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23.03.1301, ore 18:30

Domenico Di Laia era un uomo senza alcun dubbio affascinante. Era alto e atletico, aveva una sottile barba nera legata ad un altrettanto sottile pizzetto. Le sue basette e i suoi baffi puntavano all'insù. I capelli (neri anch'essi) erano di media lunghezza e perennemente scompigliati. Aveva dei particolari occhi dorati allungati, che ricordavano gli occhi di un falco. Era solito indossare un lungo mantello nero con cappuccio che lo copriva interamente, lasciando in vista solo li occhi. Aveva un gran senso dell'umorismo e una straordinaria abilità con le armi di ogni genere.

Nell'ultima settimana non aveva fatto altro che pensare agli occhi azzurri della donna che aveva incontrato. Ella aveva una bellezza che mai aveva visto prima e mai aveva osato immaginare. Voleva rivederla, ma non poteva certo andare da lei come nulla fosse e presentarsi, dopotutto egli era un uomo ricercato in diversi regni.

Era fuggito dal regno di Spagna, dov'era nato, per poi ritrovarsi nel regno di Sicilia dove aveva vissuto in pace e tranquillità solo per pochi mesi. Aveva uno scopo nella vita: aiutare chiunque ne avesse bisogno e sottrarre ricchezze ai nobili. Molti lo paragonavano a Robin Hood, ma, secondo il suo parare, era un paragone errato. Egli aveva deciso di diventare brigante seguendo la via della vendetta. Un nobiluomo affamato di ricchezza aveva tolto la vita alla povera madre di Domenico, unico famigliare che egli aveva, per prendere tutto ciò che ella possedeva. Domenico si ritrovò così ad essere un orfano impaurito all'età di soli quattro anni. Venne trovato nei boschi, dopo due mesi di digiuno, da tre donne chiamate Dìsir, poiché credute portatrici di morte. Elle invece altro non erano che tre sorelle di buon cuore. Lo accudirono, gli diedero da mangiare e un posto nella loro grotta dove dormire. Crescendo gli raccontarono quanto il mondo fosse crudele e gli insegnarono a difendersi con armi di ogni genere. Quando lui compì quindici anni, due delle tre donne morirono di febbre e Adelaide, l'unica sopravvissuta si lasciò morire poche settimane dopo, troppo era il dolore della perdita delle sorelle. Lui si prese cura delle tre donne fino al loro ultimo respiro, per ricambiare ciò che loro avevano fatto per lui. Alla fine, però, si ritrovò nuovamente solo con la differenza che, a quel punto, sapeva prendersi cura di sé stesso. Le Dìsir gli avevano insegnato a cacciare, a cucinare e a distinguere i funghi commestibili da quelli velenosi. Sopravvisse per un anno nei boschi in completa solitudine, immerso nella natura e tra gli animali. Benché inizialmente non faceva distinzione ed uccideva ogni creatura, crescendo aveva iniziato ad apprezzare la compagnia di cervi, lepri e lupi ed aveva smesso di cacciarli. Aveva iniziato a nutrirsi solo di cinghiali, verdure e frutta selvatica. Dopo un anno si era ritrovato nei pressi di un villaggio spagnolo. Rubò una gallina, circa una dozzina di uova e degli abiti che qualcuno aveva lasciato ad asciugare. Si diresse al fiume per lavarsi (ormai erano mesi che non si lavava e il corpo aveva iniziato a prendere un orribile colore marrone, senza parlare del fetido odore che emanava.) ed usò gli abiti trovati per sostituirli ai suoi, che poi bruciò perché ridotti ormai a brandelli. Mangiò a sazietà quel giorno e si incamminò verso una nuova meta. Fu quella stessa sera che prese vita il suo soprannome e divenne un brigante. Mentre camminava lungo il fiume, vide un uomo, senza dubbio un nobile, che atava abusando di una serva giovane, se non giovanissima. Non ci pensò due volte a scagliarsi contro di lui e buttarlo in acqua per difendere la fanciulla. Tra gli abiti che aveva rubato vi era un mantello nero che usò per coprire la testa e le orecchie dal freddo della notte. Quell'uomo, ancora in vita, ma ferito riuscì a vedere solo i suoi occhi, prima di vedere Domenico correre via. Da quel giorno capì che il suo scopo era quello di sottrarre qualcosa ai nobili e così iniziò la sua nuova vita da "fantasma" o "anima vagante".

"Sei di nuovo perso nella tua mente, capo?" La voce bassa e roca di Miguel destò Domenico. Miguel era un suo caro amico, erano scappati insieme dalla spagna, dopo essersi conosciuti in una delle celle del castello. Domenico rise.

"Esiste un istante in cui non lo sono?" chiese retorico. Allontanò la schiena dal muro di pietra dov'era poggiato e scrocchiò il collo. "Ascolta, devo sbrigare una faccenda personale. Credi di poter badare a questi quattro inetti da solo?" chiese, riferendosi agli altri quattro uomini che si erano uniti alla sua causa.

