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Dylan POV

Aspettarla era più difficile del previsto

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Aspettarla era più difficile del previsto. Erano passate otto ore e non avevo avuto sue notizie, impazzivo all'idea che stesse passando ancora del tempo assieme a Thomas, ma sapevo che non avrebbe mai passato la notte con lui solo per farmi dispetto, quindi decisi di chiamare Daniel e sapere se fosse tornata lì. Quando non rispose alla decima chiamata decisi di andare direttamente a casa sua.

Bussai al portone bianco della villetta di Daniel.
Non ricordi cosa mi sia preso , ma faticavo a tenere a bada i miei pensieri. Se le fosse successo qualcosa? Se Thomas si fosse approfittato di lei? Se la rissa le avesse fatto cambiare opinione di me?
Poi la voce di Daniel mi portò alla realtà.
"Dov'è mia sorella?" Chiese lui con un cipiglio. Come?
"Veramente speravo fosse qui." Si passò una mano tra i capelli biondi e guardò in tutte le direzioni ma non me. Mi accigliai. "È successo qualcosa?" Nel momento in cui pronunciavo quelle parole sentii un bruciore nello stomaco, una sensazione spiacevole che voleva prendermi a schiaffi per aver aspettato che tornasse a casa anziché andarmela a riprendere.
"Entra." Mi fece cenno di entrare e lo seguii.

—"Quindi tu mi stai dicendo che l'hai picchiato perché ti ha messo in mente Scott?" Daniel era deluso

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"Quindi tu mi stai dicendo che l'hai picchiato perché ti ha messo in mente Scott?" Daniel era deluso.
"Io...Io..." Tentai di giustificarmi ma pronunciato ad alta voce era ancora più assurdo. "Ero ubriaco." Ammisi.
"È proprio quello che non deve succedere. Perché hai bevuto?"
"Un mese fa Sara ha ricevuto un messaggio da un suo collega e ho iniziato ad avere dei pensieri strani, degli incubi addirittura." Mi guardava con pietà. "Incubi dove lei non c'era, dove ero solo e..." indugiai un attimo prima di confidare il resto. "Dove mi lasciava per un ragazzo ricco e con un lavoro che l'avrebbe resa felice per sempre." Avevo gli occhi lucidi ma cercai di trattenermi.  "So che non ha assolutamente senso, ma avevo bisogno di allontanare quei sogni. Avevo bisogno di allontanarli e l'unico modo più plausibile.."
"Era ubriacarsi e prendere a pugni un suo collega?."
"Non sapevo che fosse un suo collega." Cercai di giustificarmi giocando nervosamente con le mani. Ero stato un coglione e non potevo negarlo. "Ho sbagliato, è vero, ma non so come rimediare." Guardai in basso sconsolato sedendomi sullo sgabello al tavolo della cucina. Fissai il tavolo.
"Nemmeno io ho vinto il premio di fratello dell'anno." Disse con fare sbrigativo, massaggiandosi le tempie con fare ansioso.
"Che vuoi dire?" Chiesi scuotendo la testa e posando lo sguardo sul mio interlocutore che stava muovendo le mani nervosamente.
"Potrei averle nascosto qualcosa di molto importante, ma solo oggi mi sono reso conto di aver commesso un enorme sbaglio." Scosse la testa senza guardarmi. Continuai a guadarlo senza capire dove volesse andare a parare. "Nostra madre aveva tentato di parlare con Sara per scusarsi con lei per come l'ha trattata da bambina." Si fermò un momento ed io mi sentii sollevato. Era un buon segno se sua madre volesse ricostruire un rapporto con sua figlia e forse Sara ne aveva proprio bisogno. "Io le dissi che Sara stava meglio senza di lei e le avevo assicurato che avrei continuato a darle sue notizie ma senza che interferisse con la sua vita."
"Anche se non è stata una grande figura genitoriale per Sara, potrebbe farle bene ricostruire un rapporto con sua madre, non credi?" Provai a farlo ragionare.
"È troppo tardi." Sussurrò lui guardando il soffitto della cucina. C'èra qualcosa che non sapevo?
"Cosa-Che intendi. Non è mai tardi se entrambe si. Impegneranno a costruire un rapporto pacifico." Constatai passandomi una mano tra i capelli che necessitavano presto un lavaggio.
"Non è questo."
"E allora cosa? Non puoi decidere per lei, Sara è un adulta oramai!" Protestai alzando la voce.
"Nostra madre è morta." Urlò. "È morta e Sara non lo sa." Abbassò il tono di voce. Un tono sconsolato e ricco di emozioni. Giurai di aver visto sul suo volto dei solchi lasciati da alcune lacrime.

