IV

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(James Mordecai)

Il giorno seguente mi svegliai all'alba e mi trascinai fino alla mensa per fare colazione. Per fortuna a quell'ora molti cadetti dormivano ancora, avrei avuto un'ora tutta per me e, a parte pochi eletti, la mensa era deserta. Mi sedetti davanti a una tazza enorme di caffè senza zucchero e mi sforzai di mangiare almeno un toast con il burro per darmi energia.

Avevo dormito malissimo; solitamente in missione si riposava poco e sempre in giacigli e posti scomodi, ecco perché quando tornavo a rintanarmi in un letto crollavo subito. La notte precedente ero rimasta a pensare a Mammon, su ciò che mi avesse detto riguardo alla Gemma e le precisazioni di Liz, sul fatto che non avesse voluto farmi del male.

Dovevo davvero ascoltare le sue preoccupazioni dopo che lui stesso aveva deciso di fuggire via senza avermi spiegato la situazione? Anzi, il suo problema ero io e ne ero certa: mi aveva preso in giro, aveva scherzato per isolarmi dallo scontro e si era approfittato dei miei pensieri.

Arrossii furente. Sapevo che Mammon mi stesse tenendo d'occhio, non sapevo come, tuttavia se aveva così a cuore il futuro della Gemma probabilmente aveva già elaborato un piano su come riprendersela. Magari puntava al fatto che l'avremmo tenuta al Nido.

Correvamo dei seri pericoli in aereo e secondo i rapporti ci avremmo messo quasi nove ore ad arrivare a destinazione. Non mi sentivo affatto sicura.

Presi lo zaino con le mie cose (giusto un pratico cambio se fossi finita di nuovo in acqua) e andai verso il portone del Nido, sonnecchiando. Joachlin, James, il generale e gli altri soldati erano già presenti e aspettammo i ritardatari senza fretta.

Bill Costantine fu l'ultimo ad arrivare. Ero stata molte volte in missione con lui, secondo il mio parere la sua abilità con la spada era inferiore alla sua capacità di navigazione. Aveva un ottimo senso dell'orientamento e, specie nelle missioni in cui dovevamo ritrovare delle tracce specifiche, era stato di notevole aiuto.

«Be', alla buon'ora» mi lamentai.

Haule, il suo Demone-cane, mi guardò guardingo. Tra lui e Lizbett non correva buon sangue, non seppi se fosse derivato dal fatto che fossero solo cane e gatto o perché Haule, tempo prima, avesse cercato di divorarla.

«Ehi, ho avuto John a casa mia tutta la sera e non si è schiodato dal divano» si difese scocciato. «Il generale non lo ha inserito in missione per i problemi che ha dato di recente, ma suo padre ha dato di matto. Sai che per i Baskerville la famiglia è tutto, ma sono all'antica.»

Non erano rari i casi di violenza al Nido, erano tantissimi i ragazzi che venivano educati duramente e Joachlin era uno di quelli. Avevo visto Jo fallire un esame all'età di otto anni e il generale picchiarlo davanti a tutti. Non fu un bello spettacolo.

Lasciai perdere e andai da Joachlin a riferirgli che l'ultimo della lista fosse arrivato. La segretaria del generale compilò una scheda e passò un foglio al generale Mordecai, il quale si raschiò la gola.

«Allora, ragazzi. So che alcuni di voi sono stati chiamati all'ultimo momento, ma avevamo bisogno di personale capace e voi siete i migliori. Ognuno di voi ha delle qualità che lo rendono perfetto al lavoro di squadra, ergo, se dovesse succedere qualcosa, collaborate» iniziò. «Bene, arriverete all'aeroporto di Washington verso metà pomeriggio. La tratta sarà libera di velivoli e a partire dalle acque americane sarete scortati da due aerei militari. Per ragioni di sicurezza verrete messi in auto diverse e sarete irrintracciabili all'interno della loro base.»

Un cadetto emise un sospiro confuso. «Quindi se uno di noi dovesse morirci non lo sapreste? Non servono proprio a questo i nostri orecchini?»

Tutti i soldati che venivano mandati in missione, o meglio, tutti quelli che possedevano un Demone, avevano un orecchino GPS, in grado di monitorare sia la posizione di un individuo sia il suo stato.

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