaloncini corti persino in inverno.

«Non potevamo portarti i tuoi, è ovvio, e poi penso che tu abbia un gusto orrendo. Non ho mai visto una ragazza vestirsi in modo tanto rozzo» mi giudicò, mi afferrò il mento e mi guardò più da vicino. «Sei carina e ora sei una principessa. Dovrai imparare le buone maniere, o almeno essere educata.»

Mi guardai allo specchio: avevo i capelli scombinati sulle spalle come ogni mattina, ondulati. Gli occhi verdi cerchiati da delle leggere occhiaie di stanchezza. Stavo decisamente meglio rispetto agli altri giorni, le labbra stavano riprendendo colore, la pelle era rosata sulle guance dato che mi ero sfregata il viso contro il cuscino. Non ero lo stereotipo della bella ragazza, avevo le gambe corte e le braccia ricoperte di lividi, per non parlare del mio carattere.

«Educata? Io sono educata!» sillabai offesa, dopodiché sbadigliai sonoramente. Le sorrisi e lei scosse la testa. «Oh, dai, Mammon conosce i miei modi. Non vorrai mica che sia come le mogli di Asmodeus?»

«No, quelle tre oche non fanno niente di produttivo, a parte tenere buono quell'uomo, ma sanno le regole di etichetta e come ci si deve comportare a palazzo. Non puoi rivolgerti a Lord Azrael come se fosse un tuo amico. Sì, mi ricordo con quale tono gli hai parlato. Se non fossi stata...»

«Sotto la protezione di Mammon, bla bla... Lo so» tagliai corto, agitando la mano in aria. «Insomma vuole che io sia più carina? Che sbruffone, e dire che me li ha strappati lui i vestiti l'altro giorno» dissi e Amore mi sfoggiò un'occhiata sbigottita. Sghignazzai e tirai fuori da una scatolina nera un paio di slip neri di pizzo, oscenamente trasparenti e sottili. «Carina e troia, aggiungerei. Li ha scelti lui?»

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