2. L'amore di Bianca (I)

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15.03.1301, ore 11:20

Le giornate in quel di Brienza passavano tranquille. Gli ospiti del castello impararono a conoscersi a vicenda ed impararono a conoscere il luogo e i suoi abitanti.

Rodolfo, Fulvio e Leone avevano firmato una nuova alleanza che comprendeva solo loro tre. Firmarono quello che era un accoro di pace e di aiuto reciproco in caso di una guerra futura.

Virginia da Petruno era morta nella notte del 15 gennaio.

Giovanna ed Eustasia avevano tenuto Bianca a distanza, ancora arrabbiate per ciò che loro ritenevano un affronto. Bianca non si lasciò sconsolare da ciò e mantenne la sua solita allegria. In cuor suo, però, era preoccupata. Non lo era per ciò che riguardava le due donne, ma per Margherita. Dal giorno della partenza non l'aveva sentita. Le aveva scritto una lettera in cui le chiedeva come stesse e come stessero andando le cose nelle terre inglesi, ma non ebbe alcuna risposta. Sperava con tutto il cuore che l'amica avesse trovato una soluzione e che fosse riuscita a sistemare quella situazione orribile in cui si era ritrovata. Aveva provato inoltre ad ascoltare le conversazioni tra Giovanna e Rodolfo, sperando di cogliere informazioni, ma non udì nulla. Sembrava quasi che i due non sapessero ancora nulla della situazione del regno o della salute del Re.

Bianca stava passeggiando tra i corridoi del castello. Si era riscoperta amante di passeggiate al chiuso. In quel castello, mentre camminava, poteva vedere dalle finestre il panorama fiabesco del luogo. A seconda delle ore cambiava tutto. Ciò che si vedeva all'alba non poteva essere visto a mezzogiorno o al tramonto e così via. Mentre passeggiava sentì un vociare da dietro ad una colonna. Le parve di riconoscere la voce di suo marito e si avvicinò lentamente. Non sbagliò. Si trattava proprio di Leone, il quale stava corteggiando una serva. Lei era schiacciata tra il muro e il corpo possente dell'uomo e sembrava godere di quelle attenzioni e false promesse. Non le dava fastidio la scena appena vista. Finché egli aveva un'altra donna tra le mani era felice e a lei bastava questo. Si avviò lentamente verso il portone d'ingresso, facendo attenzione a non farsi udire ed uscì per completare la sua passeggiata in solitudine e tranquillità.

Poche ore dopo, mentre tornava al castello, si fermò ad osservare gli archi che portavano al fiume. Si nascose per un istante sotto di essi e sorrise dolcemente. Ricordò la scena vista di Leone e la serva e un po' la invidiò. Non per essere con lui, ma per essere toccata in quel modo. Portò una mano al collo e chiuse gli occhi, immaginando che fosse un uomo a toccarla. Stava godendo della sua immaginazione, quando venne risvegliata da un tonfo alle sue spalle e successivamente dalle urla di alcuni cavalieri.

"Cosa è stato?" chiese urlando uno.

"Qualcuno ha visto qualcosa?" chiese un'altra voce maschile.

Bianca si mosse in fretta e uscì allo scoperto per capire cosa stava accadendo. Dopo aver fatto alcuni passi in avanti, ancora non del tutto tornata con la mente alla realtà, si ritrovò a doversi fermare. Si scontrò con qualcuno incappucciato. Un uomo, senza dubbio, alto, ma non poté vedere altro, poiché coperto da un lungo mantello nero. Quando i corpi si scontrarono qualcosa cadde dalla tasca di lui e lei si sbrigò a chinarsi per raccoglierlo. Era una rosa nera. Si alzò nuovamente senza prestare inizialmente attenzione all'oggetto che aveva tra le mani. Si voltò e lo richiamò.

"Hey voi, aspettate!"

Ma l'uomo si limitò a voltarsi per un istante soltanto. Bianca riuscì a notare gli occhi. Dorati, allungati, che ricordavano quelli di un falco. Mai aveva incontrato uno sguardo così profondo e cupo. Ancora una volta, però, non ebbe il tempo di elaborare. L'uomo tornò sui suoi passi e scomparve in un istante, come un fantasma.

Tornò ad osservare l'oggetto tra le sue mani e solo in quel momento ricordò le conversazioni che aveva udito più volte tra Leone, Fulvio e Rodolfo. La storia del brigante che lasciava una rosa nera alle sue vittime. La storia del brigante fantasma. Lei lo aveva appena visto, lo aveva appena incontrato. Si voltò nuovamente, osservando il punto in cui l'uomo era scomparso. Non sapeva ancora esattamente cosa fare, ma era sicura che avrebbe trovato una risposta nella sua mente in un futuro non troppo lontano.

Nel frattempo, Rodolfo e Giovanna, che si trovavano nelle loro stanze, stavano discutendo animatamente.

"Non puoi essere arrabbiata con lei per questo motivo!" la rimproverò l'uomo. Giovanna sbuffò contrariata.

"Non capisci? Lei era l'unica che poteva aiutare Eustasia e cosa ha fatto? Si è rifiutata. Quale donna rifiuta di aiutare un'amica?" chiese lei.

"Sei sicura di ciò che dici? Quali sono state le sue parole? Pensaci bene, tesoro!"

"Ha borbottato qualcosa sul dichiarare i suoi sentimenti." Disse brevemente. "Lo ha detto solo per accontentarla e fingere di averla aiutata. In realtà non ha fatto o detto nulla. Sembra un consiglio questo alle tue orecchie?"

"Si, senz'altro!" rispose il marito. Si alzò dal letto su cui era seduto e andò da sua moglie per cingerle la vita in un abbraccio. "Cara, ascolta. Se io non ti avessi dichiarato apertamente i miei sentimenti, tu credi che saresti mia moglie adesso?" chiese in un sussurro, con tutta la delicatezza che possedeva. La donna si indignò e lo spintonò via, sembrando quasi scottata dalle parole pronunciate da lui.

"Si! Ovvio che lo sai!" replicò. "Inoltre, tu sei un uomo ed è un uomo che può dichiarare i sentimenti, non il contrario. Una donna che dichiara i propri sentimenti non è altro che una donnaccia!"

L'uomo rise a quell'affermazione che riteneva così stupida ed insensata.

"No, cara." La corresse. "Non c'è donna più donna di colei che ha il coraggio di esprimere ciò che prova."

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