IX

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31.10.1300, ore 22:00

Quella sera si festeggiava il Samhain. La notte del capodanno celtico, la notte in cui i vivi e i morti erano più vicini che mai. Fulvio aveva organizzato una grande festa e tutti i nobili del castello erano stati chiamati. Nella sala del trono erano state posizionate tre grandi tavolate una di fianco all'altra, a formare una U rovesciata. Nei giorni precedenti, con l'aiuto di Rodolfo, aveva distribuito beni di prima necessità a tutti gli abitanti del borgo. Questo causò dei dissensi da parte di Giovanni, ma venne prontamente ignorato.

Nei mesi precedenti v'erano state altre feste ed erano arrivati altri nobili a palazzo per firmare le consuete alleanze. Tra i nuovi arrivi v'era anche il cavaliere Brown, inviato da Re Edoardo I per controllare che tutto procedesse come stabilito. Brown era un uomo serio e severo, molto simile a Giovanni caratterialmente e dall'aspetto non molto gradevole. Era basso, tozzo e trasandato. Persino i pastori del borgo, dopo aver passato un'intera giornata con gli animali, erano più affascinanti di lui.

Per quanto riguarda le fanciulle, invece, avevano stretto un'amicizia pura e sincera. Margherita aveva finalmente imparato ad essere meno tesa, più giocosa e spontanea. Questo suo essere spontanea, inizialmente le aveva causato problemi con suo marito, il quale si era indispettito e l'aveva punita per aver riso durante una cena, invece di limitarsi a sorridere. Il giorno successivo, quando Bianca vide Margherita nuovamente tesa, capì immediatamente cos'era accaduto e si scusò con lei. Non ne aveva alcuna colpa ovviamente, ma non poté fare a meno di sentirsi responsabile. Con il passare dei giorni, però, riuscì ad elaborare un metodo per evitare che l'amica soffrisse inutilmente: quando Giovanni era presente, ella doveva mostrarsi come lui l'aveva sempre vista, mentre, quando erano sole, poteva essere sé stessa appieno. Non fu semplice per Margherita mettere in atto una sceneggiata simile. Non era brava a in quel genere di cose, ma con il tempo imparò che era l'unica soluzione.

Con il passare dei giorni, Giovanna cominciò a notare la spontaneità di sua sorella e la apprezzò. Non l'aveva mai vista ridere, scherzare e giocare. I loro litigi si affievolirono, fino a poi scomparire del tutto. Si riscoprirono essere molto più simili di quanto immaginassero. Quando poi scoprì che v'era Bianca dietro questa ritrovata spontaneità della sorella, convinse la sua amica Eustasia a chiedere consiglio alla giovane dama, la quale, però, sembrò rifiutarsi di aiutarla.

"Se Fulvio è l'uomo che desiderate, non dovete far altro che andare da lui e confessare i vostri sentimenti. Io non posso aiutarvi in alcun modo." Le disse.

Giovanna si infuriò, ma non capì che in quella frase vi era già il consiglio più prezioso che ella poteva dare. Eustasia però non lo seguì mai e cominciò a rifiutare di uscire ancora assieme alla donna.

Avevano ormai quasi terminato la cena. Sulla tavola erano rimaste poche cose, perlopiù frutta. Fulvio si alzò e silenziosamente si avvicinò ad una donna: Pietra. Ella era arrivata al castello solo poche settimane prima, era una cantante, ma non aveva ancora avuto modo di mostrare il suo talento. Aveva un viso angelico, la pelle sembrava così liscia da ricordare quella di un bambino; gli occhi erano ambrati e i capelli biondi. Non aveva un fisico longilineo, al contrario, era parecchio in carne e questo la rendeva ancor più bella.

Eustasia seguì Fulvio con lo sguardo e, quando lo notò di fianco a Pietra, venne colpita dalla gelosia. Si sa, la gelosia è un sentimento malvagio, per questo si ritrovò a lanciare il suo sguardo più crudele a Bianca. Aveva bisogno del suo aiuto per conquistare l'uomo, o almeno così credeva. Anche Giovanna, la quale notò la reazione dell'amica, pensò che la causa di ciò fosse Bianca. Forse, eccetto Margherita, nessuno aveva compreso la donna e i suoi consigli.

"Scusate il disturbo, dama Pietra." Sussurrò Fulvio, facendo attenzione a farsi udire solo da lei. La donna, lasciò il pezzo di mela che stava per mangiare e si voltò verso l'uomo, incitandolo poi a parlare.

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