Entrambi rimanemmo in silenzio per quel che sembrò più di mezz'ora. Continuai a fissare il tavolo, la tazza di caffè, il lavello. Qualsiasi cosa ma non Daniel. Certo, non potevo dire di non averla fatta star male quel giorno, ma Sara non sapeva che sua madre era morta, non avrebbe mai saputo che voleva costruire un rapporto con lei. E questo perchè suo fratello maggiore aveva deciso per lei, ancora una volta. La storia si stava ripetendo. Come quella volta che a causa della sua dipendenza dell'alcol venne spedita a New York lasciandosi alle spalle la sua vita, forse non perfetta, ma pur sempre sua.
"Sarà distrutta, lo sai questo. Vero?" Chiesi con un tono aspro degnandolo finalmente di uno sguardo.
"Non fin quando ci sarai tu a impedire che cada a pezzi." Rispose serio lui guardandomi. "Mia sorella è cambiata da quando ti ha incontrato. L'ho visto la prima volta che vi ho visto. Le hai dato una speranza, qualcosa in cui credere. Qualcosa che non assomigliava ad un portafoglio pieno." Lo guardai senza parlare, lui scosse la testa. "Avete dato una definizione diversa al termine colpo di fulmine. State insieme perchè  vi completate, perchè l'uno senza l'altro è destinato a vivere un'esistenza miserabile. E sembra esagerato, ma è così. Lei ti ama Dylan e tu ami lei."
"Ha tante persone che tengono a lei, lo sai." Risposi secco.
"Si. Sara è una ragazza tenera, ingenua, forte e coraggiosa. Alcuni aggettivi che la descrivono possono sembrarti in contrasto tra di loro, ma Sono proprio questi contrasti che la rendono così speciale e quindi, si, ha lasciato, lascia e lascerà il segno nel cuore di tante persone ma non per questo significa che senza di te riuscirà ad andare avanti. Ognuno di noi ha un'anima gemella e tu, Dylan sei la sua. Non cercare di opporti a questo altrimenti soffrirete entrambi."
Sorrise ed io continuai a guardarlo.
"Tu hai troppi pensieri in testa e credo che molti siano dovuti al fatto che ti senti ancora colpevole per la morte del tuo migliore amico. Ti sentirai così per sempre se non inizi a perdonare. Sappi che perdonare non implica il dimenticare, il perdono è per te non per gli altri. Datti una tregua. Perdonati." Senza accorgermene riuscii a malapena a trattenere le lacrime. Ma non riuscii a dire niente. L'unica cosa a cui riuscii a pensare in quel momento fu Sara e la paura o rabbia che se fosse venuta a sapere di sua madre si sarebbe allontanata più di quanto già non lo fosse e non me ne fregava assolutamente niente se sembravo egoista o infantile, non potevo permettermi di perderla. Venni travolto da una voglia incredibile di tenerla tra le braccia per impedire che il suo cuore si frantumasse ulteriormente. Dovevo impedire che soffrisse e dovevo rimediare. Non ero la persona ubriaca e rissosa che credeva che io fossi, le avrei spiegato tutto e insieme avremmo affrontato qualsiasi difficoltà. Finii di bere il mio caffè, ormai freddo e provai a dare voce ai miei pensieri in qualche modo, ma proprio nell'esatto momento in cui provai ad aprire bocca sentimmo il campanello suonare seguito da una serie di colpi alla porta.

 Finii di bere il mio caffè, ormai freddo e provai a dare voce ai miei pensieri in qualche modo, ma proprio nell'esatto momento in cui provai ad aprire bocca sentimmo il campanello suonare seguito da una serie di colpi alla porta

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Unconditionally || Dylan O'Brien || [2] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora