4. L'anima Vagante (I)

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26.06.1286, ore 22:00

Dopo la morte di Adelaide, Domenico provò a vivere da solo nella casa in cui aveva vissuto con le tre donne, ma si sentiva solo e ogni angolo di quel luogo era colmo di ricordi. Dopo pochi mesi decise di uscire e provare a vivere la sua vita.

Gli insegnamenti delle donne lo spinsero a quella decisione. Elle erano solite dire:

"Non devi essere come noi. Un giorno sarai grande e forte abbastanza per camminare sulle tue gambe e vivere la tua vita. Semmai vorrai vivere in un villaggio potrai farlo. Semmai vorrei vivere nei boschi, potrai farlo. Semmai vorrai divenire un pirata, potrai farlo. Ma dovrai essere tu e tu soltanto a scegliere. Fa ciò che ti rende felice, null'altro!"

Così scelse di vivere da solo.

Aveva solo quindici anni e si ritrovò a doversi adattare alla vita nei boschi. Non aveva paura di animali o cavalieri che potessero attaccarlo. Le Dìsir gli avevano insegnato a cacciare e a difendersi da ogni genere di attacco.

Per un anno visse in pace. Cacciò qualsiasi tipo di animale per nutrirsi, cercava erbe nutritive e medicinali per curare ferite o malattie che poteva avere.

Inizialmente non faceva distinzioni e uccideva ogni animale che incontrava. Poi iniziò ad apprezzare la compagnia di cervi, lepri e lupi e smise di cacciarli. Iniziò a nutrirsi solo di cinghiali, verdure selvatiche e funghi.

Un giorno si ritrovò vicino ad un villaggio. Aveva camminato e si era spostato nei boschi per molto tempo. Usava le grotte per riposare nella notte e ricominciava a camminare alle prime luci dell'alba.

Nei i primi mesi, si rese conto di aver girato in tondo, non conoscendo bene le direzioni e non possedendo una bussola. Poi iniziò ad incidere delle X sugli alberi, per ricordarsi da dov'era passato. Iniziò ad osservare il sole e seguì le sue luci. Camminò dritto verso est e così, dopo un anno, si ritrovò avanti ad un villaggio per la prima volta.

Per un istante venne tentato dal restare.

Gli mancava la compagnia di altri esseri umani, gli mancava parlare con qualcuno, ridere e scherzare. Poi però ricordò cosa accadde a sua madre e la tentazione svanì all'istante.

Vide un recinto con degli animali, un frutteto e abiti stesi ad asciugare.

Silenziosamente, si avvicinò al villaggio. Rubò alcuni abiti per sostituire i suoi, ormai ridotti a brandelli, colse alcune pere e delle mele e, infine, entrò nel recinto delle galline. Sapeva che esse avrebbero iniziato a far rumore ed il rischio di essere scoperto sarebbe aumentato, così lasciò la questione galline per ultima.

Rubò prima una dozzina di uova e, dopo aver rincorso una gallina per una buona mezz'ora, riuscì ad acciuffarla. Dall'interno di una casa si vide accendersi la luce di una lampada ad olio e, scavalcando in malo modo il recinto, fuggì a gambe levate.

Prima di arrivare al villaggio, ebbe notato una grotta, perciò si diresse lì per riposare. Avrebbe pensato a cosa fare il mattino successivo.

Alle prime luci dell'alba cucinò la gallina che aveva ucciso la sera prima per evitare che fuggisse. Mangiò a sazietà e, dopo aver sentito il suo stomaco farsi pesante, decise di raccogliere il cibo avanzato e conservarlo per la cena e il giorno successivo.

Ricominciò a camminare.

La luce del sole non era ancora in grado di illuminare l'intero bosco ed era ancora difficile vedere chiaramente dove si trovava o cosa v'era nei dintorni. L'udito, però, era ciò che l'aiutava maggiormente.

A quell'ora del giorno non v'erano suoni nei boschi e la natura era la sola che si udiva.

Lo scrosciare dell'acqua si faceva sempre più forte e udibile. Si rese conto di essere nei pressi di un fiume o un torrente e si avviò verso di esso.

Quando si immerse nell'acqua, ancora fredda, si rese conto di quanto in realtà egli fosse sporco. L'acqua intorno a sé divenne immediatamente marrone, quasi nera e la sua pelle diveniva sempre più chiara.

Erano passati mesi dall'ultima volta che si era lavato a dovere. Utilizzava i ruscelli solo per dissetarsi, dimenticandosi della sua igiene personale. Non che gli servisse, in realtà, però essere pulito lo faceva sentire migliore. Si sentiva nuovamente un uomo e non una bestia dei boschi.

La sera, dopo aver cenato, si incamminò verso una nuova meta.

Decise di seguire il fiume e, nei pressi di un altro villaggio, proprio ai piedi di esso, udì due voci, una maschile ed una femminile.

Si avvicinò cauto e vide un nobile che stava abusando di una giovane serva che poteva avere non più di quattordici o quindici anni.

Non ci pensò due volte e si lanciò contro di lui facendolo cadere in acqua e sbattere la testa su una roccia.

Domenico fu fortunato, poiché l'uomo non morì sul colpo. Non si sarebbe mai perdonato in caso contrario.

Voleva allontanarlo dalla fanciulla, ma non ucciderlo.

La sua fortuna non riguardava solo l'accaduto in sé, ma anche la sua persona. Quel gesto avrebbe potuto avere ripercussioni e avrebbero potuto condannarlo alla gogna o peggio, alla foca.

Prima di avviarsi, aveva deciso di indossare un mantello che aveva trovato tra gli abiti del villaggio. Un po' per il mantello, un po' per la luce fioca della luna, il nobile non riuscì a distinguere il suo volto. L'uomo vide solo i suoi occhi.

La ragazza scappò terrorizzata e non si fermò neppure a ringraziarlo o osservarlo.

Da quel giorno, però, venne sparsa la voce dell'anima vagante o del fantasma, il quale condannava i nobili e li derubava.

Si scoprì solo dopo che, quel nobile ch'era stato spinto da Domenico aveva speculato sull'accaduto ed aveva mentito per non ammettere il suo vile gesto nei confronti della povera serva. 

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