"Faccenda personale?" chiese confuso l'amico. "Non esistono faccende personali. Hai forse dimenticato che siamo una famiglia?" chiese ancora, questa volta leggermente irritato. Domenico non si lasciò sconvolgere dalle emozioni di Miguel. Indosso il suo mantello e si avviò per la sua strada.

"Questa è personale. Li affido a te!" Il tono non ammetteva altre obbiezioni, così Miguel non poté far altro che annuire e tornare dal resto del gruppo.

Arrivò al castello quando il sole stava per tramontare. Le luci del cielo tendevano all'arancio, un gran bel colore, tra i preferiti di Domenico. Non sapeva esattamente cosa lo spingeva a voler incontrare ancora Bianca. Era bellissima, certo, ma pur sempre una nobildonna e con il tempo aveva imparato a capire che esse erano uguali, se non peggiori dei nobiluomini. Era bravo a non farsi notare, a passare inosservato e ad essere silenzioso, per questo lei non lo notò quando lui la seguì per tutto il tragitto dagli archi alle sue stanze. Quando lei entrò, lui era già all'interno. Nessuno sapeva come facesse ad essere tanto svelto. Lo trovò seduto sul davanzale della finestra. Il cappuccio nascondeva il viso e da quella prospettiva, con le luci del tramonto alle spalle, a Bianca sembrò quasi un'ombra. Solo le labbra e il mento erano visibili.

"Chi siete?" chiese lei. Non era spaventata, ma curiosa, per questo non arretrò, non urlò e non provò a scappare.

"Sapete già chi sono, signora." La voce era bassa, profonda, quasi tetra. Era vero: Bianca sapeva già chi fosse l'uomo. Lo aveva capito. Ciò che non capiva era perché si mostrasse a lei. Non era lì per derubarla, la sua fama parlava chiaro: nessuno lo vedeva quando rubava. Era furbo e svelto, forse più di una volpe.

"Avete ragione." Ammise, facendo un passo in avanti. "Ho posto la domanda errata. Cosa volete da me?"

"Avete qualcosa che mi appartiene." Le sue labbra sottili si allungarono ed un sorriso sghembo prese vita. Portò la mano al cappuccio e lo sollevò, mostrando per la prima volta il suo vero volto. Aveva capito che la donna era intrigata dalla sua presenza, non spaventata. Bianca non l'avrebbe denunciato. No, ella voleva conoscerlo. Voleva conoscere la sua storia e i motivi che l'avevano spinto a diventare brigante. Lei si avvicinò alla scrivania ed aprì un cassetto, senza mai staccare lo sguardo da quello di Domenico.

"Parlate di questa?" chiese, mostrando la rosa nera di carta tra le sue mani. Lui annuì.

"Avete intenzione di restituirla?"

"Perché mai dovrei?" chiese lei senza alcun timore.

"Potrei uccidervi."

"Non lo farete!" replicò sicura. "L'anima vagante non uccide, si limita a rubare. Inoltre, questa è la mia assicurazione contro di voi. Semmai decideste di rendermi vostra vittima, potrei denunciarvi ed incastrarvi. Soprattutto ora che ho visto il vostro volto."

Lui rise di gusto. Aveva ragione: lui non uccideva mai. Si alzò e le si posizionò avanti, a pochi millimetri di distanza. Era alto, molto più alto di lei, ma neanche la sua altezza sembrò spaventare Bianca.

"Io non vi ucciderò, così come voi non mi denuncerete." Le sussurrò, alzandole il mento con due dita. Le piaceva quella donna. Era diversa da tutte le altre nobili che aveva conosciuto e con cui aveva dormito. Ebbene sì, in passato aveva già conosciuto altre nobildonne che si erano concesse a lui, senza però sapere chi lui fosse. Lo avrebbero scoperto solo il mattino successivo, quando Domenico era ormai lontano e al suo posto vi era una rosa nera di carta e centinaia di gioielli ed oro in meno.

"A questo punto credo di non aver più nulla da fare in questo posto." Disse lui, allontanandosi per dirigersi verso la finestra per andare via.

"Aspettate." Lo fermò Bianca, afferrando un lembo del suo mantello. "Come vi chiamate?" chiese e lui rise ancora.

"Ve lo dirò quando mi riporterete la rosa." La provocò lui, sperando di dare un motivo anche a lei per rivedersi. Bianca stava per rispondere, quando venne interrotta dal rumore della porta che si apriva. Si voltò verso la porta, poi nuovamente verso la finestra e del brigante non vi era più traccia.

Leone entrò in camera e guardò curioso sua moglie.

"Che succede? Ti ho sentita parlare, chi c'era?" chiese.

"Nessuno." Mormorò lei. Sorrise dolcemente. Sì, voleva rivederlo. "Non c'era nessuno."

Dama Bianca (DISPONIBILE SU AMAZON)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora