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Arrivammo a casa di Tom e fui subito colpita dal lampadario di swarowski appeso al soffitto che rifletteva  la luce sulle pareti color carta da zucchero

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Arrivammo a casa di Tom e fui subito colpita dal lampadario di swarowski appeso al soffitto che rifletteva  la luce sulle pareti color carta da zucchero. La sala era grande e sullo stesso stile del suo ufficio. Nell'angolo vicino alla grande finestra dalla quale si intravedevano le luci della città, piccole e dinamiche esattamente come tante piccole stelle, si trovava un vaso di ceramica bianca che conteneva della lavanda e delle rose rosa. Il divano in pelle bianca si trovava di fronte alla finestra e in mezzo ai due, la grande televisione al plasma accesa  su un programma di cucina qualsiasi.

"Ho appena ordinato le pizze, saranno qui a momenti." Sorrise Tom facendomi cenno di sedere sul suo divano. "Ti andrebbe qualcosa da bere?" Scossi la testa in diniego, ma presi posto sul divano poggiando la testa all'indietro per cercare di dimenticare le vicende di quel giorno. Nel giro di pochi istanti ricevetti un altro messaggio e non appena sbloccai lo schermo notai che fosse di Harry.
Merda, pensai, non avevo risposto.

Sara, è importante. Chiamami.

Ancora non capivo cosa volesse Harry Johnson a distanza di anni da me. Cosa mai avrebbe dovuto dirmi di mia madre che già non sapevo? Mia madre amava Los Angeles e le fantastiche opportunità che la città offriva, amava New York, San Francisco e Washington tutte allo stesso modo se potevano garantire a se stessa e alla sua unica figlia di trovare un marito. Anche dopo essersi sposata mia madre continuò a vivere da single portando mio padre verso una irreversibile depressione. Lei non l'aveva mai amato, ma lui l'aveva amata con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima. Ed è questo che succede quando ami qualcuno che non ti ama, ti consuma e ti porta lentamente alla disperazione.

"...Sara?"
Scossi la testa. "Scusa, non stavo ascoltando."
"Non fa niente, ti ho chiesto se ti va di parlarmene." Disse lui sedendosi accanto a me con una certa riservatezza. Indossava una camicia di un bianco candido e potevo sentire l'odore di lavanderia nonostante fossimo piuttosto distanti.
"No, forse, no non mi va. È tutto così strano."
"Parlarne può farti stare meglio e ricorda, ogni storia merita di essere ascoltata." Sorrise sincero lui mostrando le fossette.
"Non ti arrendi mai, vero?" Chiesi scuotendo la testa con un sorriso stampato sulle labbra.
"Non l'ho mai fatto, perché iniziare proprio adesso?" Disse lui sussurrando. Non mi resi conto di quanto fossimo vicini fin quando sentii il suo profumo inondarmi e il suo respiro sul mio volto. Giurai di averlo visto più volte passare lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra, ma non riuscii a scostarmi.

Sara cosa stai facendo?

Per un momento mi sembrò di sentire le sue labbra sottili sopra le mie e nel momento esatto in cui aprii gli occhi mi resi conto che il ragazzo che avevo di fronte era Dylan.
Lo scostai spingendolo via con due mani sul petto, respirando a fatica. Riuscii ad allontanarlo giusto in tempo.

"Sara, mi dispiace non volevo. Non è stata colpa tua. Calmati." Disse cercando di tranquillizzarmi, ma con scarsi risultati altro che invece iniziai a piangere. Mi sentivo in colpa nonostante non fosse successo niente perché avrei potuto cercare di fermarlo, se avessi voluto. Cosa mi stava succedendo? Perché avevo permesso ad un altro ragazzo di avvicinarsi tanto a me? La verità era che Tom Scott era stato uno dei pochi a instaurare un rapporto di amicizia con me e che mi sentivo così confusa da non esser riuscita ad allontanarlo prima che si avvicinasse troppo. Avevo bisogno di sfogarmi ed è proprio quello che stavo facendo in quel momento. Volevo gridare e lasciarmi tutto alle spalle. Volevo chiamare Harry e urlargli che mia madre aveva avuto tutta la vita per scusarsi e che se fosse stato importante avrebbe potuto chiamarmi lei. Volevo andare da Dylan urlargli contro quanto fosse stato scemo e quanto non lo sopportassi e finire per far la pace abbracciati sotto le coperte a guardare serie tv. Volevo alzarmi e andare via, ma in quel momento accade l'improbabile.

Tom mi strinse a se e mi accarezzò la schiena su e giù cercando di tranquillizzarmi, cercando di mettere da parte quello che provava per rendermi almeno un po' felice. Perché anche io meritavo un po' di felicità.
Mi accorsi che il mio cellulare stava squillando e nel giro di pochi istanti non potei far altro che rispondere al nome che stava balenando sullo schermo ininterrottamente da quasi due minuti.
"Harry?"

 "Harry?"

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Unconditionally || Dylan O'Brien || [2] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora